venerdì 27 novembre 2015

Anna di Niccolò Ammaniti

Lo ammetto.
Niccolò Ammaniti è uno dei miei scrittori preferiti. Perché scrive bene, perché scrive di ragazzi che diventano adulti, della paura più grande, quella di crescere.
Viste le recensioni online poco promettenti, credevo che sarei rimasta delusa.
Mi sbagliavo.
Anna è un romanzo esplosivo.
Ci sono tutti gli ingredienti: il viaggio, l'amore, la malattia, la paura, la morte. La protagonista assoluta è senza dubbio lei, Anna, cuore e motore della storia.
Sicilia, 2020. Un virus, la "Rossa",  ha sterminato gli adulti e lasciato in vita solo i bambini, che però si ammalano appena si affacciano alle soglie della adolescenza. Anna, una bambina di tredici anni e il fratello Astor, sono impegnati nella lotta per la sopravvivenza.
Un giorno suo fratello viene rapito, così Anna si ritrova costretta ad abbandonare la sua “casa” e la sua “terribile” routine per andare a salvarlo. Accanto a lei, nel ruolo di improbabili quanto coraggiosi aiutanti, Coccolone, il cane dalla sette vite, e Pietro, un minchionaccio, di cui la protagonista finirà per innamorarsi.

Pietro le era esploso nel petto e migliaia di frammenti aguzzi le scorrevano nelle vene straziandole la carne. Adesso capiva  cos'era l'amore, quella cosa di cui si parlava tanto nei libri di mamma. L'amore sai cos'è solo quando te lo levano. L'amore è mancanza.

Il rapimento è l’espediente narrativo che da in là alla narrazione. Da questo punto in avanti, il libro si trasforma in una sorta di romanzo di formazione, che ruota intorno al topos del viaggio. 
Il viaggio assume qui una duplice connotazione: è sia un percorso fisico che porterà Anna ad attraversare la Sicilia per cercare la salvezza, oltre lo stretto di Messina nel “Continente”, ma è soprattutto un viaggio interiore dall’infanzia alla età adulta. Un viaggio senza speranza, non solo perché non ci sono sopravvissuti (o forse sì?!), ma perché, mai come in questo caso, crescere significa morire. La pubertà, che nel mondo reale, segna l’inizio della vita adulta, il momento in cui ogni essere umano dispiega le ali e si prepara a spiccare i volo, nel mondo finzionale ideato da Ammaniti segna l’ora della Morte.
Per la protagonista la missione da compiere quindi non è tanto riuscire a scampare ai pericoli reali ma sopravvivere alla bambina che sta morendo in lei, e soprattutto mantenere viva la speranza.  
Speranza che ci sia una cura, lontano, in Calabria, speranza che il mondo non si sia ridotto a quello che è diventato. Una landa desolata, arsa dal fuoco, disseminata di immondizia, carcasse di auto, case abitate oramai solo da cadaveri. Un mondo dove vige la regola del più forte: è una sorta di ritorno allo stato di natura di Hobbes, dove ogni homo homini lupusMa nonostante tutto, nonostante il dolore, l'assenza, la perdita, bisogna provarci. Anche se va male.
È questa la lezione che Ammaniti ci regala attraverso Anna:  non c’è valore nella morte, né tanto meno una spiegazione. L’unica cosa che conta è andare avanti, anche quando l’insensatezza delle cose sovrasta la realtà. Bisogna andare avanti, senza guardarsi indietro, perché l’energia che ci pervade non possiamo controllarla.


Indicazioni terapeutiche: per chi ama i viaggi di avventure ambientati in scenari distopici.

Effetti collaterali: L'idea di poter scegliere è solo un'illusione. Siamo come criceti impazziti intrappolati in un labirinto senza uscita. La vita ci sbatte di qui e di là, ci regala qualcosa, ce lo rende indispensabile e poi si diverte a togliercelo.
La vita non ci appartiene, ci attraversa.
L'unica possibilità che abbiamo è vivere il qui e ora, senza farsi troppe domande. In fondo, siamo un po' tutti come Anna, afflitti dall'unica malattia da cui non vogliamo guarire.
La speranza.



martedì 17 novembre 2015

M’amo non m’amo – Impara a volerti bene con i consigli di Giorgia Marino

Non credo di potermi definire una fashion victim ma quando la mia amica Iris Tinunin, social media strategist e founder di www.stylosophique.com  mi chiesto se mi interessava recensire il libro di Giorgia Marino mi è sembrato un'occasione unica. Non la conosco personalmente ma la seguo sul blog www.morbidalavita.com e sui social.
Giorgia sfugge qualsiasi definizione: si occupa di comunicazione da anni, prima come grafica e poi specializzandosi nei social media managing, ma è anche una modella curvy, fondatrice di un magazine e ora scrittrice. Insomma una la cui personalità riesce a travalicare la barriera dell'etere.
Cosa dire del suo libro appena uscito?
Parto dicendo ciò che non è: non è un romanzo, non è un saggio, non è un manuale per dimagrire. Perché voglio che sia chiaro subito, la questione non è essere grassi o meno. M’amo non m’amo è prima di tutto un libro sull'omologazione, o meglio, sulla NON omologazione.  Un vademecum che ha il calore di due chiacchere tra amiche, di quelle che funzionano meglio di qualsiasi seduta dallo psicologo. 
Si tratta di una raccolta di consigli che, come sottolinea l'autrice stessa, ognuna di noi avrebbe voluto ricevere durante l'adolescenza. Come se una volta raggiunta (per chi ci riesce) la consapevolezza e la sicurezza fosse possibile farsi un giro sulla macchina del tempo e tornare indietro, per parlare con la propria sé stessa, quella giovane e confusa, che non riusciva a trovare il proprio posto nel mondo.
Non possiamo vivere la vita che gli altri si aspettano viviamo. Possiamo vivere una vita sola, e solo a modo nostro.
Nel libro oltre a numerosi suggerimenti, si trovano degli esercizi, che potremmo definire pratica, ed alcuni articoli tratti dal blog. Quello che mi ha colpito è il messaggio che emerge: non importa se non sei nata bella, se non ti senti all'altezza dei canoni estetici imposti dalla società, ognuna di noi può imparare a valorizzarsi.


È possibile scaricare l'ebook su www.lazybook.it/prodotto/mamo-non-mamo/
Come si fa?
Non ci sono pozioni magiche, né scorciatoie, non c'è un'unica strada, ognuna deve avere la voglia e la forza di cercare e intraprendere la sua. Giorgia lo dice chiaramente: diventare quello è oggi, una blogger affermata, una modello per tante ragazze, una persona di successo, le è costato un faticoso lavoro su sé stessa.
Non ci sono capacità innate. Solo conquiste. 
Quindi bando ad ogni forma di vittimismo. Se cercate facili soluzioni preconfezionate, questo libro non fa per voi. Se invece siete in un momento di crisi, se avete perso la bussola, queste pagine possono essere un ottimo punto di partenza per iniziare una profonda riflessione che inneschi in voi quel cambiamento che tanto desiderate
Il valore aggiunto di M’amo non m’amo sta proprio nella capacità di parlare senza filtri: si tratta di mettersi in discussione, di smettere di cercare giustificazioni, di lavorare duro.
Il cambiamento non è repentino ma graduale: non ponetevi obiettivi irrealizzabili, che generano solo frustrazioni e fallimenti, ma procedete a piccoli passi, day by day. Un giorno vi sveglierete e vi accorgerete di essere diverse. E di avere imparato la lezione più importante. La bellezza non è una qualità esteriore, tutt'altro. È qualcosa che traspare da dentro di noi, qualcosa che ha a che fare con l'accettazione di sé, con la realizzazione personale, con la capacità di amarsi e di lasciarsi amare dagli altri.

Indicazioni terapeutiche: per chi si sente un brutto anatroccolo e sogna di trasformarsi in uno splendido cigno.

Effetti collaterali: Sono alta e magra. Ma non sono stata sempre stata così: sono stata una bambina paffutella e un'adolescente in lotta con il proprio corpo. Cresciamo bombardati da pressioni esterne, aspettative, richieste che ci fanno sentire a disagio. Ci sentiamo ripetere alcuni dettami talmente spesso che finiamo per crederci. Ma mentire a sé stessi porta solo all'infelicità. Invece di forzare il puzzle, cercando di incastrarci in un posto che non è il nostro, dovremmo semplicemente accettare il fatto di essere unici e diversi. In fondo la bellezza non è forse eterogeneità?



venerdì 13 novembre 2015

Woody di Federico Baccomo

Mio nome: Woody. Miei anni: quasi tre. Mia razza: basenji. 
Inizia così questo piccolo romanzo, che come lo stesso autore Federico Baccomo sottolinea, cerca di raccontare qualcosa di grande in maniera semplice (non vi sfuggirà una certa somiglianza con Il piccolo principe). 
Che dire, missione compiuta.
Ma vi avverto, se, come me, amate i cani e ne avete uno,verserete lacrime, fiumi di lacrime.
Riderete, soffrite, vi commuoverete. Non potrete non immaginare il vostro fidato amico nei panni di Woody. Non potrete non fare il tifo per lui. Perché questo romanzo tocca nel profondo, come certi profumi dell'infanzia, che ci fanno venire subito le lacrime agli occhi.

