domenica 28 dicembre 2014

Io prima di te di Jojo Moyes



A volte si ha bisogno di leggere un libro che ci faccia sognare, dimenticare gli affanni quotidiani, sperare che l'impossibile diventi possibile.
Io prima di te è uno di quei libri. Uno di quei libri che ti fa piangere, fremere e sperare. Uno di quei libri che quando lo chiudi ti sembra di essere diventato amico dei personaggi, che magari un giorno, camminando per strada, li incontrerai e con un cenno della testa potrai augurare loro Buona vita.
Louisa Clark ha ventisette anni e nessuna idea di cosa fare della sua vita: abita in una piccola cittadina, ha fidanzato di cui non è innamorata, naviga a vista, convinta che il mondo non abbia niente di meglio da riservarle. Almeno fino al giorno in cui conosce lui.

Tu sei più o meno l'unica cosa che mi fa desiderare di svegliarmi

Il lui in questione è Will Traynor, giovane rampante di buona famiglia, rimasto tetraplegico in seguito ad un incidente. Louisa verrà assunta come sua assistente per sei mesi. Ciò che ignora è che  quello che sembrava solo un lavoro si trasformerà in qualcosa di più. Louisa scoprirà infatti che Will ha deciso di porre fine alla sua vita ricorrendo al suicidio assistito e sarà disposta a tutto pur di fargli cambiare idea. Ciò che entrambi non sanno è che quei sei mesi si trasformeranno in una corsa contro il tempo che cambierà per sempre le loro vite.


Tu hai cambiato la mia vita molto più di quanto questo denaro potrà mai cambiare la tua. Non pensare a me troppo spesso. Non voglio pensarti in un mare di lacrime. Vivi bene. Semplicemente, vivi.

Dimenticate lo stile aulico e le pretenziosità letterarie,  Jojo Moyes ci ha regalato un libro scorrevole, dalla trama avvincente e coinvolgente. Una storia di amore nata per uno scherzo del destino, tra due persone che, in un'altra situazione, non si sarebbero nemmeno parlate. Vi sembrerà di stare sulle montagne russe, trascinati in un vortice di emozioni che vi farà versare fiumi di lacrime e vi lascerà alla fine storditi, ma convinti che ne sia valsa la pena.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama le storie d'amore impossibili, per chi vuole le vedere le cose da un diverso punto di vista, per chi non ha ancora trovato la sua strada ma non ha mai smesso di cercarla.

Effetti collaterali: quando ho letto il titolo "Io prima di te" ho subito pensato che facesse riferimento a Will, a come la sua vita fosse stata stravolta dall'arrivo di Louisa. Ma mi sbagliavo. Il personaggio che compie il percorso più complesso all'intero del romanzo non è Will, è Louise. Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze: Will sa quello che vuole e conosce i suoi limiti. Si può non essere d'accordo con le sue intenzioni ma bisogna prendere atto che solo lui, inchiodato alla sua sedia a rotelle, ha capito quello che nessuno aveva intuito prima, ossia le potenzialità e la forza di Louise. Solo lui l'ha incoraggiata a ricominciare a studiare, a viaggiare, a vedere posti nuovi, ad avere ambizioni. Ha modificato per sempre non solo il modo in cui Louise vedeva le cose, ma la sua stessa natura. Non importa cosa accadrà dopo, lei non sarà più la stessa. Esiste forse amore più grande di questo?


martedì 23 dicembre 2014

Un giorno di David Nicholls

Edmiburgo, 1988. Dopo una notte passata a festeggiare la fine degli studi, due ragazzi si ritovano a letto insieme, nudi, elettrizzati e spaventati al pensiero che un capitolo della loro vita si è chiuso definitivamente e il mondo, quella vero, li aspetta là fuori.
Non potrebbero essere più diversi: presuntuoso, belloccio e di buona famiglia lui; goffa, insicura e idealista lei.
Quel giorno, il 15 luglio 1988, si diranno addio per la prima volta. Quel giorno diventerà il loro giorno. A partire da allora, infatti, si incontreranno ogni anno sempre nella stessa data, un appuntamento che scandirà le loro vite e li porterà a confrontarsi e condividere le loro sconfitte e i loro successi.
Emma e Dexter. Due destini, due persone che si inseguiranno per vent'anni, incapaci di stare insieme e, allo stesso tempo, di fare a meno l'uno dell'altra. 
Emma si trasferirà a Londra, dove tra un lavoro umile e un amore tiepido, inseguirà il suo sogno di diventare una scrittrice. Dexter, dopo una brillante carriera come presentatore televisivo, entrerà in crisi. Sullo sfondo la frenesia degli anni '80 ma anche il tema dell'idealismo che soccombe alla realtà, dei sogni che si sgonfiano come palloncini al sole, scontrandosi con i limiti della quotidianità.
David Nicholls ha saputo costruire un romanzo dove amore e amicizia si fondono, dove due vite si rincorrono, sfiorandosi come ali di farfalle, dove il lieto fine c'è, ma come la vita, è dolceamaro.
Un libro romantico, ironico, triste, commuovente, divertente.
Un libro che ti coinvolge, ti fa ridere  e piangere, ti fa disperare e sperare, ti riporta indietro all'età in cui tutto era possibile e ti catapulta avanti nel migliore dei mondi immaginabili, perché se è vero che certi rimpianti non ci abbandonano mai, il futuro ci riserva sempre nuove occasioni per riscrivere il nostro destino.



Indicazioni terapeutiche: per chi sogna l'amore con la "A" maiuscola (anche se forse esiste solo nei libri...o no?).

Effetti collaterali:il libro è un misto di nostalgia e speranza. chi non ricorda i propri vent'anni? Tutti i progetti, la voglia di sfidare il mondo e cambiare lo stato delle cose. Poi arrivano le prime sconfitte, si cade. E ci si rialza ma la ferita resta. Per sempre.  E allora si scende  a patti con la realtà, i sogni si ridimensionano. Si spera in piccolo, consapevoli che, forse, per essere felici non è necessario cambiare il mondo, ma solo il pezzetino intorno a te.




domenica 21 dicembre 2014

Se stasera siamo qui di Catherine Dunne

Claire che passa da un uomo sbagliato all'altro, consapevole che forse non troverà mai quello che cerca. Maggie, sensibile e talentuosa, intrappolata nel suo matrimonio infelice dal quale sogna di fuggire. Nora che ha consacrato la sua vita al ruolo della perfetta casalinga e madre amorevole. Georgie, altezzosa e sprezzante, abituata ad ottenere tutto quello che desidera.
Quattro donne che si conoscono dai tempi dell'università. Quattro donne molto diverse tra loro, per cui però l'amicizia è sempre stata un punto fermo, un porto sicuro nel quale ripararsi dalla tempeste della vita.
Stasera è una serata speciale: si riuniscono per festeggiare venticinque anni della loro amicizia, un'occasione non solo per gioire ma anche per fare un bilancio. Ma una di loro ha già deciso che non ci sarà.
La cena finale di "Se stasera siamo qui" è la tappa finale di un cammino che l'autrice Catherine Dunne costruisce pagina dopo pagina, alternando i diversi punti di vista della narrazione. Sarà lì che verranno svelati segreti che prendono forma mano a mano che  il racconto si dipana. Durante la lettura ci si accorge infatti che ogni avvenimento non viene mai svelato completamente direttamente dalla protagonista in persona, ma viene rivelato piano piano attraverso le altre voci femminili.
Questo romanzo è come la vita: non è un cammino lineare ma un intreccio di verità velate, non-detti, bugie, sentimenti repressi, persone che non sono quello che sembrano. Un gioco sottile tra segreti e mezze verità, mentre il filo dell'amicizia continua a legare i destini e le scelte di Maggie, Georgie, Claire e Nora. 

Indicazioni terapeutiche: per chi ha passato ore a sfogarsi per un amore infelice ed è stata consolata, per chi può confessare i suoi segreti più profondi ad un'altra consapevole che non sarà tradita, chi ha la fortuna di avere una amica vera.

