venerdì 30 gennaio 2015

Le cose che non so di te di Christina Baker Kline

Cosa hanno in comune una adolescente ribelle e una novantunenne rimasta sola? Forse niente, forse tutto. Di sicuro il fatto di essere entrambe orfane.
Questa è la storia di Vivian e Molly, della loro strana amicizia, delle loro infanzie negate. Ma è anche molto di più.
È la storia dei train riders, dei duecentomila bambini orfani, abbandonati e senzatetto che tra il 1854 e il 1929 furono trasportati sui cosiddetti treni degli orfani dalle coste degli stati Uniti orientale nel Midwest con la speranza di essere adottati. (Il titolo italiano non rende giustizia a quello originale Orphan train, a mio avviso molto più centrato).
La verità è che per molti di loro l'adozione si rilevò in verità una vera e propria forma di schiavitù. Scelti come bestie da macello, vennero sfruttai nei campi, picchiati, maltrattai e ignorati dalle famiglie che li avevano accolti. Invece dell'amore trovarono ostilità, indifferenza e solitudine.


Manifesto per l'adozione 

Molti di loro, una volta cresciuti, non parlarono mai più delle loro esperienza. Tanti però, anni dopo, si sono ritrovati grazie ad associazioni come la Midwest Orphan Train Riders di New York, per riallacciare i fili della loro storia e poter far pace col passato.
Attraverso i ricordi di Vivian ripercorriamo la sua vita, segnata dai traumi e dalla consapevolezza di non avere un posto nel mondo.  Crescere per lei ha significato soprattutto capire che la perdita non è solo probabile, ma inevitabile.
Il romanzo da Christina Baker Kline è un libro toccante, struggente e terribile allo stesso tempo. 
L'ho letteralmente divorato, pagina dopo pagina, incapace di staccarmi dalle vicende della protagonista: mi sembrava di essere lì con lei, a simulare, a nascondere le proprie emozioni, a lottare per la vita che meritava.  Nonostante le avversità Vivian alla fine ce l'ha fatta, ma ha pagato un prezzo troppo alto. Ha perso tutto, più volte, e per sopravvivere ha lasciato per strada troppe parti di sé.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama le storie che intrecciano passato e futuro, per chi crede nella capacità di autodeterminarsi. Sconsigliato ai cinici.

Effetti collaterali: il romanzo parla dell'importanza di essere amati e accettati, di come ciò che riceviamo nei nostri primi anni di vita ci forma per sempre, determinando le persone che diventeremo. Si può sfuggire alla propria infanzia? O un bambino traumatizzato sarà inevitabilmente un adulto infelice?
Non ho una risposta. Quello che credo è che le cose che contano restano con noi, ci penetrano dentro, tatuate nella nostra coscienza. Sta a noi farne l'uso migliore per diventare chi aspiriamo ad essere.


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