La storia è narrata dal punto di vista di Woody, un cane basenjii di tre anni. Un brutto giorno dei tipi strani vengono a portarlo via per rinchiuderlo in un canile. Woody non capisce. Il suo mondo felice è sparito.
Perché è finito là dentro? Ma sopratutto, rivedrà mai la sua amata Padrona?
Ora, Woody: capisce. Capisce che dolore: fa paura anche quando finisce. Dolore: diventa ricordo di dolore,e ricordo di dolore: fa tremare, e rende mondo più buio e più stretto. 
La scelta della sintassi è geniale. Certo insolita, ma garantisce un'immedesimazione totale. Questa è la storia del mondo visto da un cane: un punto di vista ingenuo , ma così vero e profondo da ammaliare qualsiasi lettore. Non lasciatevi ingannare, non è un un volume per bambini: è un piccolo libro che parla di temi importanti, di violenza, ma lo fa in una chiave inedita. Cos'è il bene? E il male? Cosa siamo disposti a fare per proteggere chi amiamo?
Ma prima di tutto è la storia immensa e semplice allo stesso tempo dell'amore sconfinato di un cane per il suo padrone. Un amore che trasfigura il mondo, che ci insegna a sorprenderci, un amore che si spinge a voler essere migliori.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i cani, per chi non può vivere senza il suo cane, per chi sa che solo un cane può farti sentire straordinario.

Effetti collaterali: Domani, e il giorno dopo domani, e il giorno dopo il giorno di domani, e tutti i giorni che verranno, sono giorni nuovi, giorni ancora da scrivere, e tu dovrai essere pronto, e forte,e furbo,e, soprattutto, dovrai impegnarti a essere il cane migliore che puoi, scegliere sempre la cuccia invece che la gabbia, le carezze invece dei colpi, il buono invece del cattivo.
Questo ci insegna il rapporto con un cane. Che ogni giorno può esser meraviglioso o terribile, pieno di promesse o insidie, di incontri buoni o pessimi. Ma che la scelta sta sempre a noi. E, soprattutto, che ogni sfida fa un po' meno paura con un amico fidato al nostro fianco.


venerdì 30 ottobre 2015

Il passato di Sara di Chevy Stevens


Sara ha trentraquattro anni, un lavoro appagante, una figlia e un fidanzato che sta per sposare. Tutto quello che potereste desiderare penserete voi? Invece no. C'è un tarlo nella sua vita. 
Sara è stata adottata.
Sara è cresciuta con la consapevolezza di non essere amata dai suoi genitori al pari delle sorelle, figlie naturali.
Per questo ora è un adulta insicura, ossessiva, emotivamente instabile, tormentata da feroci mal di testa e attacchi di cieca rabbia. O c'è un'altra spiegazione?
Tormentata dai quesiti irrisolti, decide di rintracciare la madre biologica. Perché la persona che avrebbe dovuta amarla senza misure l'ha abbandonata?
Non sa ancora che questa semplice ricerca metterà in moto un meccanismo che la catapulterà in un incubo ad occhi aperti. La scoperta dell'identità del suo padre naturale infatti la metterà in grave pericolo.
Ho creduto per anni di essere capitata nella vita sbagliata e di dover trovare quella giusta, e che solo allora sarebbe andata a posto. E ora scopro che quella giusta non esiste.
Attraverso una narrazione sotto forma di sedute psicoanalitiche, il lettore segue i pensieri della protagonista che si attorcigliano sempre più su stessi: una spirale discendente  che spinge Sara, attraverso l'assurda e pericolosa conoscenza del padre, a capirsi meglio, riuscendo a penetrare certi aspetti della propria personalità. Ciò che siamo è determinato geneticamente o è l'amore e i valori che riceviamo a fare di noi gli adulti che saremo?
Chev Stevens costruisce un romanzo dal buon ritmo, anche se non così serrato come speravo, che ha comunque il pregio di catturare l'attenzione del lettore. La parte più sviluppata è senza dubbio quella relativa alla psicologia dei personaggi. Nel complesso un buon libro, anche se non indimenticabile.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i thriller psicologici. 

Effetti collaterali: forse lo avrò già scritto ma lo ripeto. Accettiamo l'amore che crediamo di meritare.  La protagonista si sente sbagliata, non accettata. Questo la spinge a cercare un'altra realtà, una sorta di dimensione parallela, nella quale avrebbe potuto avere una vita migliore, una famiglia più felice. Scoprirà però a sue spese che non ci è permesso scegliere, né tanto meno riavvolgere il nastro e cambiare il corso delle cose. Bisogna imparare ad amarsi, qui ed ora. La vita ci insegna che non possiamo scegliere i nostri sentimenti in relazione a quello che ci succede, ma possiamo scegliere solo come gestirli.



lunedì 26 ottobre 2015

Un lungo inverno di Elena Cecconi

Confesso che, da abbonata a kindle unlimited, spesso scelgo dei libri, che posso leggere gratuitamente, che in condizioni diverse non attirerebbero la mia attenzione. A volte alcuni romanzi inaspettatamente si rivelano delle vere e proprie sorprese, altri delle delusioni. 
Mi spiace dirlo ma Un lungo inverno appartiene alla seconda categoria.
Non ho trovato nulla che sia andato aldilà della storia banale tra i due protagonisti. Alessandro Berti, professore di matematica, un matrimonio agli sgoccioli e due figli, si invagisce a prima vista di Carlotta, nuova impiegata del liceo dove lavora. Anche quest'ultima non è immune al fascino del professore e fra loro scorrono sguardi di fuoco. Una tragedia rimescolerà, come spesso accade, le carte e complicherà il loro percorso verso una storia insieme, ma non disperate perché il lieto fine vi verrà servito su un piatto d'argento.
Il libro è scritto anche bene ma non regala nessun sussulto, non emoziona nel profondo, non ti fa dimenticare dove ti trovi. Non va aldilà purtroppo della solita storia d'amore letta e riletta.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama le storie d'amore a lieto fine.

Effetti collaterali: Il lungo inverno del titolo allude alla fase di torpore in cui i due protagonisti si trovano immersi, una sorte di gelo del cuore che impedisce loro di andare oltre le proprie paure. Perché l'amore richiede coraggio. Alcuni ce la fanno e rischiano pur di mettersi in gioco, altri rimangono impantanati in situazioni senza futuro, solo perché non hanno la forza di credere fino in fondo nei loro veri sentimenti.


giovedì 8 ottobre 2015

Ovunque tu sarai di Fioly Bocca

Se dovessi riassumere Ovunque tu sarai in un parola sola non avrei dubbi: cambiamento
Nessuno di noi è m ai uguale a sé stesso, ma ci sono dei momenti, degli episodi, che ci cambiano per sempre. Ci costringono a fare i conti con le nostre paure, ci spingono aldilà delle gabbie mentali che ci eravamo costruiti.
Anita è una trentenne come tante, un lavoro come correttrice di bozze che non la entusiasma, una storia con il fidanzato storico, Tancredi, che va avanti per inerzia. Ciononostante non abbatterebbe mai il muro di grigiore che la circonda. La sua vita è ormai incanalata in binari troppo sicuri per correre il rischio di cercare qualcos'altro.
Ci penserà il destino a metterci lo zampino. L'incontro con uno misterioso scrittore di fiabe per bambini, Arun, e la morte di sua madre la costringeranno infatti a rimettersi in discussione.
Se potesse telefonarmi il futuro confermerebbe che i destini delle persone fanno percorsi assurdi, si sfiorano un istante, distratti, e poi scivolano via. E tornano a incrociarsi, e magari alla fine si riconoscono e si agganciano per un lungo tratto di strada. O per sempre.
Come la principessa in una favola, imprigionata da un maleficio, Anita dovrà spogliarsi delle proprie insicurezze e seguire i segnali che il destino le ha lasciato per riuscire a rompere l'incantesimo che l'ha relegata nella terra della grigia monotonia. E come in ogni favola arriverà l'Amore, nelle vesti di un misterioso principe azzurro, a salvarla da sé stessa.
La scrittrice Fioly Bocca, al suo esordio, ci regala un romanzo poetico e struggente, pieno di speranza. Una fiaba moderna su una giovane donna alla ricerca di sé stessa e del senso profondo del suo vivere.
La morale, se una morale, esiste, è che la vita, come le fiabe è un insieme di segni, di coincidenze. Che se ci stai attento, ti portano là dove è il tuo posto.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede ancora nel destino e nella magia delle favole.