Effetti collaterali: il libro è un affresco dell'universo femminile, che è fatto di solidarietà ma anche di gelosie, incomprensioni e, a volte, bugie. Leggendolo si è portati a pensare che l'unica vera amicizia del libro è quella tra Maggie e Georgie. Gli altri rapporti sono meno immediati, meno trasparenti. Ma per questo sono forse meno veri?


mercoledì 17 dicembre 2014

L'aiuto di Kathryn Stockett

Cosa hanno in comune una giovane borghese aspirante scrittrice e due domestiche afro-americane, una che ha passato la vita a crescere i figli degli altri e l'altra che per colpa del suo caratteraccio non riesce a tenersi un lavoro?
Apparentemente nulla. Ma dal sodalizio di queste tre donne nascerà un progetto che rischia di rivoluzionare non solo le loro vite, ma quelle di tutte le persone che conoscono.
Siamo a Jackson,  cittadina del Missisipi, profondo sud degli Stati Uniti,  anni '60. Eugenia  Phelan, detta "Skeeter", torna a casa, dopo aver frequentato l'università. Il suo sogno è quello di costruirsi una carriera tutta sua come scrittrice. Ma sua madre ha piani diversi: vuole per lei un buon matrimonio. L'unica persona che l'ha sempre appoggiata, la sua balia Constantine, sembra sparita nel nulla.
Eugenia dovrà scontrasi non solo con i pregiudizi che la vogliono una donna dimessa, una mera appendice dell'uomo, con il solo compito di essere una buona moglie e madre, ma anche con il profondo razzismo che impregna la comunità in cui è cresciuta. Decisa a non adeguarsi, inizierà a scrivere un libro, grazie all'aiuto di due governanti  afro-americane, Minni Jackson e Aibileen Clark, con il fine ultimo di denunciare tutti i soprusi e le discriminazioni che sono costrette a subire ogni giorno le donne di servizio nelle famiglie bianche per le quali lavorano.
Kathryn Stockett ha dipinto uno straordinario affresco della società americana ai tempi delle marce di Martin Luther King, nelle quali gridava al mondo 'I have a Dream', tempi in cui anche se la schiavitù non esisteva di più, i neri erano asserviti, sottopagati, maltrattati.
L'autrice riesce far immergere completamente nella storia, alternando momenti quasi comici ad altri di una tragicità estrema, regalandoci un libro che fa sorridere, commuovere, indignare e riflettere.

Indicazioni terapeutiche:  per chi lotta non solo per la propria dignità ma anche per quella altrui, per chi crede che abbiamo tutti gli stessi diritti, per chi professa  l'uguaglianza e la libertà di ogni uomo.

Effetti collaterali: È impossibile non rimanere sconvolti leggendo le angherie perpetrate dalle signore bianche della borghesia ai danni delle loro donne di servizio, che trascorrevano la loro vita a prendersi cura di famiglie non loro. L'indifferenza, il disprezzo, la non-curanza nei confronti di altri essere umani lascia basiti. Oggi più che mai libri come questo DEVONO essere letti perché alla porte del 2015, il razzismo non è stato ancora sconfitto, ma anzi la strada da percorrere è ancora lunga.



lunedì 15 dicembre 2014

Rosso Istanbul di Fernan Ozpetek

Un regista turco che vive da anni a Roma decide di tornare a Istanbul, prima che l'edificio che è stata la sua casa venga demolito definitivamente.  Cresciuto circondato da sole donne, il padre e il fratello lontani, in una sorta di originalissimo harem verrà investito dai ricordi: i giochi da bambino, il primo amore, le zie, le stravaganze della madre bellissima.
Anna è in viaggio di lavoro con il marito e due colleghi, non può immaginare certo quello che il destino ha in serbo per lei. Si ritroverà sola, confusa e troverà conforto nei vicoli della città vecchia, nei suoi hamam, nel ritmo lento della vita che non si stanca mai.
Due vite che sembrano scorrere parallele senza incontrarsi mai ma che, come due fili di un arazzo, sono destinate a intrecciarsi.
Ferzan Ozpetek ci trasporta nella sua città natìa, regalandoci sprazzi della sua memoria che, come il rosso e il blu di un tramonto infuocato sul Bosforo, lambiscono il cuore.
Chi ama i suoi film non potrà non apprezzare il libro, un emozionante viaggio in una città magica e nei sentimenti. Con la sensibilità che lo contraddistingue Ozpetek confeziona uno straordinario inno all'amore nelle sue mille sfumature: amore non solo tra uomo e donna (o persone dello stesso sesso), ma amore per la propria famiglia e anche, perché no, per sé stessi.

Indicazioni terapeutiche: per chi sogna le atmosfere delle città d'Oriente, per chi ha nostalgia del proprio passato o al contrario vuole fuggire dal proprio presente, per chi vuole perdersi per ritrovarsi.

Effetti collaterali: sembra quasi di respirare l'aria salmastra trasportata dal mare, sentire le preghiere del muezzin, intravedere il sole che tramonta dietro la cupola della Santa Sofia, la chiesa-moschea simbolo di Istanbul. La nostalgia per un luogo che non avete mai visitato sarà tale che programmerete il prossimo viaggio in Turchia.



domenica 14 dicembre 2014

Presentazione libro "L'unica cosa che non cambia" di Laerte Neri

Ieri sabato 13 dicembre presso la Casa dei Giovani di Querceta si è tenuta la presentazione del nuovo libro di Laerte Neri L'unica cosa che non cambia (edito da Marco del Bucchia Editore), organizzato  dal circolo culturale "Sirio Giannini". L'incontro è stato presentato da Giuseppe Tartarini ed io ho avuto il piacere e l'onore di intervistare l'autore.
Laerte Neri è un giovane scrittore, nato a Forte dei Marmi che abita a Querceta, autore non solo di prosa, ha esordito nel 2012 con Il mio primo capodanno, ma anche di testi teatrali quali Se io fossi te e R...esistere. Tredici buoni motivi per rinunciare al suicidio.
L'unica cosa che non cambia è un'antologia di racconti che prova a confrontarsi con temi quali l'amore, il diventare adulti, il senso della vita. L'autore, come ha precisato durante la nostra intervista, non ha voluto mandare un messaggio, ma ha provato a farsi delle domande: chi siamo? cosa vogliamo? perché siamo qui? 
Il tema centrale, come sottolinea Daniele Pierotti nella prefazione, sono i riti di passaggio, i momenti di crisi che i personaggi si trovano ad attraversare. Ma parla anche di speranza. Ciascun protagonista infatti, pur in una situazione di difficoltà e smarrimento, non si tira indietro, convinto dell'esistenza di una luce, una gemma, un lieto fine possibile per tutti. Perché nonostante tutto, come ci ha ricordato Laerte, anche se viviamo in un mondo di non possibilità, non si deve mai perdere l'ottimismo, la convinzione che guidati dai nostri desideri si può plasmare la realtà, cambiare lo stato delle cose.
E nei suoi racconti si percepisce tutto questo.
Ci sono Anna e Marco, due persone imperfette, che provano ad unire le loro incompletezze, perché a volte può accadere che scavandosi dentro e ripartendo da noi stessi si trova la soluzione alle difficoltà della vita, perché a volte meno per meno fa più.
Poi c'è la storia di Rita e Giacomo, la relazione tra un ragazzo ventottenne e una donna più grande sposata che fa la catechista. L'autore si interroga su cosa sia il peccato, sulla nozione dell'errore, perché se poi una persona sbaglia in buona fede conta lo stesso?
C'è la storia di Marco Fortuna, tredicenne alle prese con le insicurezze adolescenziali, con la fatica di uscire dal bozzolo per spiegare le proprie ali da adulto.
Ho domandato a Laerte se la scelta di ambientare le sue storie in Versilia fosse una scelta pensata. Mi ha risposto che sì, che è voluto partire dalle cose che conosce, dai luoghi che ama come la Versiliana, piazza Duomo a Pietrasanta, il ponte del Principe ( nota di merito alla bellissima copertina di Tommaso Jardella che lo ritrae) per raccontare e raccontarsi. 
Gli ho chiesto cosa significasse per lui la scrittura e mi ha dato una risposta che mi profondamente colpito. "La scrittura è stata una via di fuga, una possibilità, mi ha salvato". Perché, da operatore teatrale qual è, Laerte ci ha ricorda che se il teatro è portare fuori le emozioni che si provano dentro, scrivere è provare a dare un senso alle complessità della realtà che ci circonda, farci i conti e darle una forma.
Come dicevo, il libro parla di riti di passaggio, che sono allo stesso tempo momenti di crisi ma anche di rinascita, possibilità di reinventarsi, di essere nuovi in un mondo in continuo divenire.
E allora la domanda è: cos'è l'unica cosa che non cambia?
Temo che per scoprirlo dovrete leggere il libro. 


