mercoledì 3 ottobre 2018

La vita fino a te di Matteo Bussola

Premetto che pur non conoscendolo personalmente, Matteo Bussola mi è piaciuto fin da subito. Da quando ho iniziato a leggere i suoi primi post, prima che diventassero virali, fino a  trasformarlo in un personaggio pubblico prima, e in uno scrittore poi. O meglio, probabilmente uno scrittore lo era sempre stato, ma è come sbocciato grazie al successo incontrato sui social network.
Ancora oggi continua a condividere i suoi pensieri, le sue esperienze e riflessioni su piattaforme come Facebook, come milioni di altre persone del resto. Ciò che fa la differenza è la sua indiscutibile capacità di raccontare il vissuto quotidiano con uno sguardo capace di scorgere ciò che ai più rimane celato. Di scandagliare l'animo umano, mettendolo a nudo in tutte le sue sfaccettature. Di trasformare l'ordinario in straordinario, come l'artista che scorge la poesia in un umile filo d'erba.
Al centro del suo ultimo libro,  La vita fino a te, che in realtà più che è un romanzo è una raccolta di aneddoti e considerazioni, c'è l'amore in tutte le sue forme. O meglio ci sono le relazioni con l’altro.  Perché cos'è l’amore se non prima di tutto una forma di sguardo sull’altro?


Ti accorgi che l'unica sabbia che conta è quella che scorre nella clessidra dei giorni, le orme più belle quelle che testimoniano la strada fino a qui, il cammino insieme che abbiamo scelto, perciò viva i giardini vissuti, la merda che contiene più verità di molto altro, i cani che ti saltano in braccio sporchi di terra o che si sdraiano al sole, per tutto il resto ci sarà tempo di sicuro e quando non ci sarà: pace, avremo pavimenti meno impeccabili e maglioni pieni di peli e forse inciamperemo ogni tanto nelle buche, ma sapremo comunque di non aver rinunciato alla parte migliore di quello che c'è.

Attraverso il racconto di episodi di vita quotidiana l'autore si racconta, partendo dal proprio passato, per tracciare un ipotetico cammino a ritroso che lo ha portato fino a Paola, la sua attuale compagna con la quale ha avuto tre bambine. Un percorso che non è stato né rettilineo né facile. Un viaggio che ha avuto come punto di partenza l'accettazione delle rispettive differenze, che si è alimentato della voglia di conoscersi e "spostarsi da sé stessi", per approdare alla fine alla consapevolezza che ogni relazione duratura si fonda su un’accoglienza incondizionata.
Una strada irta di ostacoli in cui è facile smarrirsi, perdendo di vista non solo l'altro ma perfino sé stessi. Perché la paura di sbagliare, di restare, di rimanere ingabbiati è sempre in agguato. La verità è che, come sostiene Bussola, siamo convinti di sapere quello di cui abbiamo bisogno, ma a volte invece la vita è più intelligente di noi, e così ci dona non ciò che vorremmo ma ciò che ci serve per crescere, non importa quanto questo possa essere talvolta doloroso o frustrante.

Ogni vita è una specie di iceberg narrativo di cui gli altri scorgono solo la parte visibile, mentre tre quarti se ne stanno nascosti sotto il pelo dell'acqua e non se ne accorge mai nessuno a volte non te ne accorgi nemmeno tu. [...] L'importante è non credere nemmeno per un istante che quel che vedono gli altri, nel bene o nel male, sia tutto quello che sei, e non credere che quel invece gli altri non vedono valga meno, soltanto perché non lo vedono. Non è importante se nessuno lo vede, o se lo vedono in pochi, tu quella parte rispettala, difendila, sentila, proprio come l'aria che ti entra nei polmoni ogni giorno, ogni secondo, che nessuno vede nemmeno quella, così come non vedranno mai il tuo stomaco, o il tuo fegato, o i battiti del tuo cuore, mentre sono proprio questi a tenerti in vita.

La lezione di Matteo Bussola è in fondo di una semplicità disarmante: se si è pronti a mettersi in gioco, ad accantonare le proprie insicurezze, accogliendo la diversità altrui, l'amore diventa non una possibilità ma LA POSSBILITÀ, non dico di essere migliori, ma di vivere una vita piena e densa di significato. 
Indispensabile diventa allora la presa di coscienza che non è possibile fondare l'amore sul bisogno, ma, al contrario, occorrerebbe fondare il bisogno sull'amore. Che l'amore che salva non è un mai un approdo ma solo un punto di partenza. Che, come afferma l'autore, l'amore non ci completa ma ci comincia. 


Indicazioni terapeutiche: per chi non è ancora stanco di cercare il buono nel mondo.

Effetti collaterali: i sentimenti non dovrebbero mai diventare un'arma di ricatto. Non bisognerebbe mai urlarsi "sei cambiato" o "non sei più quello di prima" o chiedere al proprio partner di rinunciare a qualcosa, ad un hobby, un lavoro, un'amicizia, un sogno. Non bisognerebbe soprattutto mai chiedere a qualcuno di rinunciare alla necessità di restare fedeli a se stessi, come se si trattasse di una sorta di affronto alla propria relazione.


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