venerdì 17 luglio 2015

Cercando Alaska di John Green

Dopo aver divorato l'ormai celebre Colpa delle stelle mi è venuta la voglia di  leggere un altro libro di John Green. Le mie aspettative erano sicuramente alte e devo ammettere, purtroppo, che sono rimasta soddisfatta solo a metà.
Anche questa volta i protagonisti sono adolescenti. Miles Halter è un sedicenne,  timido e introverso,
affascinato delle "ultime parole" ma poco propenso ad aprirsi agli altri.
La sua vita subisce uno scossone quando comincia a frequentare un'esclusiva scuola dell'Alabama. Qui lega subito con Chip, intelligente e senza mezzi, ammesso alla scuola grazie a una borsa di studio, e con Alaska Young, sexy e bellissima studentessa di cui tutti sono innamorati. Usando le stesse parola di Miles "se gli esseri umani fossero stati precipitazioni, io sarei stato una pioggerellina, lei un ciclone".
Grazie a questa improbabile accoppiata di nuovi amici scopre un nuovo mondo che fino ad allora gli era stato precluso: insieme bevono, fumano, stanno svegli la notte ad inventare scherzi brillanti e complicati.
Le loro bravate verranno però spazzate via da un'inaspettatta tragedia e Miles si ritroverà ad interrogarsi sul senso della vita. Consociamo veramente le persone che amiamo? Dove vanno le persone quando muoiono? Smettono semplicemente di esistere o una parte di loro, quel qualcosa che è di più della semplice somma delle nostre parti, sopravvive in qualche posto?
Immaginare il futuro sa di rimpianto.
Perché il punto è proprio questo: la morte ci mette di fronte alle nostre paure, ci scuote nel profondo, ci ricorda che siamo qui e ora, che abbiamo solo il presente. 
Passi la vita inchiodato nel labirinto, pensando al modo in cui un giorno ne uscirai, e a come sarà fantastico, e immagini che il futuro ti trascinerà pian piano fuori di lì, ma non succede. É solo usare il futuro per sfuggire al presente.
Come Miles leggendo il libro anch'io andavo in cerca di un Grande Forse, di un senso profondo. Non so dire se l'ho trovato ma, di certo, il punto forte di questo romanzo sono gli spunti filosofici che spingono il lettore ad interrogarsi sui diversi aspetti della vita.
Devo ammettere, invece,  che la trama fa acqua da tutte le parti: troppa piatta, quasi scarna. Inoltre, il personaggio di Alaska, intorno al quale ruota tutta la vicenda, è appena abbozzato, un mero stereotipo della ragazza troppo piena di sé per accorgersi degli altri e dei loro sentimenti, il che la rende a tratti quasi odiosa. Il mix degli elementi ne fa comunque una lettura non troppo impegnata che fa comunque riflettere.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede che valga la pena uscire dal proprio piccolo mondo autosufficiente e sporcarsi con la vita, per chi è ancora in cerca di un Grande Forse.

Effetti collaterali:  Gli amici, l'amore, le passioni. Gli uomini elaborano centinaia di diversivi per non pensare alla morte, quell'enorme buco nero che sembra ingoiare tutto. Alcuni si chiudono a riccio, evitano ogni rischio sperando di potersi nascondere. Altri escono dal proprio labirinto a affrontano la sfida della vita a testa alta. 


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