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giovedì 11 dicembre 2014

Vita dopo vita di Kate Atkinson

Ursula Todd, appena nata, è morta strozzata dal suo stesso cordone ombelicale. A quattro anni è annegata mentre giocava con la sorella. A cinque anni è caduta dal tetto. Ad otto anni è morta a causa di un'epidemia di influenza. A trent'anni è caduta sotto i bombardamenti dei tedeschi su Londra.
Ma ogni volta, per uno strano scherzo del destino, ha avuto una seconda possibilità, tornare indietro per beffare la morte. Fintanto la possibilità di cambiare il corso della storia trovandosi faccia  a faccia con Hitler.
Si tratta di un vero  e proprio genere letterario: Ucronia. Dal greco "nessun tempo" (da οὐ = "non" e χρόνος = "tempo"), per analogia con utopia che significa "nessun luogo", indica la narrazione di quel che sarebbe potuto succedere se un preciso avvenimento storico fosse andato diversamente.
Quelle che Ursula vive non sono però, in realtà, vite parallele ma tante possibili versioni di sé stessa, che si realizzano di volta in volta. Perché aldilà delle innumerevoli vite, Ursula è una donna ordinaria, con una vita a tratti quasi noiosa, impegnata nel disperato tentativo di salvare, oltre a sé stessa, le persone che incontrerà sul suo cammino.
Kate Atkinson ci consegna un romanzo particolarissimo, di difficile definizione, tra il romanzo storico (nota di merito per la fedele ricostruzione della Londra durante la seconda guerra mondiale) e quello di fantascienza.
Il lettore si trova invischiato in una continua manipolazione, a metà tra la tensione narrativa e la sospensione dell'incredulità. Bisogna leggerlo per capire.
Di sicuro è un opera unica nel suo genere, altrimenti non si spiegherebbe il successo strepitoso che ha avuto. Vita dopo vita è stato infatti eletto libro dell'anno dal New York Times e dal Guardian, vero e proprio caso letterario del 2013, del quale sono già stati venduti anche i diritti cinematografici.

Indicazioni terapeutiche: per gli amanti dei possibili futuri, per chi si chiede sempre come sarebbe stato se...

Effetti collaterali: cosa accadrebbe se avessimo la possibilità di vivere più volte la nostra vita? Alla fine impareremmo dai nostri sbagli raggiungendo la perfezione?
Personalmente credo che se potessi tornare indietro cambierei molte delle scelte che ho fatto, con la consapevolezza però, che non farei meno errori, ma soltanto errori diversi.

martedì 9 dicembre 2014

Alta fedeltà di Nick Hornby

Oggi voglio parlarvi di Alta fedeltà di Nick Hornby, romanzo simbolo degli anni 90, che narra le nevrosi di trentacinquenne perennemente insoddisfatto della propria vita.
Rob Fleming è un ex dj, proprietario di un negozio di dischi usati, mollato dalla fidanzata storica. La sua vita fa acqua da tutte le parti. Unico vero amore, mai messo in discussione, la passione per la musica.
Il senso di fallimento lo spingerà a compiere un viaggio introspettivo alla ricerca della vera causa del suo malessere. Con tono ironico e dissacrante l'autore ci trasporta dentro le vicende amorose, passate e presenti del protagonista, alla disperata ricerca di riconquistare Laura, la donna della sua vita. Rob Fleming incarna alla perfezione la tipologia dell' immaturo, che rifugge ogni responsabilità e ogni legame duraturo, terrorizzato dall'idea che impegnarsi seriamente in qualcosa gli precluda altre possibilità.
Ma questo romanzo è molto di più: è il manifesto di una generazione scoraggiata e contraddittoria che naviga a vista, avendo ormai perso ogni speranza nei grandi ideali, ma che, allo stesso tempo, ha capito che vivere vuol dire qualcosa di più di svegliarsi la mattina e trovare un modo di arrivare alla fine della giornata. Quello è sopravvivere. Allora l'amore, come i sogni e le passioni, sono l'unica cosa che da' un senso alla vita.
Nessuno come Hornby riesce a descrivere le idiosincrasie del mondo in cui viviamo, alternando passaggi divertenti e graffianti ad altri velatamente malinconici, dipingendo un'affresco dei trentenni di oggi (anche se il libro fa riferimento agli anni '90) alla prese con le proprie paure e le conseguenze delle proprie scelte, alla ricerca di sé stessi e di equilibrio che sembra non arrivare mai.

Immagine tratta dall'omonimo fil con John  Cusack (2002)
Indicazioni terapeutiche: per chi ama follemente la musica e ha passato la sua adolescenza a collezionare vinile ( e ancora non ha smesso),
Per gli eterni peter-pan e per le donne che si sono stancate di averli accanto. 

Effetti collaterali: il protagonista è la personificazione dell'uomo post-moderno, nevrotico, depresso cronico, inconcludente, che fuggendo dal proprio passato e temendo il futuro si trova costretto a rifugiarsi in un eterno presente. Ma solo facendo progetti e rischiando si può sfuggire alla condanna di una vita piatta e monotona.


venerdì 5 dicembre 2014

La briscola in cinque di Marco Malvaldi

Mettete insieme un omicidio, un barista un po' burbero ma dall'intuito infallibile e un gruppo di arzilli vecchietti toscani. Cosa ottenete? La Brisicola in cinque di Marco Malvaldi.
La trama è semplice (quasi minimale direi): in una piccola cittadina immaginaria della costa livornese, Pineta, una ragazza dalla reputazione non impeccabile viene ritrovata morta in  un cassonetto. Nel paesino i pettegolezzi si sprecano. Chi sarà stato? Le indagini, guidate dal non particolarmente brillante commissario Fusco, languono. Toccherà a Massimo, barista laureato dal carattere spigoloso, trovare il bandolo della matassa.
Sebbene gli elementi del giallo ci siano tutti, il delitto sembra quasi un escamotage per narrare le dinamiche di un piccolo paese. La vera protagonista è la provincia toscana, con le sue chiacchere da bar,  le vecchiette nascoste dietro le persiane, l'umorismo e lo sfotto' (tipico modo di prendersi in giro benevolmente). Insomma la vita quotidiana di quei quei luoghi dove tutti si conoscono e sanno tutto di tutti, senza che nessuno si sogni di mettere in discussione questo modo di vivere.
Perno della narrazione è il BarLume, il locale gestito dal protagonista, frequentato da un gruppetto di ottantenni, Ampelio, Aldo, Pilade e il Rimediotti, che passano le loro giornate  a giocare a carte e litigare tra loro. I dialoghi, pervasi di ironia, strappano più di un sorriso e ci catapultano in una dimensione dove il tempo sembra essersi fermato.
Malvaldi scrive bene, lo stile è lineare, a tratti brillante. I punti forte del libro sono, senza dubbio, i passaggi in dialetto e la caratterizzazione del protagonista Massimo e dei vecchietti, mentre gli altri personaggi minori sono appena abbozzati.
Forse il libro ha poco del giallo puro (il vero colpevole si intuisce troppo presto) ma la lettura piacevole e divertente fa divorare il racconto pagina dopo pagina.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama le atmosfere della provincia, i personaggi sarcastici e l'umorismo toscano.

Effetti collaterali: Un vero e proprio scorcio di vita quotidiana, che sa di nostalgia per chi come me è cresciuta in un paesino che ricorda molto Pineta, e incuriosirà di certo anche chi non è toscano. Il libro lascia in bocca un gusto di cose andate, le partite al biliardino, il bicchiere di spuma bionda, il nonno che gioca a carte coi suoi amici, nostalgia per luoghi ed emozioni che non ritorneranno più.