Effetti collaterali: Siamo tutti schiavi della routine, un eterno tran-tran di abitudini cementificate che ripetiamo come automi privi di anima. Sta a noi trovare una scintilla che ci riaccenda, qualcosa che ci illumini, ma dal di dentro. Imparare a seguire il ritmo del nostro cuore.  A volte basta guardare con occhi diversi le cose di ogni giorno, altre è necessario cambiare, andarsene. Partire, quasi sempre, non è andare lontano, ma tornare a se stessi.


mercoledì 7 ottobre 2015

Gli istanti si spezzano a metà di Antonio Riccardo Petrella

Gli istanti si spezzano a metà è un libro strano. Direi che sono quasi due libri in uno: nelle prima parte si racconta di Carla, della sua infanzia e della tragedia che l'ha segnata. Nella seconda ritroviamo la protagonista adulta, costretta a a fare i conti con i suoi segreti che la trascineranno in una misteriosa ricerca.
Ho amato molto la prima parte, mentre ho trovato deludente la seconda, quando il romanzo scivola quasi nel poliziesco. Mi è sembrato poco credibile e completamente sganciato dalla storia che l'autore aveva saputo costruire nelle prime pagine. Il colpo di scena nel finale è la ciliegina sulla torta: un arteficio letterario al limite dell'inverosimile con lo scopo di colpire il lettore al cuore.
Peccato. Perché la storia all'inizio mi era piaciuta. Carla Ha otto anni e vive in una grande casa fuori Torino con i genitori, entrambi funzionari di banca, e la sorella più piccola, Beatrice, che detesta. Si sente l'eterna seconda, sminuita davanti alla sorella che agli occhi della sua famiglia appare perfetta. Sempre più insofferente a questa situazione, si rifugia giorno e  notte nella sua camera, dove si diletta a fare dei filmati con la sua piccola telecamera. L'unica che sembra capirla è la nonna, che asseconda questa sua passione e le ricorda l'importanza di coltivare le proprie aspirazioni. Una persona senza un sogno è come una foglia strappata e strapazzata dal vento della confusione, le ripete continuamente.
Mia nonna mi aveva detto che siamo circondati dagli istanti. in ogni momento della nostra vita viviamo uno o più istanti. I nostri giorni sono determinati dagli istanti, non da singoli momenti. Per istante lei non intendeva un fugace secondo della nostra vita, ma un periodo costituito da tre parti: una iniziale, una rottura,e infine una finale.
Gli istanti si spezzano sempre a metà. C'è sempre una parte che li precede e una che sussegue. l'istante centrale è un punto di rottura, un punto di demarcazione. 
L'istante che ha spezzato la vita di Carla è il giorno in cui sua sorella viene rapita. Quel giorno sii ritrova a fare una scelta che segnerà per sempre la sua esistenza, constringendolaa a convivere con un segreto inconfessabile.

Indicazioni terapeutiche: per chi vuole riflettere sulle debolezze dell'animo umano.

Effetti collaterali: Mark Twain diceva che ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno. Il senso di colpa di Carla l'ha costretta a costruirsi un muro, dietro il quale celare il suo rimorso. Perché i segreti sono così, sono pericolosi, scavano un solco tra noi e il resto del mondo, condannandoci all'infelicità e alla solitudine.


venerdì 25 settembre 2015

Gli sdraiati di Michele Serra

Sarò sincera, questo romanzo non ha attirato le mie simpatie. E come potrebbe? Non si può certo dire che Michele Serra abbia dato un'immagine lusinghiera delle nuove generazioni. Tutt'altro.
A questo va aggiunto che, anche se il libro è di poco più di cento pagine, lo stile discontinuo e spesso ridondante non ne fa una lettura agile. Mi è parso a tratti troppo pretensioso, quasi voglia aspirare a finalità pedagogiche, a tratti tanto banale da scadere nella noia. I soliti luoghi comuni sui giovani che non hanno voglia di fare nulla.

Chi sono gli sdraiati?
Sono gli adolescenti di oggi.
Se i loro genitori sono stati i protagonisti delle rivoluzione  giovanile del '68, impegnati nella politica, agitati dal sacro fuoco di cambiare il mondo, i loro figli sono individui abulici, persi tra le pieghe della vita, senza uno scopo apparente. Esseri fluttuanti, bradipi da divano, perennemente collegati alla rete, alienati dalla realtà, disinteressati a qualsiasi dialogo con un adulto, indifferenti ad ogni responsabilità o impegno.
Siete arrivati in un mondo che ha già esaurito ogni esperienza, digerito ogni cibo, cantato ogni canzone, letto e scritto ogni libro, combattuto ogni guerra, compiuto ogni viaggio, arredato ogni casa, inventato e poi smontato ogni idea... e pretendere, in questo mondo usato, di sentirvi esclamare “che bello!”, di vedervi proseguire entusiasti lungo strade già consumate da milioni di passi, questo no, non ce lo volete – potete, dovete – concedere. Il poco che riuscite a rubare a un mondo già saccheggiato, ve lo tenete stretto. Non ce lo dite, “questo mi piace”, per paura che sia già piaciuto anche a noi. Che vi venga rubato anche quello.
Ma è davvero tutto qui?
Di sicuro lo scrittore non si sente esente da colpe come padre e come adulto. Consapevole di aver forse sognato ogni sogno possibile, ha tirato i remi in barca e si limita ad osservare impotente una generazione senza aspirazioni né aspettative, condannata a vivere un eterno presente, da chi ha rubato loro ogni futuro possibile.
Man a mano che si procede nella lettura l'autore immagina di scrivere il grande romanzo della sua vita, La grande Guerra finale, dove descrive un'epica guerra tra una moltitudine di vecchi, più resistenti e risoluti, e i pochi sonnolenti giovani. Tra le righe mi è parso di leggere un'ammissione di colpa dello stesso autore, quasi a voler guardare oltre l'apparenza della superficialità dei giovani di oggi. Non è forse vero che nella sanguinosa battaglia finale regala la vittoria ai giovani?

Indicazioni terapeutiche: per tutti quei genitori che non capiscono i loro figli.

Effetti collaterali: Nel mio paese i vecchi usano dire "a mi' tempi qui era tutta campagna". Che c'entra, direte voi? C'entra nel senso che l'abitudine a rimpiangere il passato è una costane della storia umana. Il divario generazionale c'è sempre stato e sempre ci sarà.  Gli storici ed economisti parlano di distruzione creatrice, ovvero il cambiamento o l'innovazione che in una società libera può impattare su determinati settori così intensamente da obbligare gli individui che vi appartengono ad evolversi.
Oggi il mondo è innegabilmente diverso da 30 anni fa: un mondo dove i vecchi lavorano e i giovani riposano non non si era mai visto. Può darsi.  Il cambiamento è inevitabile. Pena l’estinzione.



martedì 22 settembre 2015

Cosa sognano i pesci rossi di Marco Venturino

Co'è la vita? Cos'è la morte? E SOPRATTUTTO esiste qualcosa che non è più vita ma non è ancora morte??
Per Pierluigi Tunesi esiste. Ex dirigente d'azienda, ridotto all'immobilità della terapia intensiva di un grosso ospedale in seguito ad un'operazione andata male. O meglio l'operazione è riuscita, il problema è che il paziente è quasi morto.
Parabola di un uomo declassato da essere umano a pesce rosso: prigioniero del suo corpo osserva la vita dal suo letto, vita alla quale non sente più di appartenere.

Dicevamo: i pensieri. Già queste, queste guizzanti anguille della coscienza che spuntano improvvise e spesso importune, innescate da stimoli eterogenei e multiformi, sono l'unico contatto con il mondo esterno - quello che mi guarda, che mi osserva e che, quando vuole, se na va di qua, verso quell'esistere fuori che non mi appartiene più - e Tunesi Pierlugi, il pesce rosso, l'osservato, il muto, l'immobile, il prigioniero del corpo relegato in questo letto che, come una vasca di un acquario troppo piccolo, è l'unico esistere che mi compete.
Dall'altro lato del vetro dell'acquario, il dott. Luca Gaboardi, responsabile del reparto di rianimazione, che osserva i pesci, i pazienti, a volte li salva, più spesso li perde. Un medico, la cui umanità si sta sfaldando giorno dopo giorno, sfibrato dalla giornaliera inutile lotta contro la Morte. Perché dopo anni che passi a combatterla la Morte ti si appiccica addosso, ti segue ovunque vai, anche fuori dall'ospedale, ricoprendo tutto di una patina di cinismo che ti lascia indifferente a qualsiasi lampo di bellezza.

Cosa sognano i pesci rossi è una profonda riflessione non solo sul difficile rapporto con la malattia e la morte, ma su ciò che sono i malati oggi, numeri in ospedali che sono sempre più aziende, vittime di medici che si sentono supereroi, ingranaggi di una macchina sempre più disumanizzata. Si intuisce leggendo il suo romanzo che Marco Venturino è un medico rianimatore, uno del mestiere, uno che ha vissuto e conosce le dinamiche degli ospedali. Uno scrittore, ma prima di tutto una persona, che ha provato a raccontare una storia da un punto di vista diverso.
Siamo di fronte ad un libro duro, che stordisce e non lascia scampo. Non aspettatevi nessun abbellimento o tantomeno l'happy end, perché questo romanzo, come la vita, non fa sconti.

Indicazioni terapeutiche: per chi si interroga sul concetto della vita e della morte, e sul labile confine che le separa. Sconsigliato agli ipersensibili e ai claustrofobici.

Effetti collaterali: La maggiore tristezza che la morte porta con sé è la certezza che, malgrado l'assenza, il dolore, il cambiamento, la vita va avanti. Tutto continua con la sua solita cadenza.
La crudele verità è che la vita andrà avanti, mentre qualcuno, che amiamo e che faceva parte della nostra quotidianità, inaspettatamente ha smesso di esistere.


venerdì 18 settembre 2015

Scrivimi ancora di Cecelia Ahern

Rosie e Alex sono amici da sempre. Cresciuti insieme il destino li dividerà ma, anche se separati da migliaia di chilometri, il loro rapporto resterà l'unico punto fermo della loro vita.
Perché esistono poche persone nel mondo, per alcuni una sola, per altre nemmeno quella, che sono come un faro nella tempesta, un porto sicuro al quale ritornare. Persone che ci conoscono nel profondo, che desiderano per noi solo il meglio. Questo è Rosie per Alex. Questo è Alex per Rosie.
Un'amicizia che ha in sé la gemma dell'amore, anche se impiegheranno anni per capirlo.
Non era un'amicizia come le altre. Eravamo inseparabili, ma costantemente separati. Ho capito che non importa dove sei, o con chi sei. Resterai, profondamente, sinceramente, nel mio cuore.
L'intero romanzo ( che in verità mi ha ricordato un po' Un giorno di David Nicholls) racconta la vita di Rosie e Alex e di come il destino sembra divertirsi a mettere loro i bastoni fra le ruote. L'originalità di Scrivimi ancora è il fatto di essere raccontato in chiave "epistolare" attraverso le lettere, le mail,  i bigliettini che si scambiano non solo i due protagonisti, ma tutti i personaggi che gravitano intorno a loro. Messaggi testimonianza di anni passati a rincorrersi, a perdersi, a ritrovarsi.
Scappare non è un modo per risolvere le cose. Puoi sfuggire più veloce e lontano che puoi, ma la verità è che, dovunque tu vada, resti sempre dove sei.
Ma non è solo una storia d'amore: la scrittrice Cecelia Ahern ci racconta la vita di Rosie, gli sbagli, i treni mai presi, la voglia di rialzarsi dopo ogni caduta. Non si è mai arresa e, attraverso le sue vicende, l'autrice ci insegna che non importa quanto la tua vita può andare in pezzi, ciò che conta è la capacità. ogni volta, di ricominciare, per costruire un nuovo cammino. Rosie è l'emblema di ciò che tutti noi dovremmo sempre tenere a mente: non è mai troppo tardi per essere ciò che saresti potuto essere.


