giovedì 1 settembre 2016

Di noi tre di Andrea De Carlo






Misia Mistrani l’ho conosciuta il 12 febbraio del 1978. Al mattino mi ero laureato in storia antica, con una tesi sulla Quarta Crociata che aveva provocato una quasi-rissa con la commissione per come mi era venuta polemica e coinvolta, dopo di che ero stato liquidato con 110 senza lode, anche se avevo lavorato un anno e scritto duecentocinquanta pagine abbastanza appassionate e documentate. Il presidente mi aveva detto nella sua voce monocroma "La Storia è prospettiva. Non si può parlare di eventi d i sette secoli fa come se fossero successi l’altro ieri e lei ci fosse stato in mezzo. Le mancano totalmente il distacco e l’equilibrio, la capacità di una valutazione a mente fredda".
Inizia così questo romanzo di Andrea De Carlo che mette in scena le scelte, i sogni, i drammi e le delusioni di tre ragazzi, Livio, Marco e Misia, le cui vite sono destinate a rimanere intrecciate, nonostante la risacca del destino. Tre personalità sopra le righe, incapaci di adattarsi ad un copione prestabilito, sullo sfondo una Milano famelica, che brucia le aspirazioni e si inchina ai rampanti senza pelo sullo stomaco.

Mi sembrava che le cose brutte avessero un loro consistenza permanente, mentre quelle belle tendessero a dissolversi con una rapidità imprevedibile.

Livio, appena laureato in Storia antica, in fuga dalle inquietudini che hanno iniziato ad assalirlo, si imbatte in Misia, e rimane ammaliato dalla sua bellezza non impostata, dalla sua fulgente naturalezza, dal suo modo di affrontare il mondo senza di reti di sicurezza. Ben presto la presenta a Marco, il suo miglior amico, e la coinvolge nel loro progetto di realizzare un film. Misa e Marco finiranno per innamorarsi ma la loro non sarà una storia a lieto fine. Marco è incapace di impegnarsi, Misia è assoluta e spietata nei sentimenti. Livio si sente tradito, messo ai margini, sempre in difetto rispetto all'amico a cui tutto riesce così facile, piacere alle donne, avere successo, mantenere le distanze da quello che fa senza rimanerne travolto.
I tre si perdono, consumati dietro ai tentativi di cavalcare la vita, di fuggire le convenzioni e la falsa tranquillità. Livio comincia a dipingere, Misia si sposa, Marco sembra avviato verso una brillante carriera come regista impegnato. Eppure il loro legame non verrà affievolito dal tempo o dalla lontananza, e torneranno ad incontrasi, ad influenzarsi, ad aiutarsi. Sotto l'involucro della pelle, troppo simili per dimenticarsi, per smarrirsi davvero.

Mi chiedevo come mai persone così simili possano farsi danni gravi, e persone apparentemente lontanissime, migliorarsi in modo così spettacolare; mi chiedevo se c'era una regola dietro tutto questo o solo il caso, se era un effetto permanente o temporaneo. 

Di noi tre è un romanzo bellissimo, scritto in maniera superba, pieno di colpi di scena, di riflessioni amare, di sentimenti repressi e voli pindarici. Ho amato alla follia lo stile di De Carlo, come riesce a rendere gli stati d'animo dei personaggi, i loro tormenti, la disillusione, la nostalgia, così come le descrizioni di Misia, il modo in cui appare trasfigurata dagli occhi innamorati di Livio.

È ridicolo. Pensiamo di essere i padroni delle nostre vite, e non è vero. Le uniche cose che possiamo controllare sono marginali, rispetto al resto. Ti fa ridere, altro che piangere, se solo riesci a vederti da una minima distanza. Ti fa venire voglia di muoverti, porca miseria, staccarti di dosso tutta questa lacca di autocompassione.

Un libro che celebra la voglia di ribellarsi, di inseguire i propri mostri, non importa dove, se a Londra, a Parigi o in Sudamerica,  la volontà di "esserci" invece che lasciarsi vivere. Un inno, prima di tutto, all'amicizia, non quel sentimento comodo dove tutto è sicurezza e prudenza, ma quella feroce, che ti mette a nudo, ti spinge ad osare, ti regala il coraggio di essere "vero". 
L'unico sentimento capace di non farti sentire mai solo.


Indicazioni terapeutiche: per chi crede nell'amicizia.


Effetti collaterali: Ci sono persone destinate a non trovare mai un posto nel mondo, condannate alla continua ricerca di qualcosa che le completi, le soddisfi, le appaghi. Ma è una ricerca inutile, un'impresa vana, come quella di Sifiso, costretto ogni giorno a spingere il medesimo sasso su per la montagna. Anche Livio, Marco e Misia sono prigionieri. Delle loro illusioni, della voglia di evadere, del loro disprezzo per la vita borghese. E anche loro, ogni volta e per l'eternità come Sisifo, devono ricominciare da capo la loro scalata senza mai riuscirci.


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