mercoledì 3 dicembre 2014

Steve Jobs di Walter Isaacson

Un inno alla creatività, alla volontà, alla caparbietà. Walter Isaacson ci regala un ritratto a 360 gradi di Steve Jobs, una delle figure che ha contribuito a cambiare per sempre il mondo in cui viviamo.  Il creatore della Apple, prima di tutti, ha infatti capito l'importanza di coniugare i concetti di design e tecnologia, intuendo l'importanza che il marketing avrebbe via via assunto nel mercato mondiale (basti pensare alla pubblicità del lancio del Macintosh nel 1984 che viene ricordata ancora oggi come un  spot simbolo di un'epoca ).
Lo hanno definito pazzo, visionario, odioso, geniale, incredibile, arrivista, sognatore. Un uomo che ha saputo suscitare sentimenti contrastanti, insomma. Di sicuro,  non si può fare a meno di detestarlo  e ammirarlo allo stesso tempo.
Attraverso centinaia di colloqui con Jobs stesso e con parenti, amici e colleghi, l'autore ha ricostruito la straordinaria parabola di un ragazzo che, partendo dal garage di casa sua, ha costruito un'azienda che oggi è una delle più quotate del mondo.
Il racconto non parla solo delle geniali intuizioni di Jobs ma anche del suo carattere non facile, che spesso lo ha portato a scontrarsi proprio  con le persone a lui più vicine.
Nel complesso credo che il libro sia caratterizzato da una certa obiettività. Non sono state tralasciate infatti testimonianze, poco eloquenti a dire la verità, relative alle stravaganze di Jobs, come il fatto che non si lavasse frequentemente perché convinto che la sua alimentazione rendesse inutile la doccia, né si è soprasseduto sulle scorrettezze che Jobs faceva senza la minima capacità di sentirsi in colpa, testimoniando la volontà di raccontare un uomo nella sua interezza.
La parte finale l'ho trovata forse un po' troppo celebrativa, la critica viene un po' meno ed è lasciato più spazio all'azienda Apple che al suo fondatore.
Il libro non è certo breve (più di 600 pagine) ed in alcuni punti il ritmo è un po' lento, ma merita leggerlo per conoscere a fondo una figura così carismatica, piena di luci ed ombre, che ha lasciato un segno così profondo nell'immaginario collettivo, non solo per ciò che ha costruito ma per il suo modo di essere.

Indicazioni terapeutiche: consigliato a tutti i visionari, a quelli che inseguono i loro sogni a dispetto di tutto e di tutti, a  coloro che ce l'hanno fatta perché non hanno mai mollato.

Effetti collaterali: Steve Jobs diceva: “Qualche volta quando innovi fai degli errori. E’ meglio ammetterli velocemente e continuare migliorando le altre innovazioni”. Quello che colpisce di più, aldilà dell'indubbia genialità che lo ha portato a rivoluzionare l'idea stessa di personal computer e di comunicazione, è l'estrema caparbietà. Steve Jobs, prima di tutto, è stato un uomo che non ha mai ridimensionato le sue aspettative solo perché gli altri le avevano giudicate troppo esagerate. Anzi. Con arroganza ha portato avanti i suoi progetti, sbagliando e fallendo a volte, ma alla fine ha dimostrato al mondo intero che le sue intuizioni erano giuste. Una lezione da cui ognuno di noi può trarre qualcosa.



domenica 30 novembre 2014

La vita perfetta di William Sidis di Brask Morten

Come scritto in un post precedente, qualche settimana fa sono andata alla Pisa Book festival dove ho potuto assistere alla presentazione del libro La vita perfetta di William Sidis dello scrittore danese Brask Morten. Si tratta appunto della biografia romanzata di William Sidis, considerato l'uomo più intelligente della storia, ancora oggi infatti appartiene a lui il quoziente intellettivo più alto mai misurato.
Willima Sidis (1898-1944) è stato un bambino prodigio: a 18 mesi legge il New York Times, a 4 anni impara da solo il greco e latino, a 11 presenta ai più insigni professori di Harvard la sua teoria sulla Quarta dimensione. Probabilmente possedeva la cosiddetta memoria eidetica, una variante delle memoria fotografica, la capacità tipica dei bambini che permette di fissare concetti a immagini preconfezionate (l'esempio più eclatante è quello di Wolfgang Amadues Mozart).
Sebbene tutti lo addidassero come un genio, i genitori Boris e Sarah Sidis, immigrati dall'Ucraina ed entrambi medici, hanno continuato a sostenere che il figlio non fosse straordinario ma solo il risultato di un'educazione ben riuscita.
Le sue indubbie notevoli capacità non gli hanno regalato però una vita felice: durante gli studi è sempre stato vessato dagli altri alunni molto più grandi lui e, in generale, è sempre stato una persona timida  e riservata. Oggi gli studiosi ipotizzano che soffrisse di una forma di sindrome di Asperger, una condizione assimilabile all'autismo. Le persone che ne soffrono hanno una sviluppatissima capacità di elaborare informazioni ma provano disagio nel gestire l'empatia e le relazioni sociali.
Emblematico l'episodio quando, ancora sedicenne, durante una lezione all'università distribuisce le dispense di geometria redatte da lui stesso. La classe gli si rivolta contro e abbandona l'aula. Sconcertato non capisce cosa sia successo: aveva scritto il materiale didattico in greco antico cosa che a lui era sembrata totalmente logica.
Nel 1919 viene arrestato durante una manifestazione socialista. In seguito al processo i suoi genitori lo sequestrano per un anno nel loro sanatorio. L'episodio contribuirà ad allontanare William per sempre dalla sua famiglia.
Abbandonato l'insegnamento, si limiterà a passare da un lavoro saltuario all'altro, avendo cura di restare nell'anonimato. Morirà da solo a 46 per emorragia cerebrale.
L'autore Brask Morten ricostruisce la vita del protagonista attraverso salti temporali dalla sua infanzia alla vita adulta. Quello che ne emerge è una grande solitudine, bambino prodigio incompreso da suoi stessi genitori, adulto condannato dalla sua stessa "grandezza" a vivere da emarginato.

Indicazioni terapeutiche: per gli amanti delle biografie, per chi desidera conoscere il tormento che si nasconde dietro il talento.

Effetti collaterali: durante una conversazione con il suo amico Sharfman, William gli ricorda: "Non esiste una vita migliore di un'altra. Devi cercare di scegliere il cammino che tu ritieni più giusto. Così raggiungi una sorta di perfezione nella tua vita. Anche se agli altri non sembrerà tale."
Forse il segreto è quello: scegliere una strada e percorrerla fino in fondo, consapevoli che né l'intelligenza né le altre capacità possono metterci al sicuro dalle tempeste della vita.



giovedì 27 novembre 2014

La sposa silenziosa di A.S.A. Harrison

Jodi e Todd sembrano una coppia perfetta: psicoterapeuta part -time per dedicarsi meglio al suo ruolo di compagna di vita lei, rampante uomo d'affari lui. La loro agiata vita scorre tranquilla su solidi binari. La realtà è ben diversa: Todd è un uomo gretto e meschino, nonché traditore seriale. Jodi conosce la verità, ma nonostante per lavoro sia abituata a scavare nell'animo delle persone, preferisce mentire a sé stessa. 
Fino al giorno in cui il loro fragile equilibrio precipita: Todd mette incinta una ragazza molto più giovane di lui e, da un giorno dall'altro, lascia Jodi. La situazione si complica quando quest'ultima scopre di non avere diritto a niente, in quanto lei e Todd non si erano mai sposati legalmente. 
A Jodi sembra di essere precipitata in un incubo: tutti quegli anni passati a prendersi cura di lui, cercare di essere una perfetta "moglie", una perfetta amante, spazzati via con un colpo di spugna. Cosa ne sarà della sua vita? Come risvegliatasi da un sogno profondo, si accorgerà che deve scegliere tra lottare per i propri diritti o essere una "sposa silenziosa".
L'autrice A.S.A. Harrison, scomparsa prematuramente nel 2013 poco dopo la pubblicazione del suo libro, ci ha donato un 'opera in bilico tra il thriller e il romanzo psicologico, che ci fa interrogare sulle mille sfaccettature della vita di coppia e su come ancora oggi molte donne, seppur colte e apparentemente indipendenti, vivano all'ombra dei propri compagni.
Il libro è un po' lento, forse un po' troppo per un thriller: l'inizio è buono ma poi l'intreccio perde d'intensità e il finale non è all'altezza delle aspettative.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i thriller psicologici.