Indicazioni terapeutiche: per tutti quelli che credono nel destino e nell'anima gemella.

Effetti collaterali: Non posso nascondere che questo libro mi ha lasciato uno strano retrogusto, una sorta di velo malinconico appiccicato alla pelle. Ma come, hai la fortuna di incontrare a sette anni l'uomo della tua vita e te lo lasci scappare? Che senso hanno avuto tutti quegli anni passati ad accontentarsi di altro?
Nemmeno l'happy end mi consola dal fatto che certe scelte si pagano care: il tempo sprecato non torna più indietro.


martedì 8 settembre 2015

Magra da morire di Camille de Peretti


Camille è bella, intelligente, di buona famiglia. Camille è stata cresciuta come una principessa da una madre che da lei non si aspetta niente di meno che la perfezione. 
Camille è la classica  brava ragazza che vive compiacendo gli altri: vuole fare l'attrice ma rinuncia alle sue aspirazioni per frequentare una scuola di economia.
Camille vomita. Vomita i sogni a cui non riesce a rinunciare, vomita per non litigare con sua madre, vomita per non sfogare la rabbia che prova.
Camille soffre di anoressia-bulimia.
La bulimica è grassa perché mangia in modo spaventoso, mangia in fretta, sempre, senza riflettere mai: l'atto del mangiare non è stimolato dal bisogno fisico di nutrirsi, ma del desiderio puramente mentale di riempirsi.
L'anoressica è magra perché ha smesso di mangiare. E se ha smesso di mangiare è perché non ha più fame, mai più. Il suo corpo, pensa, non ha più bisogno di niente. 
La bulimica-anoressica è un essere ibrido. Né magra, né grassa, riesce così a nascondere al mondo la sua malattia. Un grido silenzioso che passa inosservato.

Vomito. In tutti i posti possibili e immaginabili. a più non posso. Dappertutto, qualsiasi cosa, in qualunque momento. Vomitavo con l'indice e il medio uncinati in fondo alla gola. Ho vomitato a Parigi e a Londra, ho vomitato a Tokyo. Ho vomitato appena sveglia, sotto il sole e sotto la pioggia. In pieno giorno. Mi alzavo nel bel mezzo della notte per vomitare. Vomitavo nei gabinetti della casa di mia madre, nei gabinetti degli appartamenti delle mie amiche, in quelli della mia scuola e in quelli delle discoteche. Poi mi sono stancata dei cessi. Allora mi sono messa a vomitare dappertutto. 
Il libro è la storia autobiografica raccontata in prima persona dalla stessa Camille de Peretti e di come ad un certo punto, la sua malattia sia diventata la sua vita e viceversa. Disturbo ossessivo compulsivo lo chiamano gli psichiatri. Passare ogni momento cosciente a pensare al cibo, ad odiarlo, a idolatrarlo. Contare le calorie, sottrarle, pesare il cibo, buttarlo, vomitarlo, in un gioco al massacro dove chi perde è solo il proprio corpo.

Anche se lo stile è scorrevole l'autrice non riesce a creare nessuna empatia con il lettore. Emerge una ragazza che "normalizza" quasi la sua malattia, non rendendosi conto probabilmente delle serie conseguenze a cui può andare incontro. Un modo affettato e snob di scrivere e di vivere che la rende antipatica anche nella sua disperazione.
Quello che ho trovato più discutibile è il messaggio che trasmette, in modo più o meno consapevole. Chi ha ideato il sottotitolo "Come sono uscita dalla bulimia-anoressia" non credo si sia dato pena di leggere il libro: non traspare infatti nessuna speranza né voglia di guarire. Quello che si evince, neanche troppo tra le righe, è una sorta di autocompiacimento. Una resa ancora più amara perché accompagnata dalla consapevolezza che da una simile assurdità non si guarisce mai.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede che anoressia e bulimia siano malattie dell'anima.


Effetti collaterali: In tempi di body shaming, sovraesposizone mediatica e incapacità di accettarsi, i disordini alimentari non sono certo passati di moda, anzi. Viviamo in una società, quella dell'immagine, che ci giudica per ciò che sembriamo. Sta ad ognuno di noi lottare per la propria diversità, decidere di non omologarsi alla massa, scegliere di essere invece che di apparire.
Un giorno finalmente capiremo che la nostra felicità non dipende dal peso o dalla taglia o dalla bellezza dei nostri capelli. Si tratta di un percorso accidentato ma alla fine ne vale la pena: la ricompensa è la certezza di essere amati, aldilà dei nostri difetti e anzi forse proprio per quelli.


mercoledì 2 settembre 2015

Le ali della vita di Vanessa Diffenbaugh

Dopo il successo de Il linguaggio segreto dei fiori , Vanessa Diffenbaugh torna con un nuovo libro che prova a raccontarci come amare sia, allo stesso tempo, la cosa più difficile e più facile dl mondo. Questa volta ci parla dell'amore di una madre per i suoi figli, dell'incapacità di arrendersi, della difficoltà di crescere. Ci racconta del desiderio di riscattarsi, perché non è mia troppo tardi per ritrovare le proprie ali. 
Letty è stata una madre giovanissima e inadeguata che ha lasciato che fossero i suoi genitori a crescere i suoi due figli, Alex e Luna. Quando la lasciano per tornare in  Messico cade nella disperazione più profonda: come farà ad andare avanti? Dopo aver passato tutta la vita a sfuggire alle responsabilità, riuscirà a riprendersi il suo ruolo di madre?
Sbaglio dopo sbaglio imparerà a conoscere realmente i suoi figli, Alex con la passione per la matematica, la scienza e gli uccelli, Luna dolce e confusionaria. E grazie a loro riuscirà a rimettere insieme i cocci della sua vita e a perdonarsi per non essere stata all'altezza delle altrui aspettative. Non esiste, infatti, fallimento più insopportabile di quello di deludere chi credeva in te.
Letty amava i suoi bambini. Era lì, sotto la paura, sotto il distacco: un amore soffuso di soggezione, così luminoso che faceva male a guardarlo.
Un romanzo intenso che ci insegna cosa significhi essere una famiglia: non esistono famiglie di seria A o di serie B ma persone che scelgono di stare insieme, di condividere una vita in comune, affrontando le difficoltà giorno per giorno. È la storia di Alex e Letty che imparano, giorno dopo giorno, come essere madre e figlio, di come l'amore può curarci permettendoci di spiccare il volo.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede che essere madre sia un'avventura eccitante e spaventosa.

Effetti collaterali: Gli uccelli migratori si riorientano al tramonto. La ragione esatta è sconosciuta, ma al crepuscolo, quando il sole scende dietro la linea dell'orizzonte, gli uccelli che stanno volando nella direzione sbagliata correggono la loro rotta all'improvviso.
Anche l'amore fa questo. Come una bussola dell'anima, può farci ritrovare la rotta per tornare a casa, laddove si trova il nostro cuore.

mercoledì 19 agosto 2015

Ciò che inferno non è di Alessandro D'Avenia

Calvino diceva che l'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà ma è qualcosa che è già qui. L'unico modo per sopravvivere è cercare e saper riconoscere ciò che, in mezzo all'inferno, inferno non è.
Questo è il compito che porta avanti Padre Pino Puglisi, parroco del quartiere Brancaccio di Palermo, che combatte ogni giorno la sua battaglia contro l'inferno. L'inferno è abbassare lo sguardo, è voltarsi dall'altra parte, l'inferno sono gli omicidi, il pizzo, le bombe, l'inferno è pura sottrazione, è togliere tutta la vita e l'amore da dentro le cose. L'inferno a Brancaccio ha un nome solo: Mafia.
Ma Padre Puglisi sa che l'inferno è soprattutto l'assenza di una scuola media: perché se butti i ragazzi in strada, se non dai loro la speranza di un futuro diverso, se non insegni che la vita non è solo violenza allora la Mafia non sarà mai sconfitta. Cultura e amore sono armi più potenti di qualsiasi pistola. Perché il vero inferno è quando perdi la libertà di amare.

Se nasci all'inferno hai bisogno di veder almeno un frammento di ciò che inferno non è per concepire che esita altro.

