Eleonora è un'attrice di teatro, alle soglie dei quarant'anni, animata da una speciale vocazione, quella di prendere sotto la sua "ala" giovani talenti acerbi, di mostrare loro la via per il successo, in una sorta di apprendistato sui generis, dove nulla si insegna ma qualcosa si impara sempre.
Vorrei poter dire che quella tra noi fu un'immediata affinità elettiva, ma sarebbe una menzogna: io Chirù lo riconobbi dall'odore di cose marcite che gli veniva da dentro, perché quell'odore era lo stesso mio.
L'allievo prescelto è lui, Chirù. Scanzonato allievo di violino al Conservatorio che sogna un futuro da grande artista, alla bramosa ricerca di una guida.
Li separano venti anni e una diversa consapevolezza: da una parte la "maestra" che forte del proprio fascino e della propria esperienza gode della propria posizione privilegiata, nutrendosi dell'ammirazione e dell'ingenuità del giovane ammiratore, dall'altra l'ambizione di un ragazzo disposto ad assorbire ogni insegnamento, a farsi plasmare, a diventare altro, pur di avere l'occasione della vita.
Della sua fragilità in quell'istante amai proprio quello che dell’amore si paga piú caro: l’assenza di calcolo e di misura che appartiene solo alle cose nate libere.
Un rapporto che travalica i ruoli mentore-allievo per sconfinare nel desiderio, ma non di certo nell'amore. Non c'è nessuna affinità elettiva ma un riconoscersi, una volontà di appagamento che assomiglia più al controllo che non alla generosità. Eleonora non si compiace forse della debolezza e della fragilità di Chirù ? Non cadrà, suo malgrado, ella stessa vittima della sua incapacità di comprendere che è destinata ad essere travolta dai suoi stessi insegnamenti?
Chirù non è un libro sui sentimenti ma sul potere e sulle relazioni, o meglio sul potere nelle relazioni. Che lo si ammetta o meno è sempre presente una tensione all'interno di un rapporto, un gioco di ruoli destinato a decretare un solo vincitore. Forse anche per questo la storia vira in direzione del'iper-soggettivismo: ogni emozione, ricordo, avvenimento è filtrato attraverso gli occhi della protagonista femminile, mentre tutti gli altri personaggi, quasi prettamente maschili, appaiono evanescenti, diafane figure sullo sfondo.
Ho coltivato una speciale diffidenza per chi si compiace di dire sempre quello che pensa. Temo con ogni fibra quel tipo di persona che è pronta a scambiare per pensiero il moto casuale di tutto quello che gli passa per la testa e chiama sincerità l’incapacità di controllarlo.
La Murgia è una maestra di stile, tagliente, puntuale e barocca al tempo stesso. Una che, importa poco cosa scriva, si percepisce che ha qualcosa da dire. Questo romanzo, a fronte di una storia disadorna e a tratti sconnessa, mi ha colpito per i dialoghi intensi, per i non detti che pesano più che mille parole. Un libro che, anche se a tratti sembra perdersi, regala in ogni caso un'esperienza appagante.
Indicazioni terapeutiche: per chi crede che ogni legame implichi una forzatura della propria natura.
Effetti collaterali: L'Eleonora del presente, affascinante e sicura di sé, ha un legame profondo con la bambina che è stata, una figlia oppressa da un padre prevaricatore e una madre debole che la colpevolizzava invece di proteggerla. Il bisogno di avere il controllo, di trovare un sostituto ad un figlio mai avuto, affonda le radici lì. Nel bisogno di riaffermare una femminilità troppo a lungo negata, di essere padrona non solo della sua vita, ma anche artefice del destino altrui.
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