Effetti collaterali:  La storia è raccontata attraverso i due diversi punti di vista dei protagonisti, ma sebbene sia ovvio (almeno per le donne, suppongo) simpatizzare con la parte femminile, nella seconda parte del libro Jodi ci appare fredda, priva di ogni empatia. La domanda che viene da porsi è: conosciamo davvero chi abbiamo accanto?  O le persone messe alle strette sono disposte a tutto, spinte dal proprio istinto di autoconservazione?

lunedì 24 novembre 2014

Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne

Durante l'incontro sulla cultura di genere tenutosi a Cardoso sabato 22 novembre, Giusi Fasano ha citato il titolo Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne, che racconta storie di donne maltrattate raccolte attraverso LA 27ESIMA ORA, blog curato da un gruppo di giornaliste del Corriere della Sera.
L'opere nasce con l'intenzione di gettare i riflettori sul dramma della violenza domestica, divenatata oggi una vera e propria emergenza sociale, alla quale la politica non sembra purtroppo ancora capace di dare una risposta.
La domanda che molti, anche le giornaliste, si pongono è: perché le donne non denunciano? Perché sebbene maltrattate da mariti, compagni e fidanzati scelgono di subire? Cosa spinge una donna, adulta ed "apparentemente libera", a rimanere accanto al suo aguzzino?
Il libro riporta senza filtri le testimonianze di molte di loro: c'è la storia di Maria, a cui il marito urlava in continuazione "Sei un'incapace", quella di Ileana, stuprata davanti ai figli, e di Sara, per cui il marito era una droga da cui non riusciva a staccarsi sebbene lui la picchiasse.
Dai racconti emerge come la maggior parte di loro pensasse di meritare le sevizie, altre erano animate dalla sindrome della crocerossina "Io ti salverò", molte hanno vissuto anni paralizzate dalla paura, incapaci di reagire.
Ma soprattutto tutte erano donne sole. Sole davanti all'indifferenza della gente, che anche se sa preferisce fare finta di nulla, sole di fronte alle istituzioni, che troppo spesso  pensano che la violenza domestica sia ancora un problema che si debba risolvere dentro le mura di casa.
Questo libro, nato da un'inchiesta giornalistica, si interroga sulla guerra che pare oggi essersi aperta tra uomini e donne: su come le dinamiche della coppia si siano  evolute negli ultimi cinquanta anni e come ciò abbia destabilizzato le relazioni tra i due sessi. Perché il problema delle donne maltrattate è soprattutto un problema degli uomini, uomini malati e disfunzionali. Di come drammi privati sono diventati pubblici, specchio di una società che pare abbia smarrito sé stessa.

Indicazioni terapeutiche: per le donne maltrattate ma non solo, perché la violenza non riguarda solo chi la subisce ma tutta la collettività, perché nessuna si merita le botte, gli insulti, le violenze psicologiche, perché nessuna si merita un non-amore.

Effetti collaterali: è difficile per chi non ha vissuto un'esperienza simile capire, spesso ci si ferma al primo sguardo, alla compassione. Lea Melandri, scrittrice e giornalista che da sempre si occupa del tema della problematica dei sessi, sostiene che capire è salvarsi. Solo capendo e riflettendo sulla complessità della questione infatti si può avviare un processo di cambiamento culturale, che passa per l'educazione e la presa di coscienza che ancora molto deve essere fatto sul piano della parità di genere.


domenica 23 novembre 2014

Incontro "Verso una cultura di genere: interventi nella società e nella politica"

Silvia Valentini "Annihila Tion" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini
Ieri sabato 22 ho partecipato all'incontro "Verso una cultura di genere: interventi nella società e nella politica" che si è tenuto al Palazzo della Cultura di Cardoso, organizzato dagli assessorati alla Cultura e al Sociale del Comune di Stazzema.  Sono intervenuti Giusi Fasano, giornalista del Corriere della Sera, Wanda Pezzi, consigliera regionale per le Pari Opportunità,  la senatrice Manuela Granaiola e Michele Morabito, responsabile dell'Ufficio Cultura di Stazzema in qualità di moderatore.

Da destra: Wanda Pezzi, Manuela Granaiola, Giusi Fasano e Michele Morabito
L'argomento, sebbene molto attuale, era non di non facile sviscerazione: possiamo parlare oggi di cultura di genere? Ovvero viviamo in un mondo a misura di donna, oltre che di uomo?
La risposta unanime, purtroppo, è ancora no. Ancora no perché come ha testimoniato Giusi Fasano, autrice del libro "Io ci sono" che ricostruisce  la vicenda di Lucia Annibali, sfigurata dall'acido dal compagno rifiutato, una donna su tre è vittima di violenze. Ma il quadro è sicuramente più grave: in effetti non esiste una banca dati degli cosiddetti "femmincidi", senza contare tutti gli episodi che rimangono nel sommerso. Molte donne vivono maltrattate da compagni, mariti, conviventi: perché non denunciano? I motivi sono molti alcuni di natura economica, altri più profondi hanno a che fare con l'autostima, la dignità e il rispetto per sé stesse. Il fatto è che accettiamo l'amore che crediamo di meritare. E allora quando si sceglie, nonostante le sofferenze, di vivere un "non-amore", perché di questo si tratta, il problema non è più solo di quelle donne, ma è di tutti. Si tratta di un problema culturale.

Giusi Fasano

Cosa si può fare? E , soprattutto, cosa è stato fatto?
A livello istituzionale, un passo avanti è stato compiuto con la legge sul femminicidio dell'ottobre 2013, che ha inasprito le pene e le misure cautelari, introducendo l’arresto in flagranza obbligatorio per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking e le aggravanti quando i maltrattamenti avvengono in presenza di minori e contro le donne incinte.
Ma come ha sottolineato la senatrice Graniola c'è ancora molto da fare. Il lavoro più grande non riguarda tanto la repressione ma la prevenzione. Fare prevenzione significa lavorare sulla mentalità delle persone, lavorare cioè nella direzione di un cambiamento culturale. Cambiamento che passa anche per il mondo del lavoro, perché come ha ricordato Wanda Pezzi, le organizzazioni e le imprese sono ancora esclusivamente a misura d'uomo. Una donna che sceglie di fare carriera investendo su stessa si trova a fare i conti con una realtà che non tiene in nessuna considerazione il suo duplice ruolo di lavoratrice-colonna portante della famiglia. Come allo stesso modo non si è ancora imposto un modello di leadership femminile: chi raggiunge una posizione di potere lo fa emulando e simulando atteggiamenti e modelli di comportamento maschili. Ma sono le qualità prettamente femminili, come la predisposizione all'ascolto e alla conciliazione, che costituiscono da sempre una marcia in più delle donne.

Martina Paoli "Dolce Amaro" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini
La domanda che allora ci dobbiamo porre è: cosa si intende oggi quando si parla di coscienza di genere?
Per molte donne, negli ultmi anni, l'idea è stata quella di perseguire l’unità in quanto aventi un utero, come se bastasse stabilire un’appartenenza di genere, anche a discapito della considerazione dei meriti individuali, per riuscire a imporsi. Molte invece pensano sia sbagliato compattarsi solo sulla base dell'appartenenza invece che per le proprie opinioni personali.
Nell'incontro oggi è stato ripetuto più volte che le donne non sono soggetti deboli, che se non raggiungiamo le stesse posizioni di comando, nel lavoro come nella politica, è perché non crediamo abbastanza in noi stesse, che non abbiamo ancora realizzato quando siamo brave.

Diletta Bellani "La Gabbia" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini

La questione è, a mio avviso, che essere donna oggi è più difficile: abbiamo raggiunto l'indipendenza, lavoriamo, ci occupiamo delle famiglia, dei figli, della casa. Corriamo per tutta la giornata da una parte all'altra con il terrore di dimenticarci qualcosa. Multitasking, ci chiamano.  La verità è che non possiamo essere diverse, che non ci è permesso mollare. Allora credo che il primo vero passo sia fermarsi, realizzare che non dobbiamo essere perfette, che possiamo fallire. Che, come ha detto Giusi Fasano, vivremo davvero in società che tiene conto della cultura di genere quando potremmo permetterci di essere mediocri.


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venerdì 21 novembre 2014

Non volare via di Sara Rattaro

Matteo è nato sordo. I suoi genitori però non si sono arresi: Sandra ha rinunciato al suo lavoro per poterlo seguire meglio e Alberto  ha sempre messo la famiglia prima di tutto, certo che l'amore sarebbe bastato a farli restare uniti e superare ogni difficoltà. Anche Alice, la  figlia maggiore, costretta forse a crescere troppo in fretta, non ha mai smesso di impegnarsi affinché il suo fratellino non si sentisse diverso.
Finché un giorno che come un uragano irrompe nella vita di Alberto un altro amore dal passato, un amore mai dimenticato che spazza via ogni certezza. E quella che sembrava un sodalizio indistruttibile crolla come un castello di carte.
Il libro di Sara Rattaro ci trasporta nella realtà di due genitori che si ritrovano a fare i conti con l'handicap del loro figlio. Di come non ci si arrende ma si costruisce ogni giorno un pezzetto di quotidianità, una vita faticosa e fragile allo stesso tempo. Ma il racconto parla anche di come tutto quello che si è costruito può essere distrutto, e che in una frazione di secondo tutto può cambiare.
In realtà, ad una seconda analisi, il tema della disabilità appare più un escamotage che il pilastro portante della trama.  Il vero protagonista non è Matteo ma bensì  Alberto, diviso tra l'amore per la famiglia e Camilla, la sua antica fiamma.
Potremmo dire che quello dell'autrice è un valido tentativo di raccontare delle dinamiche familiari interrogandosi su cosa che tiene due persone insieme. L'amore, i figli, l'abitudine?
Forse il tono è talvolta stucchevole e il punto di vista prettamente femminile ma l'autrice ci consegna la storia di di una famiglia che è allo stesso tempo speciale e normalissima, in cui ognuno di noi può riconoscersi.