Nella battaglia quotidiana di Don Puglisi verrà coinvolto anche Federico, studente diciassettenne con l'anima del poeta e la corazza troppo debole per resistere ai colpi della vita. Scoprirà un mondo che va aldilà dei suoi amati libri, un mondo cattivo e spietato che spezza i deboli e premia i forti. Ma, come spesso accade, in mezzo all'inferno troverà anche l'amore, Lucia, e la voglia, insieme a lei, di trovare una scintilla laddove sembra esserci solo oscurità.
Alessandro D'Avenia costruisce una storia che intreccia romanzo e realtà, un inno alla bellezza e al fascino della sua Palermo, un grido di dolore per ciò in cui si è trasformata dopo anni nella morsa della mafia, come un animale morente che non rinuncia alla speranza.

Ci sono pensieri che non pensiamo, sono loro che pensano noi, come le parole che tornano in mente senza averle evocate.

Un romanzo di una forza travolgente, commuovente, poetico, denso di citazioni e riflessioni, di una rara bellezza, come certi tramonti sul mare. Ma è soprattutto un tributo a  Padre Pino Puglisi e alla sua incessante azione di evangelizzazione che lo ha portato in mezzo alla gente, a lottare per i più deboli. La sua azione è stata rivoluzionaria, un grido in mezzo a tanto silenzio. Una lotta pagata a caro prezzo: Padre Puglisi fu ucciso la sera del suo cinquantaseiesimo compleanno il 15 settembre 1993 da due sicari.
Morendo con il sorriso sulle labbra ci ha lasciato un'eredità pesantissima: non abbiate paura, non c'è libertà maggiore che la ricerca della verità. Per essere felici serve solo il coraggio, il coraggio di affrontare sempre la vita a viso aperto, di non risparmiarsi e di non lasciarsi imprigionare dalla paure.

Indicazioni terapeutiche: per chi non conosce Padre Pino Puglisi, per chi crede che la Mafia può essere combattuta, per chi ogni giorno ha il coraggio di realizzare un piccolo sogno e di donarlo agli altri.

Effetti collaterali: Troppo spesso ci giustifichiamo affermando che le cose sono sempre state così. Troppo comodo dare la colpa agli altri, a chi è venuto prima di noi, alla politica. La politica siamo noi, le scelte che facciamo ogni giorno camminando per la strada.
Non basta evitare il male, il bene bisogna farlo.


martedì 21 luglio 2015

Niente è come te di Sara Rattaro

Nessuno fa solo cose giuste o sbagliate. Siamo luce e ombra insieme. Possiamo essere dolci e affettuosi o tradire e abbandonare.
Di chi è la colpa quando una famiglia si sfascia?
Francesco non riesce a darsi pace per non aver saputo cogliere i segnali, per non aver intuito il ciclone che si sarebbe abbattuto sulla sua vita cambiandola per sempre. Sua moglie è fuggita in Danimarca con la loro figlia, Margherita. Da allora sono passati anni, anni di lotte, di tribunali, di sentenze non rispettate, di visite negate.
Francesco è un uomo spezzato, monco. Gli è stata portata via la cosa più importante, il suo diritto di essere padre.
Un giorno la sua vita a metà si ricongiunge con quella di Margherita. Ma i dieci anni in cui sono stati separati hanno costruito un muro tra loro. Margherita è una ragazzina fragile e solitaria, Francesco un uomo disperato che non sa come uscire dal labirinto del proprio dolore. Dovranno imparare da capo a conoscersi, a capirsi, a fidarsi l'uno dell'altra.

Non esiste un luogo dove ricoverare i sentimenti smarriti come per gli oggetti persi sui treni o sugli aerei. Ma è il nostro costante desiderio di trovarli a tenerci vivi. Le cose più preziose, l'abbraccio di un padre, l'amore di una madre e la presenza di un amico, si possiedono senza bisogno di cercarle.

Questo libro parla di una storia, quella di un padre che non si rassegna ad aver perso la propria figlia e di una figlia che è cresciuta senza l'amore che meritava. Di un dolore che sembra così grande da spazzare via tutto il resto. Di un battaglia combattuta con le armi dell'amore e della pazienza.
Il nuovo romanzo di Sara Rattaro è coinvolgente, emotivo senza essere melodrammatico. Ho apprezzato particolarmente i corsivi che sottolineano le riflessioni, per alcuni scadranno nel banale ma io non li ho mai trovati fuori luogo.
Ancora più della scelta stilistica bella l'idea che c'è dietro. L'autrice ha scritto questo libro con l'intento di raccontare un caso di sottrazione internazionale di minore, partendo da una storia vera, quella di un padre che non vede le figlie, nate in Italia, da molti anni. Una storia purtroppo simile a molte altre, visto che negli ultimi anni questo fenomeno è in notevole aumento. Solo in Europa sono centinaia i bambini strappati alla loro vita, testimoni del loro incubo peggiore: assistere all'amore tra i loro genitori che si trasforma in odio e rancore. Il messaggio che si vuole trasmettere è uno solo: non importa quanto sia difficile la guerra tra due genitori, quello che viene sistematicamente violato è l'inalienabile diritto di ogni bambino di essere figlio.


Indicazioni terapeutiche: per chi sa che l'amore per i propri figli rende invincibili.

Effetti collaterali: A volte l'amore richiede il sacrifico più grande: la rinuncia. A volte la scelta più giusta è scegliere di non agire, perché spesso la pazienza si porta dietro un dolore che può renderti solo più forte.





venerdì 17 luglio 2015

Cercando Alaska di John Green

Dopo aver divorato l'ormai celebre Colpa delle stelle mi è venuta la voglia di  leggere un altro libro di John Green. Le mie aspettative erano sicuramente alte e devo ammettere, purtroppo, che sono rimasta soddisfatta solo a metà.
Anche questa volta i protagonisti sono adolescenti. Miles Halter è un sedicenne,  timido e introverso,
affascinato delle "ultime parole" ma poco propenso ad aprirsi agli altri.
La sua vita subisce uno scossone quando comincia a frequentare un'esclusiva scuola dell'Alabama. Qui lega subito con Chip, intelligente e senza mezzi, ammesso alla scuola grazie a una borsa di studio, e con Alaska Young, sexy e bellissima studentessa di cui tutti sono innamorati. Usando le stesse parola di Miles "se gli esseri umani fossero stati precipitazioni, io sarei stato una pioggerellina, lei un ciclone".
Grazie a questa improbabile accoppiata di nuovi amici scopre un nuovo mondo che fino ad allora gli era stato precluso: insieme bevono, fumano, stanno svegli la notte ad inventare scherzi brillanti e complicati.
Le loro bravate verranno però spazzate via da un'inaspettatta tragedia e Miles si ritroverà ad interrogarsi sul senso della vita. Consociamo veramente le persone che amiamo? Dove vanno le persone quando muoiono? Smettono semplicemente di esistere o una parte di loro, quel qualcosa che è di più della semplice somma delle nostre parti, sopravvive in qualche posto?
Immaginare il futuro sa di rimpianto.
Perché il punto è proprio questo: la morte ci mette di fronte alle nostre paure, ci scuote nel profondo, ci ricorda che siamo qui e ora, che abbiamo solo il presente. 
Passi la vita inchiodato nel labirinto, pensando al modo in cui un giorno ne uscirai, e a come sarà fantastico, e immagini che il futuro ti trascinerà pian piano fuori di lì, ma non succede. É solo usare il futuro per sfuggire al presente.
Come Miles leggendo il libro anch'io andavo in cerca di un Grande Forse, di un senso profondo. Non so dire se l'ho trovato ma, di certo, il punto forte di questo romanzo sono gli spunti filosofici che spingono il lettore ad interrogarsi sui diversi aspetti della vita.
Devo ammettere, invece,  che la trama fa acqua da tutte le parti: troppa piatta, quasi scarna. Inoltre, il personaggio di Alaska, intorno al quale ruota tutta la vicenda, è appena abbozzato, un mero stereotipo della ragazza troppo piena di sé per accorgersi degli altri e dei loro sentimenti, il che la rende a tratti quasi odiosa. Il mix degli elementi ne fa comunque una lettura non troppo impegnata che fa comunque riflettere.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede che valga la pena uscire dal proprio piccolo mondo autosufficiente e sporcarsi con la vita, per chi è ancora in cerca di un Grande Forse.

