venerdì 8 gennaio 2016

È tutta vita di Fabio Volo

Se penso ad un aggettivo per i libri di Fabio Volo il primo che mi viene in mente è pop.
Cito testualmente dal dizionario: Pop, abbreviazione dell'aggettivo popular, usata per indicare le tendenze musicali e artistiche che, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, hanno adottato nuovi criteri estetici, e contenuti rivolti soprattutto a un pubblico giovanile e di massa. 

Perché Fabio Volo è questo che fa: parla alla massa, alla pancia della gente, e lo fa in un modo tutto suo, come un amico, come il tipo che incontri sempre al bar e volte ti offre il caffè. 
Siamo di fronte ad una forma di alta letteratura?
Forse no. Ma cosa importa? Lo snobismo di chi mette i paletti, di chi giudica ciò che merita di essere letto non mi appartiene. Io leggo ciò che mi piace, senza pregiudizi, né preconcetti. 
D'altra parte il suo ultimo romanzo non ha tradito le mie aspettative: è una lettura scorrevole, ben farcita di frasi ad hoc che ammaliano il lettore, che, nonostante la leggerezza, lascia qualche spunto di riflessione.

Dopo averci raccontato nei suoi libri precedenti uomini alle prese con la difficoltà di impegnarsi un rapporto a due, Fabio Volo alza il tiro affrontando il tema della paternità, da un punto di vista prettamente maschile. Davvero bisogna scegliere tra passione e pannolini? Essere genitori implica, non solo rinunciare al romanticismo dei primi tempi, ma diventare una persona diversa?
Con il suo tono anticonvenzionale e a tratti irriverente ci racconta la storia di Nicola e Sofia, della loro  crisi di coppia, di come l'amore si trasforma, e  a volte si infrange, alla nascita di un figlio. 
“Il segreto di una relazione non è continuare ad amarsi, ma far andare d’accordo le due persone che si diventa stando insieme.”
È tutta vita è un romanzo diretto che parla di uno dei pochi tabù rimasti nella nostra società. Di ciò che molti pensano, ma pochi hanno il coraggio di ammettere. Avere un figlio fa paura. Avere un figlio ti cambia la vita per sempre, e non necessariamente in meglio. Avere un figlio è come scalare una montagna: la ricompensa arrivando in cima alla vetta è immensa, ma quanto impegno, quanta fatica, quanta stanchezza. Si rischia di perdersi, e di perdere l'altro.

Indicazioni terapeutiche: per chi desidera un figlio, per chi ha paura di avere un figlio.

Effetti collaterali: Tra le righe l'autore si autoassolve e assolve tutti noi: va bene avere paura, sbagliare, fare i cazzoni. Va bene anche desiderare, a volte, di essere a milioni di chilometri da dove siamo. L'importante è non sganciare mai la cintura di sicurezza, quella che ci riporta alla nostra famiglia, alla casa in cui vogliamo tornare, alla persona che abbiamo scelto di essere. Quella cintura di sicurezza che si chiama amore.


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