Indicazioni terapeutiche: per il pubblico femminile che ama i libri introspettivi e gli amori lacrimevoli. Per chi crede che famiglia significhi restare, a dispetto di tutto e di tutti, superando ogni ostacolo insieme.

Effetti collaterali: Tolstoj diceva che tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ma ogni famiglia infelice è infelice a suo modo. Probabilmente è vero. Perché forse è vero che inseguiamo tutti la chimera della passione che brucia l'anima ma la vera  felicità sta nel prendersi la mano e, senza dire nulla, capire che insieme tutto è possibile.


mercoledì 19 novembre 2014

Presentazione "Un prete indifeso in una storia metà" di Giuseppe Vezzoni


Copertina, Pezzini Editore

Lunedì 17 novembre presso Villa Bertelli a Forte dei Marmi ho avuto il piacere di assistere alla presentazione della seconda edizione integrata e corretta del libro "Un prete indifeso in una storia a metà scritto. Don Giuseppe Vangelisti e il suo memoriale" scritto da Giueseppe Vezzoni. 
Oltre all'autore, all'incontro hanno partecipato Ezio Marcucci, in funzione di moderatore, il prof. Paolo Verona, curatore della seconda edizione del volume, e il  cav. Ennio Bazzichi, testimone oculare della strage di Sant'Anna e grande amico di don Vangelisti.
L'opera, come l'autore stesso ha sottolineato durante l'incontro, nasce dalla volontà di riabilitare la figura di Don Giuseppe Vangelisti, parroco della frazione di La Culla per sessanta anni. Questo sacerdote è stato per molti anni considerato un importante testimone oculare dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema avvenuto il 12 agosto 1944, avendo prima dato degna sepoltura alle vittime e, in seguito, sostenuto moralmente i superstiti. Alla sua morte però e, soprattutto dopo la pubblicazione del suo ultimo memoriale postumo nel 1997, il giudizio storico su questa figura è stato completamente ribaltato. Don Vangelisti fu bollato come anti-partigiano e il suo ricordo è caduto dell'oblio, abbandonato non solo della popolazione ma anche delle autorità.

Giuseppe Vezzoni

Vezzoni, con un stile proprio del  giornalismo d'inchiesta, ricostruisce non solo la vicenda del sacerdote ma apre un capitolo più ampio su quello che è stata la strage di Sant'Anna, confutando  tutte le false ricostruzioni e ripercorrendo tutte le fasi della ricerca della verità fino alla storica sentenza del processo di la Spezia del 2005 che condanna 10 ufficiali delle SS che presero parte all'eccidio.
Il libro è ricco di materiali e documenti e analizza in maniera dettagliata, quasi pignola,  le questioni che sono rimaste ancora aperte, come alcune testimonianze che ancora oggi appaiono controverse (quella del caporale Adolf  Beckerth ad esempio).
L'obiettivo è presentare i fatti nella maniera più imparziale possibile affinché il lettore possa poi essere in grado di farsi un'opinione propria. Quello che l'autore ricerca è la verità storica sgombra da ogni visione politica o particolarista. 
Chi, come me, è nato in Versilia conosce la tragica vicenda di Sant'Anna ma devo ammettere che ignoravo che, a distanza di 70 anni, ci fossero ancora tante contraddizioni e tanti lati oscuri non ancora chiariti. Proprio per questo il lavoro di Vezzoni è ancora più degno di ammirazione: la ricerca della verità, forse troppo spesso sacrificata sull'altare delle logiche politiche e della ragion di Stato, è un obbligo morale per onorare la memoria delle vittime che persero la vita quel tragico giorno. 









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domenica 16 novembre 2014

Divergent di Veronica Roth

Divergent è il primo romanzo della trilogia distopica, creata dalla penna di Veronica Roth, che ha avuto un successo planetario e da cui è stato anche tratto un film. 
Il libro è raccontato in prima persona dalla protagonista Beatrice, detta Tris, che vive in una Chicago post-bellica divisa in 5 fazioni. Ognuna di esse coltiva una virtù: gli Intrepidi il coraggio, gli Abneganti l'altruismo, gli Eruditi la saggezza, i Pacifici la pace e i Candidi la sincerità. 
Ogni giovane al compimento dei sedici anni deve scegliere a quale fazione unirsi in e Tris non ha dubbi: vuole entrare a far parte degli Intrepidi. Il test attitudinale ha dato però risultato inconcludente perché in lei non c'è un solo tratto dominante ma addirittura tre. Tris è una Divergente. Ma cosa significa questa parola? Perché improvvisamente ha paura e capisce che non deve farne parola con nessuno?
La protagonista dovrà affrontare il duro allenamento per diventare un'intrepida e si troverà, suo malgrado, al centro di una lotta di potere per chi detiene il controllo sulla comunità.
Il romanzo, pensato per gli young adult, è molto coinvolgente, pieno di azione e colpi di scena e l'immancabile storia d'amore. Lo stile è chiaro e scorrevole e i personaggi ben definiti. 
Il finale volutamente aperto spalanca la strada agli altri due volumi della saga. 

Indicazioni terapeutiche: per chi non si perde un young novel distopico (non importa l'età). Molti elementi rimandano ad altri libri famosi come Hunger Games  ma la storia appassiona e, se si è amanti del genere, ci si ritrova a divorare il volume pagina dopo pagina.

Effetti collaterali: come tutti i romanzi dispotici pone degli interrogativi che fanno riflettere: a cosa l'umanità è disposta a rinunciare per garantire la pace e l'armonia? Cosa vale la pena sacrificare per il bene comune? La risposta è sempre la stessa: una società costruita sulla menzogna è una dittatura perché  non esiste vera libertà senza conoscenza.

giovedì 13 novembre 2014

L'altra di Elvira Serra

L'altra. L'amante. La rovina-famiglie. 
La giornalista Elvira Serra mette in scena la storia autobiografica di un amore clandestino, raccontando la sua esperienza di donna che ha scelto consapevolmente  di amare un uomo non libero.
La storia assomiglia a quella di tante, troppe, donne: lei giornalista di successo sentimentalmente libera, incontra lui, sposato e, forse loro malgrado, si innamorano.
Il resto è facile da immaginare: messaggi e telefonate, incontri furtivi, weekend rubati.  La protagonista non si sente nemmeno "l'Altra" ma una fidanzata sui generis: è perfino facile dimenticare che lui, il suo Mr Darcy, ha una famiglia a mille chilometri di distanza.  
L'innamoramento è vivere in una bolla di felicità che niente e nessuno può intaccare.
L'idillio però è destinato a non durare: come tutti le avevano predetto, nessuna donna può accontentarsi delle briciole. Briciole di felicità, briciole di tempo, sapendo che non le sarà mai possibile condividere una festività, che il ruolo che si è scelta  l'ha relegata in un'angolo, in una vita parallela che scorre accanto a quella ufficiale senza però mai incrociarla. 
L'autrice sceglie di raccontare senza  pregiudizi o falsi moralismi la sua relazione con un tono a tratti ironico, a tratti malinconico. Alla fine resta la consapevolezza che le cose non si possono né forzare né cambiare e si scopre, malgrado tutto, che "la lezione è stata messa in scena affinché noi la metabolizzassimo".

Indicazioni terapeutiche: per le mogli, perché capiscano che le "altre" non sono così poi diverse da loro, e per le amanti, affinché si domandino se ne vale realmente la pena.