Effetti collaterali:  Gli amici, l'amore, le passioni. Gli uomini elaborano centinaia di diversivi per non pensare alla morte, quell'enorme buco nero che sembra ingoiare tutto. Alcuni si chiudono a riccio, evitano ogni rischio sperando di potersi nascondere. Altri escono dal proprio labirinto a affrontano la sfida della vita a testa alta. 


mercoledì 15 luglio 2015

L'estate infinita di Edoardo Nesi

Leggere L'estate infinita di Edoardo Nesi è come salire su una macchina del tempo: veniamo catapultati nell'Italia migliore di sempre, quella degli anni '70 e '80, un paese dove tutto sembrava possibile, dove la crisi non esisteva, dove bastava svegliarsi la mattina e rimboccarsi le maniche per poter cambiare il corso del destino. Un’Italia innamorata della vita e delle sue passioni, talentuosa e frenetica, laboriosa e sfrontata. 
Protagonista indiscusso di questa epopea tricolore l'imprenditore Ivo il Barrocciai (già protagonista del romanzo L'età dell'oro), prototipo del self made man all'italiana, che armato solo delle su idee e della sua audacia, fonda dal nulla un'azienda destinata al successo. Macchine di lusso, vacanze in Versilia, l'amore consumato con la stessa leggerezza con cui si beveva il prosecco. Il Barrocciai è il simbolo di un Paese ubriaco di benessere, votato agli eccessi, di un'Italia che aveva davanti a sé un futuro che sembrava non dovesse finire mai. Un passato così vicino eppure ormai lontanissimo.
Accanto alla storia dell'ascesa del Barrociai, seguiamo la storia di Cesare Vezzosi, detto "Il Bestia", piccolo imprenditore edile e di Pasquale Citarella, emigrato dall'Irpinia, che partito dal nulla saprà cavalcare l'onda del boom economico, strappando per sempre sé stesso e la sua famiglia dalla povertà.
Raccontando le loro vite Nesi ci parla della storia di tutti noi:
 «Senza di loro l’Italia non sarebbe nulla! La mattina si svegliano e partono come razzi, e lavorano tutto il giorno e tornano a casa quand’è buio, stanchi morti, appena in tempo per cenare tutti insieme e guardare la televisione e addormentarsi, e la mattina ripartire e così via, per anni e anni, felici senza neanche saperlo, d’essere felici».
Un elogio ai piccoli imprenditori e all'Italia laboriosa delle botteghe, denso di nostalgia e di rimpianti, che lascia uno retrogusto amaro, un lieve senso di malinconia, come il risveglio alla mattina quando i sogni svaniscono debolmente e non ci resta che fare i conti con la realtà.


Indicazioni terapeutiche: per chi crede nell'ottimismo e non si lascia abbattere dalla nostalgia.

Effetti collaterali: "...in quei giorni meravigliosi e rarissimi in cui per qualche ragione ti svegli la mattina e ti pare d' esser vivo per davvero e intorno a te il mondo profuma e brilla e sei sicuro di capire ogni cosa, e vedi il futuro, e sei certo che sarà pieno di fortuna e di cose belle, e allora trovi il coraggio di dire quello che volevi dire da tanto tempo..."
Come vorrei che ogni giorno fosse così: che bastasse svegliarsi la mattina per credere che ogni cosa sia possibile, che il mondo non sia altro che un enorme scatola per esaudire i nostri desideri.
Come vorrei che ogni giorno fosse pieno di sole e sorprese, e corse fino a perdere il fiato,  e tramonti sul mare, e gare sulle biciclette, e risate, e baci al sapor di cioccolato...
Come vorrei che ogni giorno fosse una lunga estate infinita.

venerdì 12 giugno 2015

Svincoli d'amore di Ilaria Dalle Luche Jones

Capita raramente (almeno alle comuni mortali come me) di avere la possibilità di recensire un libro di cui si conosca personalmente l'autore. Fa una sensazione strana, quasi un dejà vu
Nel suo romanzo Svincoli d'amore - Il caffè delle ragazze c'è molto di Ilaria e viceversa.
Ilaria Dalle Luche Jones è il prototipo femminile 2.0:  bella, intelligente, sicura di sé.  E le sue protagoniste le assomigliano. Viola, Carlotta, Elena, Camilla e Giovanna sono donne indipendenti, affermate nel lavoro, donne che hanno imparato a bastare a sé stesse. 
Donne che però non hanno abbandonato la speranza di trovare l'Amore.
Che sia chiaro: non stiamo parlando dell'amore delle favole. Nessuna donna oggi si chiude più in casa ad attendere l'arrivo del principe azzurro, con il suo corollario di scarpette, cavallo bianco e chi più ne ha, più ne metta. Nessuna donna aspetta di essere salvata, al limite si salva da sola.
Gli happy ending esistono solo nei film della Disney, si sa. Qui si tratta di trovare un compagno con cui condividere il proprio percorso di vita, affrontando insieme le sfide del destino, i dubbi e le paure.
Forse è questa la vera emancipazione femminile: abbiamo imparato a sognare sì, ma con i piedi per terra, senza perderci in pericolosi voli pindarici e, soprattutto, senza rischiare di perdere sé stesse e la propria dignità inseguendo un uomo che non ci vuole e non ci merita.
Il libro racconta, con ironia e leggerezza, la storia di cinque amiche, le cui vicende sentimentali si incrociano, tra tradimenti, amori clandestini e confidenze al femminile. Ma non si tratta dell'ennesimo libro da ascrivere alla Chick lit (abbreviazione dell'inglese "chicken literature", ossia "letteratura per pollastrelle").  È vero le protagoniste sono donne, è vero si parla di sentimenti, è vero l'autoironia è un ingrediente fondamentale, ma tra le righe si colgono riflessioni su cosa siano oggi i rapporti umani, su quanto spazio l'amicizia e l'amore abbiano nelle nostre vite, su come sia faticoso trovare un equilibrio tra le nostre aspirazioni e la realtà in cui ci troviamo a vivere. In definitiva su cosa renda la vita degna di essere vissuta. Perché se la felicità non è una destinazione ma un percorso, condividerlo con le persone che amiamo rende tutto più piacevole.

Indicazione terapeutiche: per chi crede nel girl power, per chi cerca ancora un centro di gravità permanente (come cantava Battiato).

Effetti collaterali: Da adolescenti deteniamo la piena facoltà di sognare, di poter realizzare ogni nostro desiderio, ma ne siamo consapevoli solo in parte, gli errori che facciamo non ci restano quasi mai attaccati addosso.. il tempo a nostra disposizione è ancora praticamente infinito..
Come sarebbe bello riuscire a conservare quell'incoscienza, buttarsi in ogni avventura a capofitto senza temerne le conseguenze. Ma crescendo si diventa più diffidenti, più cinici, più insicuri. Ogni ammaccatura ci toglie un po' di entusiasmo, spingendoci a rinunciare alle nostre aspirazioni giovanili. Che il segreto sia proprio quello di conservare l'adolescente che è dentro di noi e lasciarlo libero di guidarci nelle nostre scelte? E, se a volte, il cuore avesse la meglio sulla testa?


lunedì 8 giugno 2015

Derek non doveva morire


L'amore romantico, quello che vince su tutto, si sa non esiste. Tutte le storie si incagliano tra gli scogli della quotidianità: tra le tazze lasciate nel lavandino, i vestiti sporchi buttati per terra, lo stress del lavoro e le giornate che sembrano non finire mai. Per non parlare dei figli. Chi ha davvero voglia di cucinare una cenetta afrodisiaca quando non trovi nemmeno il tempo per lavarti i capelli?
La passione si piega all'abitudine: ogni giorno diventa un ossessivo giro su una giostra da cui ormai non riusciamo più a scendere. Roba da Mafalda: fermate il mondo voglio scendere!
Ma non si può.
Per questo abbiamo bisogno dei libri, dei film e dei telefilm, della finzione che tenga accesa la fiammella della speranza, che ci faccia sognare un amore senza confini, un amore che trascenda i limiti della nostra realtà, che ci faccia emozionare come quando eravamo adolescenti, quando bastava scorgere di sfuggita la persona che ci piaceva per essere felici per giorni.
Per questo avevamo bisogno di Derek e Meredith. Bello, talentuoso, affascinate lui. Incasinata, anaffetiva e immatura lei. La favola che torna a ripetersi: il dio neurochirurgo che si innamora della specializzanda. L'esempio di cosa è capace di fare l'amore, che ci tocca e ci rende straordinari, capaci di tutto, che cambia e modifica per sempre il nostro cervello, che ci sublima. Meredith sarebbe arrivata dov'è ora senza il sostegno di Derek? Avrebbe imparato lo stesso ad aprirsi, ad accettarsi, a lasciarsi amare senza di lui?
Ma la cosa più sorprendente è che, alla fine, è lei che, contro ogni logica,  ha salvato lui.


"Sei stata la mia boccata d'ossigeno. Mi hai salvato. Sei sempre stata tu."
Queste sono le ultime parole che Derek dice a Meredith (ora trovatemi una donna sulla faccia della terra che non desideri sentirsele dire!).
Per non parlare delle disavventure e delle tragedie a cui sono sopravvissuti:

  • Meredith che sopravvive all'esplosione di una bomba
  • Meredith che rischia di affogare e viene salvata da Derek
  • Derek che torna da Addison
  • Derek che impazzisce dopo aver perso una paziente e lascia il lavoro
  • La sparatoria in ospedale in cui Derek resta ferito e Meredith perde il bambino dallo shock
  • L'incidente aereo in cui muoiono Lexie e Mark
  • Meredith che partorisce durante la tempesta
Anche per uno standard televisivo sono veramente tante disgrazie. Troppe.
Ma loro ce l'avevano fatta.
Dopo ogni battaglia, ogni scontro, ogni dramma si erano ritrovati più forti di prima. Più innamorati. Un amore non perfetto, ma capace di crescere, di cambiare, di diventare più grande giorno dopo giorno. Nessuno poteva immaginare che il tanto agognato happy end ci venisse strappato così dolorosamente. Perché cosa fa Shonda Rhimes?
Mi uccide Derek.
E in uno stupido e banale incidente d'auto, per giunta. Una fine ordinaria per un amore straordinario. In un solo episodio cancella una storia costruita in dieci anni. Spazza via le speranze di milioni di fan. Annichilisce le fantasie dei romantici di tutto il mondo.
Derek e Meredith erano molto di più dell più bella coppia del piccolo schermo di sempre. Erano un simbolo.



Ai più nostalgici non resta che riguardare le vecchie puntate. Non ci dimenticheremo mai le loro dichiarazioni d'amore, i litigi, l'impossibilità di stare separati, la gelosia, gli sguardi, il matrimonio con il post-it, il sesso negli sgabuzzini, le incomprensioni, la passione che accendeva i loro occhi, la voglia di restare insieme a dispetto di tutti e di tutto.




