lunedì 19 febbraio 2018

Cecità di José Saramago

Un altro romanzo distopico. Anche se circoscrivere il genio di José Saramago ad un mero genere letterario sarebbe, a mio avviso, riduttivo. Cecità non è solo il crudo racconto di un'utopia al contrario, ma è molto di più. È un viaggio al cuore della nostra società, un viaggio da cui non si può che tornare profondamente cambiati.

Dentro di noi c’è una cosa che non ha nome, e quella cosa è ciò che siamo.

In un paese non ben precisato e in un presente altrettanto indeterminato, un "mal bianco", una misteriosa malattia che rende cieche le persone si diffonde a macchia d'olio. Il primo gruppo di malati viene isolato in quarantena in un vecchio edificio semi-abbandonato. Tra loro un ladro, un tassista, un vecchio, una ragazza con un paio di occhiali neri, un bambino strabico, un'oculista. E la moglie di quest'ultimo, l'unica ancora capace di vedere che sceglie tuttavia di seguire il marito, senza rivelare il suo segreto. Di loro non sapremo mai i nomi. Sono solo figure,  singoli individui di una sconfinata moltitudine, simili a tanti altri.
Ben presto, a loro si aggiungeranno nuovi arrivati. Privi della vista, spaventati, abbandonati a sé stessi, ammassati come animali, la situazione all'interno dell'ex-manicomio, dove sono di fatto imprigionati senza alcun accesso a nessuna forma di cura, diventerà un inferno in terra.

Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che pur vedendo non vedono.

La prosa di Saramago è di primo impatto respingente, con i suoi lunghi periodi privi di punteggiatura e i dialoghi senza virgolettatura . Ma se si riesce ad andare oltre, ci si abitua a questo modo di narrare denso e ritmato e si viene rapiti dal vortice della storia. Una storia piena di orrore, in cui l'umanità emerge in ciò che da sempre la caratterizza per il meglio, la sua disumanità.
Homo homini lupus, diceva Hobbes. Quando saltano le regole imposte dall'alto, la convivenza diventa una guerra di tutti contro tutti, dove vince il più forte, il più astuto, il più crudele. Non c'è spazio per la compassione o l'altruismo. Per sopravvivere si deve essere disposti a sacrificare qualcosa, fossero anche i propri principi morali.

E’ di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria.

Egoismo, violenza, indifferenza, sopraffazione. Questo romanzo è una grande metafora sui mali della nostra società, che vivono latenti dentro di noi, come bestie assopite, pronte a balzare per attaccare non appena si presenti la giusta occasione. La cecità non è quindi solo una malattia del corpo, ma dell'anima.
Cecità come buio dell'anima, sonno della ragione. Cecità è la consapevolezza che in ciascuno di noi alberga un lato oscuro che ci rifiutiamo di sondare, di affrontare, di rivelare perfino a noi stessi.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede che il bene sia sempre una scelta consapevole.

Effetti collaterali: Si ritrovava immerso in un biancore talmente luminoso, talmente totale da divorare, più che assorbire, non solo i colori, ma le stesse cose e gli esseri, rendendoli in questo modo doppiamente invisibili. La malattia misteriosa di Saramago non è un velo oscuro che ammanta tutti gli oggetti ma al contrario è "una cecità bianca". Il bianco non solo è l'opposto del nero ma è associato alla luce, al fulgore, alla chiarezza. In quest'ottica,  il "mal bianco" sembra uno svelamento più che una copertura. L'incapacità di vedere con gli occhi non diventa allora più un limite, ma una nuova possibilità. Quella di guardare davvero le cose, di coglierne l'essenza.


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