Effetti collaterali: l'autrice sceglie di farci partecipi della sua esperienza analizzando i suoi sentimenti senza porsi né come vittima né come carnefice ma come una donna che è stata protagonista della sua storia, che ha vissuto nel bene e nel male e dalla quale si sente uscita migliore.


mercoledì 12 novembre 2014

Pisa Book Festival 2014

Come vi immaginate il paradiso? Io come una fiera dei libri. Libri ovunque. Per questo motivo appena se ne presenta l'occasione, visito librerie, biblioteche, fiere.


Con questo spirito, sabato sono andata al Pisa Book Festival, uno degli eventi più importanti nel settore dell'editoria indipendente, organizzato quest'anno presso il Palazzo dei Congressi.
Una tre giorni che ricca di presentazioni, incontri con scrittori e con gli addetti ai lavori come traduttori ed editori, workshop e seminari. Una full immersione a 360°. Un'occasione unica per entrare in contatto con autori ed editori meno conosciuti ma non per questo meno affascinanti.


I miei acquisti
Personalmente il solo passeggiare in mezzo a tante bibliofili come me mi ha messo di buon umore!
L'unico svantaggio: la tentazione di spendere tutti i miei soldi. Non è stato facile scegliere tra titoli che mi hanno incuriosito ma penso di aver fatto delle scelte interessanti. Tra le altre cose ho assistito alla presentazione del libro "La vita perfetta di William Sidis" di Morten Brask. Sono rimasta così colpita che ho deciso di leggerlo.
A breve le recensioni dei libri che ho acquistato!

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lunedì 10 novembre 2014

The Giver di Lois Lowry

A cosa saremmo disposti a rinunciare per vivere in una società ideale?
Il mondo dove Jonas vive è un mondo perfetto: niente povertà, niente guerre, niente carestie, niente malattie. Un mondo ordinato, sicuro, scandito da ritmi regolari, con regole ben precise che tutti seguono fin dalla nascita. Nulla viene lasciato al caso.
Nella Comunità tutto è già stato deciso: le famiglie vengono assemblate da un comitato, niente figli biologici, e ogni persona al compimento del dodicesimo anno di età riceve la propria designazione, il ruolo che rivestirà per il resto della vita all'interno della società. Non esistono pulsioni sessuali, né ambizioni, né sogni. Nessuna scelta. Il Comitato decide: perché quando le persone hanno la possibilità di scegliere, sbagliano.


Jonas, con sua grande sorpresa, scopre di dover diventare il nuovo Accoglitore di Memorie, colui che ha il compito di preservare la storia dell'intera Comunità. Durante gli incontri con il Donatore, The Giver appunto, l'uomo che dovrà donare a Jonas tutti i suoi ricordi, la storia dell'umanità, Jonas capirà il prezzo che gli uomini hanno dovuto pagare per mantenere l'armonia. Hanno rinunciato ai colori, alla musica, ai sentimenti, alle passioni, alle pulsioni, ai ricordi. A ciò che ci rende ciò che siamo, umani. Così decide di cambiare quel mondo grigio e asettico in cui è cresciuto e non si riconosce più, iniziando un viaggio che non sa bene dove lo condurrà.
Lo scrittore Lois Lowry dipinge un mondo solo in apparenza pacifico: la violenza sta nel soffocare ogni scelta sull'altare dell'Uniformità. I desideri del singolo vengono sacrificati sull'altare dei bisogni di molti.
Una società cristallizzata che reprime ogni forma di diversità e condanna ogni suo membro ad un destino già tracciato, privandolo di ogni possibilità di autodeterminazione, non è forse il peggiore dei mondi possibili?

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i romanzi distopici come Divergenet e Hunger Games.

Effetti collaterali: la domanda che viene da porsi dopo aver letto questo libro è: vale la pena essere perfetti? O rinunciare alla possibilità di sbagliare è quello che ci rende umani?
Ma soprattutto fa riflettere che per annullare il dolore e la coscienza collettiva, vengano nascosti i ricordi passati, la storia. Non siamo forse la somma di tutto ciò che abbiamo vissuto? Se rinunciamo alle nostre esperienze non perdiamo forse noi stessi?

venerdì 7 novembre 2014

Cate, io di Matteo Cellini

Caterina è obesa. Sembra che alla società non interessi sapere altro di lei. Non se ami leggere o che tipo di musica ascolti o quel siano le sue aspirazioni. Importa solo che è grassa. Il suo mondo inizia e finisce tutto con questa unica parola. Una condanna senza appello.
Fuori dalle mura di casa è Cate, una supereroina che sopravvive nell'ostile mondo esterno solo grazie alla sua intelligenza e e al suo sarcasmo. Cate infatti non ha amiche, non ha compiti da copiare, non ha uscite da organizzare. Il suo corpo fuori misura la separa dal resto del mondo: come se fosse murata viva dentro sé stessa.
Solo al riparo di casa sua ridiventa Caterina. A casa tuTto è più facile. D'altronde tutta la sua famiglia è oversize, obesa direbbero gli altri: a differenza sua però ognuno di loro ha imparato, a suo modo,  a farci i conti.
Solo lei sembra essersi cristallizzata nel suo odio verso sé stessa, convinta che il futuro non abbia in serbo per lei nessuna sorpresa.
Ma Caterina non è sola nella sua difficile battaglia nell'accettarsi. Sua nonna e la professoressa di lettere hanno scelto di usare i libri per arrivare alla vera Caterina, quella che è nascosta sotto tutti quei chili, quella che perso l'amore per sé stessa e ogni speranza di ritrovarlo. Riuscirà ad aprirsi un varco nel mondo? Ad amarsi ed essere amata per le cose che pensa, dice e fa invece che per il suo corpo?
Lo scrittore Matteo Cellini ci consegna un libro a tratti crudo in cui dipinge la vita di una diciassettenne obesa alle prese con un mondo dominato dalla cultura dell'immagine. C'è ancora spazio per il diverso? O davvero, come dice l'autore, l'obesità è una categoria che divide le persone dalle non-persone?

Indicazione terapeutiche: per i grassi, per i diversi, per gli "sfigati", per tutti coloro che da adolescenti si sono sentiti tagliati fuori perché non rientravano dentro determinati "canoni" ma che crescendo si sono presi le loro rivincite. Perché la vita è come una maratona: i migliori si vedono sulla lunga distanza.

Effetti collaterali: Sarebbe riduttivo dire che è un libro dell'obesità. Il tema centrale è l'accettazione di sé come unico modo di vivere una piena. A volte quell'accettazione arriva dopo anni. Altre volte basta un amore, come se soltanto vedendoci riflessi negli occhi della persona innamorata scorgessimo il nostro vero io per la prima volta.


giovedì 6 novembre 2014

La verità di Amelia di Kimberly McCreight

Social network, cyber-bullismo, adolescenti viziati e giochi di potere sullo scenario di una New York che ricorda le ambientazioni del telefilm Gossip Girl.
La scrittrice Kimberly McCreight confeziona un giallo pieno di colpi di scena, scegliendo di narrare la storia da diversi punti di vista, ricorrendo ai flashback e ai social media come vere e proprie fonti. Cosa si nasconde dietro la patina di un mondo in apparenza irreprensibile? 
Amelia è una ragazza perfetta: studentessa modello, figlia amorevole, amica fidata.
È una mattina come le altre quando Kate, sua madre, viene interrotta durante una importante riunione da una telefonata della Grace Hall, la prestigiosa scuola di New york che Amelia frequenta, con cui la mettono al corrente che sua figlia verrà sospesa perché scoperta a copiare un compito. Kate molla tutto per precipitarsi a scuola. "Non è da lei" si ripete durante tutto il tragitto.
Ma, giunta a scuola, l'aspetta un orrore ancora più grande: Amelia, a causa della vergogna, si è tolta la vita. Come è possibile che si sia suicidata?
Kate non crede alla verità sostenuta dalle autorità. Quando riceverà un SMS anonimo "Amelia non si è buttata" capirà che le apparenze nascondono una realtà ben più dura. Cercando di vincere il dolore e il senso di colpa, inizierà ad indagare nella vita privata di sua figlia e scoprirà che c'erano dei segreti di cui ignorava l'esistenza. Amelia, incapace come ogni adolescente di sottrarsi alle grinfie del "gruppo", era vittima di bullismo da parte delle sue compagne. Ma perché tanto odio? Solo calandosi in questo mondo di soprusi e cattiverie Kate potrà giungere alla sconvolgente
verità.
Un libro che lascia col fiato sospeso fino all'ultimo e pone degli interrogativi su una generazione che sembra perduta, incapace di gestire le conseguenze delle proprie azioni.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i gialli, per coloro che vogliono capire meglio i giovani  e come si relazionano con i social network. 