Non ci dimenticheremo mai che ci fanno commuovere fino alle lacrime, sospirare, contorcerci sul divano, fare il tifo per loro. 
Grazie per tutte le emozioni, le risate, i pianti.
Non dimenticheremo mai che sono entrati a far parte dell nostre vite, prendendoci per mano e regalandoci un po' di quella magia che renda la vita meno grigia.

mercoledì 27 maggio 2015

Il cacciatore del buio di Donato Carrisi


Un altro centro per Donato Carrisi, che si conferma il miglior scrittore italiano di thriller sulla piazza.
Dopo il successo de Il tribunale delle anime, Carrisi torna con una storia che ci fa incontrare nuovamente il misterioso Marcus, l'ultimo dei penitenzieri, il cui destino si incrocia ancora una volta con Sandra, fotorivelatrice della polizia. Marcus è un prete sui generis con un talento raro: vede le anomalie, scorgendo il male laddove gli altri vedono solo la normalità.
I due protagonisti si ritroveranno sulle tracce di un pericoloso serial killer. Ma le indagini si riveleranno più difficili del previsto: è possibile che qualcuno stia proteggendo un efferato assassino? Se sì, qual è il vero motivo?
Marcus e Sandra si ritroveranno a lottare con i propri dubbi e le proprie paure, in una una vicenda che li porterà a scandagliare gli abissi dell'animo umano per potere giungere alla soluzione del caso. Un mistero che li trascinerà a scoprire segreti rimasti inviolati a lungo, protetti a ogni costo, da chi si trova al di sopra di ogni sospetto. Cosa si è disposti a sacrificare per far trionfare il bene? Si può perseguire il bene facendo anche il male se il fine lo richiede? Forse il bene e il male non sono altro che le due facce della stessa medaglia. 
Carrisi costruisce una trama piena di colpi di scena, dove niente è ciò che appare, che inchioda il lettore e non gli lascia scampo. Un susseguirsi di enigmi e misteri, che come scatole cinesi, ne contengono altri, in una escalation che pare non avere fine. 
Una nota speciale per l'introspezione psicologica che caratterizza i due personaggi: non sono mere figure di azione, ma persone tormentate, piene di dubbi, che si interrogano e si mettono in discussione. Due anime inquiete alla ricerca della verità e della giustizia. Perché se il bene si è evoluto con l'umanità, il male è rimasto sempre uguale a se stesso. Solo che noi abbiamo disimparato a riconoscerlo.


Indicazioni terapeutiche: per chi ama gli enigmi complicati, per chi sa che tra il nero e il bianco esistono infinite sfumature di grigio.

Effetti collaterali: "Il bene è l'eccezione, il male è la regola." Questo è il mantra che guida il protagonista. L'uomo è debole, vittima dei suoi istinti e dei suoi limiti. Ciononostante Marcus non si arrende mai, certo che finché l'umanità vivrà, sopravviverà anche la speranza della redenzione. Perché un cacciatore del buio non può fare a meno di vedere il male, ma non perde mai la fiducia nel bene. Così dovrebbe fare ognuno di noi: in mezzo alle tempesta della vita, non dovremmo mai perdere la fede che qualcosa di bello e inaspettato può sempre capitarci.


lunedì 25 maggio 2015

Chi si ama si sposa. Nozze gay sì o no?

Il matrimonio per molte donne è un sogno, per la maggior parte degli uomini un incubo. Per i molti che non possono contrarlo, è diventata una battaglia senza fine.
Sto parlando di tutte quelle coppie omosessuali a cui è ancora oggi negata la possibilità di riconoscere la propria unione davanti alla legge. E se è pur vero che  il matrimonio è una gabbia, chi sta dentro vuole uscirne, ma chi sta fuori vuole entrarvi.  
Qui non si tratta certo di wedding cake o allestimenti floreali ma del diritto di autodeterminarsi e di vedere riconosciuti le proprie libertà fondamentali. Perché il fatto che un individuo creda o meno nel matrimonio è irrilevante. Lo è invece che possa sposarsi, e sopratutto che  possa farlo, indipendentemente dal fatto che voglia convolare a nozze con una persona del suo stesso sesso.
Anche nella ultra-cattolica Irlanda ha vinto il fronte progressista: il 62,1 per cento dei votanti ha detto "sì" alle nozze gay. L'Irlanda diventa così il primo Stato ad aver approvato le unioni gay grazie a un referendum popolare (di fatto la costituzione irlandese può essere modificata solo attraverso la consultazione).
Resteranno nella storia le file agli aeroporti, documentate grazie a twitter attraverso l'apposito hashtag #hometovote, per il rientro in patria dei tanti lavoratori all'estero che tornavano a casa per partecipare al voto. Siamo di fronte a una metamorfosi epocale: in un solo giorno l'Irlanda si è trasformata da simbolo del bigottismo a faro per l'Europa. Un cambiamento che ha scosso le stesse fondamenta della Chiesa. L'arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin, all'indomani della vittoria della vittoria dei sì, ha commentato: "Quanto è accaduto non è soltanto l'esito di una campagna per il sì o per il no, ma attesta un fenomeno molto più profondo, una rivoluzione culturale."

File agli aeroporti: tutti in viaggio per votare sì

Sale così a 21 il numero dei Paesi che in tutto il mondo hanno legalizzato i matrimoni tra omosessuali (Danimarca, Olanda, Belgio, Spagna, Francia, Canada, Sudafrica, Norvegia, Svezia, Slovenia, Portogallo, Inghilterra, Galles, Islanda, Argentina, Uruguay, Nuova Zelanda, Finlandia, Messico, Brasile e Usa, in 38 Stati),
E In Italia?
La nostra Costituzione parla chiaro e recita all'articolo 3 "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
Ma si sa dalla costituzione scritta a quella materiale , il passo è più lungo di quanto possa sembrare.
Per alcuni è colpa del Vaticano, per altri dei conservatori. Molti si aggrappano ancora all'idea che il termine MATRIMONIO non possa essere usato per le coppie omosessuali. Come se questa parola alludesse ad una sorta di sacralità religiosa che non può essere "violata". Masturbazioni mentali. Ecco cosa sono. Che si scelga di usare questo termine o un altro non fa differenza. Pacs, unioni civili, matrimoni non sono ectoplasmi ma vincoli giuridici stabiliti dalla legge. E le leggi sono fatte dagli uomini.
Ciò che manca in Italia è la volontà di cambiare. Non so sto parlando solo della classe politica ma dei singoli. La vera domanda è: siamo pronti?
Purtroppo no. Ci sono ancora troppi che si sentono minacciati dalle comunità gay e transgender, troppi che si riempiono la bocca di parole come "depravati", troppi quelli chi sostengono che le unioni omosessuali mettano in pericolo la sopravvivenza della specie. Siamo un popolo di omofobi. Siamo disposti a tollerare i gay purché si nascondino, non ostentino, dissimulino. Siate chi vi pare ma a casa vostra. E per carità non vi azzardate a chiedere pari diritti e opportunità. Vergogna.
Eppure basterebbe poco. Lasciare la porta aperta e far entrare il futuro: una società nuova e più giusta, una società tra eguali. Una società senza discriminazioni.
Un giorno saremo pronti. Forse.

mercoledì 20 maggio 2015

Morte dei Marmi di Fabio Genovesi

Un pamphlet su Forte dei Marmi e suoi abitanti.
Un inno alla propria terra e una feroce critica a chi l'ha venduta, anzi svenduta.
Una vera e propria dichiarazione d'amore. 
Una promessa di restare, perché esiste un solo luogo sulla terra al quale apparteniamo, e da quel luogo non si può fuggire, perché è semplicemente quel posto dove ti senti a posto.
Morte dei Marmi è un'opera sui generis. Non è né un romanzo né un saggio, piuttosto una profonda riflessione su cos'è Forte dei Marmi, o meglio su cosa sia diventata. Un paese di contrasti: affollato e glamour d'estate, solitario e scontroso d'inverno.
Per la stragrande maggioranza delle persone è una meta turistica d'élite: boutiques, ristoranti di lusso, ville faraoniche. Uno scorcio della società dell'apparire in cui viviamo, niente di più o di meno di uno specchietto per le allodole. Ma per chi ci vive, per chi resta quando i villeggianti tornano a casa è qualcos'altro: l'odore del salmastro trasportato dalla tramontana, le vette delle Apuane tinteggiate dal rosa dei tramonti invernali, gli arcobaleni che fanno cucù tra un temporale e l'altro.
Un paese con un'anima segreta, quasi selvaggia, che si lascia scoprire da pochi, da quelli che non si fanno abbagliare dai lustrini, da quelli che riescono a vedere oltre. Un paese reso straordinario, oltre che dalla natura, dai suoi abitanti: stoici, imperturbabili, indomabili, selvatici. Gente che un momento prima ti spara addosso e un attimo dopo ti spalanca le porte di casa sua. Gente strana, i versiliesi.
Nel libro di Fabio Genovesi c'è tutto: l'odio per i turisti unito alla consapevolezza che senza di loro la Versilia non sarebbe quello che è, le leggende sui Russi e sulla loro "generosità", la nostalgia per gli anni '60, il disprezzo per tutto ciò che pretende di essere esclusivo e finisce per scadere nel ridicolo. Muovendosi tra critiche e aneddoti divertenti, lo scrittore riesce a mischiare sapientemente ironia e malinconia, che come due gusti stranamente  assortiti di un gelato si fondono per regalare al lettore un sapore nuovo.
È impossibile non rimanere avvolti nelle maglie del racconto di Genovesi che ti cattura e ti porta a scoprire il "suo paese": anzi te lo regala, come fa una persona quando ti dona una piccola parte di sé.

