martedì 6 dicembre 2016

Presentazione del libro "Non faccio finta" di Laerte Neri


C'è ancora spazio nel mondo di oggi per la poesia?
Quella dei versi stampati sulla carta che fruscia, quella che, a dispetto della forma e dei tempi, tocca qualche corda dentro di noi?
Per Laerte Neri sì.
Nasce così Non faccio finta, una raccolta di poesie pubblicata da Marco Del Bucchia Editore che vuole prima di tutto creare un momento di incontro, un ponte tra le persone. 
Mentre scrivere un racconto presuppone più tecnica, più ragione  e meno pancia, la poesia è soprattutto metafora, un linguaggio primario e primordiale che può emozionare o meno, ma, in ogni caso, arriva subito.
La poesia diventa un mezzo per cogliere l'invisibile, un modo per mettere in prospettiva gli avvenimenti, le sensazioni, gli umori.
Il titolo dell'opera richiama il primo componimento, nel quale l'io lirico confessa tutti i suoi limiti e le sue idiosincrasie. Ma non c'è resa, solo la presa di coscienza che la ricerca di un senso è possibile, basta non smettere di cercare.

Non faccio finta
Non faccio finta di essere un intellettuale,
però so pensare.
Non faccio finta di stare male.
a volte sono giù.
Non faccio finta di essere più di quel che sono
ma neanche meno.
Non faccio finta di non capire,
a volte sono lento.
Non faccio finta di essere preparato,
a volte non ho voglia di studiare.
Non faccio finta di essere gentile,
e a volte non  lo sono.
Non faccio finta di aver voglia di andare,
con loro non ci so comunicare. (...)





Il libro si divide in quattro macrosezioni:

  • La verità è ancora più in là, che ha come tema centrale la possibilità legata alla giovinezza, dove tutte le scelte sono ancora in divenire.
  • Con la paura per mano, che coincide con l'entrata nell'età adulta, una fase più matura e contraddistinta dal superamento di tutte quelle paure che da nemiche si fanno compagne di viaggio, legate al giudizio altrui, all'imponderabilità del futuro che perde parte delle sue attrattive, al timore di non essere "abbastanza".
  • Fra papaveri e fiordalisi e Cavalleggeri ( o della risata segreta dei cavalieri e dei cavali sensibili), la terza  e la quarta sono sezioni più libere. Uno dei focus è l'amore, non inteso come mero trasporto passionale, ma come progettualità, come cammino costruito giorno per giorno insieme all'altro. Un presente dove il possibile è ancora possibile, dove il divertimento e la leggerezza non sono perduti per sempre ma rivivono grazie alle emozioni, alla capacità di sentire. Perché se non senti l'amore, non puoi nemmeno riceverlo.

Una raccolta che, come lo stesso autore ha sottolineato, non ambisce a mandare nessun messaggio preciso ma cerca di far emozionare, riflettere, ricordare. Non c'è infatti un modo giusto per leggere una strofa, un significato precostituito, un messaggio implicito.


Corbezzolo
Vorrei essere il corbezzolo
che sta di lato a casa mia,
che è rigoglioso di frutti
e di fiori,
che è bellissimo anche se nessuno lo guarda,
che dona i suoi frutti anche se nessuno li mangia,
che è in armonia con l'azzurro di casa mia
e con l'orto di mio nonno
e con tutte le cose.


C'è semmai la ricerca di una verità, che non è mai assoluta, ma soggettiva e momentanea. "Leggendo la poesia giusta, contatto una parte profonda di me che bussa per essere ascoltata. - scrive Laerte Neri nella sua prefazione  - Scrivendo la poesia che mi scorre vicina, provo a dare un'identità alla mia verità (e anche una verità alla mia identità). Ecco, la ricerca della verità è la mia poetica. In queste poesie ho cercato una verità."
La verità ha a che fare con l'essere vivi, col sentire e il sentirsi. 
La poesia, come la letteratura più in generale, è come uno specchio, dove ognuno scorge qualcosa che risuona nel proprio percorso.
Questo è il lascito di cui questa opera ci fa dono. 
Un impulso vitale.
Un modo per riconnettersi con una propria parte di sé, quella bambina, quella adolescenziale, quella immatura, quella vera. Quella che è andata perduta. O forse no. Forse è sempre stata lì.





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