Effetti collaterali: la scrittrice mette in scena il dramma di una madre che, non solo deve affrontare la morte della propria figlia, ma si ritrova davanti un mondo di cui ignorava l'esistenza e soprattutto si trova a vivere il peggior incubo di ogni genitore: quello di scoprire di non conoscere affatto i propri figli.


martedì 4 novembre 2014

La lista dei miei desideri di Lori Nelson Spielman

Non so l'avete ancora capito ma ho un debole per i libri che parlano di sogni, di coloro che inseguono la propria stella, di quelle persone che, in un dato momento della loro vita, si rimettono in discussione e partono alla ricerca della vera felicità. 
Ma cos'è poi la vera felicità? Impossibile dare una risposta univoca. Per certe persone è il lavoro a cui hanno sempre ambito, per alcuni un amore totalizzante, per altri ancora il calore di una famiglia. 
Ma la domanda vera è un'altra: siamo disposti a rinunciare a tutto quello che abbiamo per inseguire i nostri desideri?
L'autrice Lori Nelson Spielman nel suo romanzo d'esordio ci parla proprio di questo. Di una ragazza che rivoluziona la sua vita pur di realizzare le sue antiche aspirazioni.
Brett Bholinger, la protagonista, ha tutto quello che si potrebbe desiderare: un ruolo da manager nell'azienda di famiglia, un fidanzato bellissimo, una famiglia affettuosa. Il suo mondo va improvvisamente in pezzi quando sua madre muore e, nell'incredulità generale, la esclude completamente dall'eredità. Le lascia soltanto una lettera contenente "la lista dei desideri" redatta proprio da Brett quando aveva quattordici anni. Avere un cane, innamorarsi, restare amica di Carrie per sempre, fare un figlio. Se nell'arco di un anno realizzerà tutti gli obiettivi riceverà la sua eredità. Brett è sconvolta: davvero sua madre vuole che rinunci a tutto quello che ha costruito per inseguire i suoi infantili desideri da ragazzina?
Sebbene inizialmente riluttante,  Brett  sceglie comunque di esaudire le sue ultime volontà, certa che sua madre avesse intuito cose che a lei erano sfuggite.
Lungo questo tortuoso percorso scoprirà che ricominciare la propria vita da capo a trentaquattro anni può essere rischioso. O vinci o perdi tutto. In ogni caso farsi fermare dalla paura è sempre una sconfitta. 
Eleanor Roosvelt una volta disse "Fai ogni giorno qualcosa di cui hai paura". Perché se si ha il coraggio di assumersi dei rischi e travalicare i limiti dei propri  timori , il mondo dall'altra parte è meraviglioso.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede nella potenza dei sogni e nella necessità di realizzare se stessi, senza dimenticare che i desideri non invecchiano quasi mai con l'età.

Effetti collaterali: chi non si è trovato ad un certo punto nella vita a porsi questa domanda: mi piace veramente la persona che sono diventata? Se no, ho la forza di mettere tutto in discussione? Dove sta il confine tra coraggio e arroganza, tra desiderare ciò che è giusto e aspettarsi più di quel che si merita? Perché, in definitiva, sono le scelte azzardate, i rimpianti che abbiamo deciso di non avere, che rendono la vita degna di essere vissuta.


venerdì 31 ottobre 2014

I miei libri di Halloween

Oggi è  Halloween.
Halloween è una festa relativamente recente per noi italiani. Non fa parte della nostra tradizione in senso stretto, anche se negli ultimi anni si è imposta come una nuova moda.
Il nome All-Hallows-Eve significa letteralmente "vigilia dei morti": la leggenda narra che è una notte speciale in cui il confine tra il  nostro mondo e l'aldilà si fanno più labili. E' la notte delle streghe, dei fantasmi e dei mostri.
Ispirandomi a questa festività, ho pensato di stilare una classifica dei libri a tema:

1. Il mastino di Baskerville (Conan Doyle). Riuscirà Sherlock Holmes, con l'aiuto del suo fidato assistente Watson, a svelare il segreto che si cela dietro la maledizione che ha colpito la famiglia Baskerville? 

2. Il suggeritore (Donato Carrisi). Goran Gavila e Mila Vasquez sono sulle tracce di un serial killer che sa assumere molte sembianze, il che li mette costantemente alla prova in un’indagine in cui ogni segreto ne nasconde un altro, fino all'ultimo inatteso colpo di scena.

3. Frankestein (Mary Shelley). La storia del mostro, creato in laboratorio dal dott. Frankestein, diventato una figura immortale, simbolo del diverso ma anche della paura per il progresso e la scienza. 

4. Dracula (Bram Stoker). Tra tutte le creature della notte i vampiri sono quelle più affascinanti. Dracula, capostipite di questa razza, è uno dei personaggi più famosi creati dalla penna di uno scrittore, che ancora oggi non smette di sedurre il lettori. 

5. La biblioteca dei morti ( Glenn Cooper). Se esistesse una biblioteca in cui sono raccolte tutte le date di nascita e di morte di tutti gli esseri umani, anche di quelli che devono ancora nascere e morire? 

6. Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (Robert Louis Stevenson). La storia di uomo rispettabile che si trasforma di notte in una mostro, mettendo in scena lo sdoppiamento  presente in ogni essere umano, che riflette l'antitesi tra  Bene e Male e, in definitiva, l'ambiguità che alberga in ogni animo umano. 

8. IT (Stepehen King). Chi da bambino non ha avuto gli incubi pensando al terribile pagliaccio creato dalla penna autore americano? 

9. Shutter Island (Dennis Lehane). Nel 1954, gli agenti federali Edward "Teddy" Daniels e la sua spalla Chuck Aule si recano su Shutter Island, manicomio specializzato nella cura di criminale, per indagare sulla scomparsa di una paziente. Il confine tra realtà e pazzia è labile: dove si nasconde la verità?

E per voi, qual è la vostra personale classifica dei libri più terrificanti?

giovedì 30 ottobre 2014

Nessuno sa di noi di Simona Sparaco

Viviamo un una società in cui, uno alla volta, tutti i tabù sono caduti. Il sesso, la nudità, le perversioni. Ma ce se sono alcuni, quelli che intaccano la parte più profonda di noi, che rimangono. Ci sono sentimenti di cui non si può parlare. Emozioni che vanno piantate come un seme nel profondo del cuore e lì rimangono, custodite come il più terribile dei segreti. Ma i segreti sono come catene: una volta che si sceglie di averli non si è più liberi come prima.
Luce e Pietro stanno per avere un bambino, Lorenzo. Un bambino desiderato, cercato, arrivato dopo mille tentativi. Luce è euforica: presto lei, Pietro e Lorenzo saranno una famiglia. La vita è bellissima.
Ma il destino ha in serbo un’amara sorpresa. Durante una visita ecografica, la ginecologa si accorge che c’è qualcosa che non va. Displasia scheletrica. Una diagnosi che non da' scampo, che arriva come un uragano a lasciare solo macerie dopo il suo passaggio.
Da quel momento la protagonista Luce sarà trascinata in una girandola di eventi: la diagnosi, i dubbi, le visite, fino alla decisione più drammatica, l'aborto terapeutico.
Il peso di questa decisione schiaccerà Luce e la costringerà a rimettere in discussione tutta la sua vita: perché proprio a lei?  Come è possibile sentire in maniera così feroce la mancanza di qualcuno che non si è mai conosciuto? Cosa può l'amore di fronte a tanta disperazione?
Mentre tutti le dicono di guardare avanti, Luce si abbandona al suo dolore. Si sente una casa disabitata, un guscio svuotato incapace di dare e ricevere amore.
Al suo esordio l'autrice Simona Sparaco mette in scena il doloroso percorso di una donna che affronta una scelta lucida e dolorosa, quella dell'aborto terapeutico, che ha bisogno di essere rivendicata e compresa. Solo così infatti potrà riconciliarsi con sé stessa e riuscire ad andare avanti.

Indicazioni terapeutiche: direi che è un libro quasi prettamente femminile, scritto da una donna per altre donne. È un romanzo intimista, che scandaglia l'animo femminile e ci consegna un sguardo più indulgente verso tutte coloro che si confrontano con il desiderio di maternità.

Effetti collaterali: ci hanno abituati a pensare che la maternità è sempre un dono. Non è vero. A volte è un macigno ma ciononostante le donne trovano sempre la forza di farci i conti.