Indicazioni terapeutiche: per tutti i versiliesi, per chi quando torna da un viaggio e scorge le Apuane si sente allargare il cuore, per chi ama la sua casa.

Effetti collaterali: Io vivo a Morte dei Marmi. anzi no a Forte dei Marmi. Perché un paese non è morto se ancora ci vive qualcuno.
E allora smettiamo di lamentarci che ci stanno portando via la casa, il lavoro, il futuro.Non lasciamoglielo fare. Facciamo come Genovesi che si tiene la sua casetta Vittoria Apuana, rifiutandosi di venderla a qualche miliardario. È vero che  soldi fanno comodo, ma se per averli rinunci a tutto ciò che ti rende felice, che senso ha?


venerdì 15 maggio 2015

Noi di David Nicholls


Cosa succede quando ci fermiamo e ci guardiamo indietro? Ha davvero senso ripensare alla propria vita cercando di capire cosa avremmo potuto fare meglio?
Proprio quello che succede a Douglas Timothy Petersen, scienziato razionale e metodico, quando un giorno, dopo venticinque anni di matrimonio, si sente dire dalla moglie Connie che la loro storia è finita.
"Credo di volerti lasciare". Poche parole che mandano in frantumi la sua intera esistenza. Douglas è sconvolto: credeva che il suo fosse un matrimonio felice. 
Per tentare il tutto per tutto organizza un viaggio a tre, forse l'ultimo, con sua moglie e il figlio adolescente Albie, con la speranza di salvare il matrimonio e recuperare il rapporto padre-figlio. Non una vacanza qualsiasi ma un Grand Tour in Europa, su modello di quello che facevano i giovani aristocratici nell'Ottocento per prepararsi alla vita adulta. Un viaggio reale ma anche metaforico, alla ricerca del proprio passato, per comprendere meglio il presente e progettare un futuro radioso.
Tra gallerie d'arte, monumenti famosi e ristorantini romantici riuscirà Douglas a riconquistare le persone più importanti della vita?
Dopo il grande successo di Un giorno, David Nicholls torna con un romanzo che indaga le complicate dinamiche familiari, mescolando umorismo british, toni melodrammatici e autoironia. Attraverso i continui salti tra presente e passato, l'autore ricostruisce la storia d'amore tra i due protagonisti: il primo incontro, il loro essere così diversi, creativa e frizzante lei, concreto e pragmatico lui, la voglia di completarsi, di stare insieme a dispetto delle differenze. Ma, come uno scienziato che osserva la realtà al microscopio, individua anche le crepe di una vita all'apparenza serena: le responsabilità del lavoro, il tra-tran della vita da pendolare, le discussioni sull'educazione dei figli. Un grigiore che insinua piano piano e sbiadisce i sogni  e gli entusiasmi di giovanili.
E se l'unico veleno capace di uccidere l'amore fosse la subdola routine?

Indicazioni terapeutiche: per tutti color che affrontano le gioie e le difficoltà di un matrimonio, per i romantici disillusi, per chi pensa che l'amore dura finché dura.

Effetti collaterali: Di tutti i sentimenti la la nostalgia è il più “inutile e futile perché rappresenta il desiderio di qualcosa che è perso per sempre”. Cosa ci resta da fare allora? Se ciò che abbiamo dato, se l'amore che abbiamo provato è svanito come la nebbia alle prime luci dell'alba, cosa resta di noi?




venerdì 8 maggio 2015

Festa della mamma: l'amore non sbaglia mai


Una mamma basta a 100 figli, ma 100 figli non bastano ad una mamma.
La saggezza popolare sintetizza così, in poche parole, il legame indissolubile e assoluto che lega ogni madre ai suoi figli. 
Da figlia, posso dire che una mamma non sbaglia mai. O se commette degli errori è solo per troppo amore. 
E allora mi chiedo: quando si agisce in nome dell'amore è tutto giustificabile?
Forse no. Forse anche l'eccesso d'amore genera mostri. Forse chi non è stato amato da piccolo diventerà un genitore troppo indulgente, pronto a mettere nelle mani dei propri pargoli il mondo intero. O al contrario, chi ha avuto genitori troppo severi si ritroverà a sua volta ad essere intransigente. Che ci piaccia oppure no, il clima familiare in cui cresciamo determina gli individui che saremo. Una sorta di karma da da cui non possiamo scappare.
Quindi non importa quanto abbiamo amato, odiato, ammirato, criticato nostra madre, il rapporto con lei ci segnerà per il resto della nostra vita.
Per quanto riguarda la mia esperienza personale non ho particolari ricordi di torte appena sfornate o biscotti fatti in casa. La mia è una di quelle mamme che ha sempre lavorato, impegnata nell'estenuante barcamenarsi tra il ruolo di donna lavoratrice, madre e moglie. Multitasking, direbbero oggi.
Solo ora capisco quanto deve essere stata dura, quanta straordinarietà c'è nel vivere la propria quotidianità con il sorriso sulle labbra, senza lasciarsi abbattere dalle avversità.
Ecco quando rifletto su  mia mamma, su ciò che mi ha trasmesso, il mio pensiero va alla sua forza, alla sua capacità di esserci sempre, senza essere invadente. Una sorta di rete di sicurezza. Tu sei lassù che volteggi nella vita come un acrobata su un filo, sempre in bilico tra le tue aspirazione e la paura di non farcela, consapevole però che ad ogni passo falso ci sarà qualcuno pronto ad afferrarti.
Ma non solo. Mi ha insegnato ad essere una donna indipendente, una che non ha bisogno di appoggiarsi ad un uomo per sentirsi completa. E tutto questo lo ha fatto senza sprecare tante parole a costruire teoremi su cosa fosse la vita. D'altronde la vera educazione è fatta da esempi da imitare più che di insegnamenti da dispensare.
Allora auguri a tutte le mamme: quelle che corrono dalla mattina alla sera, quelle che fanno le torte fatte in casa, quelle che non rinunciano alla carriera o alla palestra, quelle che "Sono ingrassata ma chi se ne frega", quelle che si emozionano per ogni "Ti voglio bene", quelle che si sentono inadeguate, quelle che vorrebbero essere più severe, quelle con i sensi di colpa perché non sono abbastanza presenti, quelle che non si  sentono mai abbastanza.
Il mestiere della mamma è il più difficile di tutti. Non ci sono né libretti d'istruzioni né strade maestre. Basta seguire il proprio istinto. E se a volte si sbaglia, lo ripeto, è stato solo per troppo amore.
Buona festa della Mamma a tutte!


domenica 3 maggio 2015

Due di noi di Emily Gould

L'amicizia tra donne è difficile. Tutte sognano di trovare l'amica perfetta, quella che ti legge dentro con un'occhiata, e fuggire con lei verso l'orizzonte come Thelma & Louise.
Ma ammettiamo la verità, una volta gettati gli occhiali con le lenti rosa, la realtà ci appare ben diversa: la nostra migliore amica non ci capisce, non ha tempo per noi, anzi ora che che ci pensiamo meglio, un po' la invidiamo, perché lei ha quello che a noi manca. Bellezza, fascino, amore, una vita appagante, insomma. Ma quel sentimento è troppo brutto da accettare, troppo ripugnante. E allora preferiamo ignorarlo, sotterrarlo sotto metri di ragionamenti sensati e autoconvincerci che che non proviamo ciò che proviamo. Complicato, vero?
D'altronde l'amicizia femminile è intrinsecamente complicata, perché le donne sono complicate. Emotive, vendicative, volubili. Ma anche leali, generose, spietatamente sincere.
Amy e Bev sono come noi. Due ragazze trentenni alla prese con il difficile tentativo di fare qualcosa della propria vita, senza affogare nel mare della delusione e dei rimpianti. Gli eccessi dei vent'anni sono ormai un lontano ricordo, ma è dura accettare di essere cambiate.
Ci penserà la vita a dare ad entrambe un bello scossone: Bev rimarrà incinta e dovrà decidere se crescere un figlio da sola, mentre Amy, dopo aver perso lavoro, casa, fidanzato, si troverà a dover fare i conti con ciò che vuole veramente.
Riusciranno a rimanere unite nonostante le divergenze?
L'autrice Emily Gould, famosa blogger americana, ne è sicura: “Dimenticate carriera e mariti: solo un’amica dura per sempre.
E per convincerci ci regala un romanzo, che è già diventato un bestseller negli Stati uniti, in cui affronta, con ironia e una prosa vivace (direi da blogger!) il tema dell’amicizia femminile, regalandoci uno scorcio delle aspirazioni ma anche delle difficoltà delle ragazze di oggigiorno.


Indicazioni terapeutiche: per tutte quelle donne che hanno trovato la loro anima gemella, e non sto parlando del principe azzurro. Perché se l'attrazione sessuale finisce, una vera amica è per sempre.

Effetti collaterali: Vi sentirete in colpa per non aver fatto abbastanza per le vostre amiche. Ma non serve piangere sul latte versato: prendete il telefono e chiamatele. Uscite fuori per una pizza o un caffè, o solo per il piacere di ritrovarvi, di provare quella sensazione unica e indimenticabile di sentirsi talmente a proprio agio con qualcuno, senza dover fingere, ma essendo completamente voi stesse.