Francesco Guccini scrisse la canzone Auschwitz nel 1966, quando aveva 24 anni. Alla domanda sul perché continua a cantarla, in una recente intervista, ha risposto "perché i motivi per cui è stata scritta, purtroppo, non si sono esauriti."
Son morto che ero bambino
son morto con altri cento
passato per il camino
ed ora sono nel vento.
Ad Auschwitz c’era la neve
e il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz tante persone
ma un solo grande silenzio
è strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento.
Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
Ma ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la belva umana
e ancora ci porta il vento.
Io chiedo quando sarà
che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento mai si poserà.
Ancora tuona il cannone
ancora non è contento
saremo sempre a milioni
in polvere qui nel vento.
Auschwitz è indubbiamente una delle canzoni più belle scritte dal cantautore modenese, una denuncia non solo dell'olocausto ma della ferinità dell'uomo, che quando si spoglia della sua umanità, perde la sua stessa essenza. Un grido di dolore affinché questa bestialità non si ripeta mai più, affinché ogni essere umano non perda la propria capacità di provare compassione, di aiutare il più debole, invece di distogliere lo sguardo.
Finché esisterà l'indifferenza, finché esisteranno popoli di serie A e di serie B, finché persone vivranno a spese di altre, Auschwitz continuerà ad esistere.
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