Dopo aver letto Equazione di un amore mi è venuta voglia di riprendere in mano l'opera prima di Simona Sparaco, Nessuno sa di noi, finalista premio Strega 2013, a mio avviso, il romanzo più riuscito di questa scrittrice. Un libro difficile e coraggioso perché affronta uno dei pochi tabù rimasti nella nostra società: l'aborto terapeutico. Non è facile parlare della maternità al di fuori dei soliti cliché, raccontare di quelle mamme che mamme non saranno mai, ma Simona Sparaco ci riesce, mettendo giù una storia forte, pura, cruda, che lascia il lettore con un groppo in gola e lo spinge a immedesimarsi, a "sentire" senza giudicare.
Luce e Pietro sono una coppia come tante, che, dopo cinque anni di tentativi, sta per coronare il sogno di avere un figlio. È tutto pronto: la cameretta, i giochi, i vestitini. Lorenzo sta per arrivare.
Durante una visita al settimo mese qualcosa però non va come dovrebbe, Lorenzo è troppo "corto". La ginecologa pronuncia due parole che risuonano come una lugubre sentenza: displasia scheletrica.
Due parole capaci di costruire un solco tra un prima e un dopo, tra una famiglia felice e due genitori alla deriva del loro dolore.
Da quel momento inizia una corsa frenetica contro tempo. I termini per l'aborto terapeutico in Italia sono scaduti e alla coppia non resta che volare a Londra, nella speranza di una diagnosi diversa.
Ma la speranza è la più grande delle illusioni.
Posti di fronte ad una scelta terribile, Luce frastornata si arrende. Tocca a Pietro prendere in mano la situazione e decidere per entrambi. La città sul Tamigi, in un'atmosfera natalizia surreale, sarà l'attonita testimone di un decisione che segnerà un punto di svolta nelle loro vite, una macchia indelebile da cancellare.
Nessuno sa di noi è un libro che coinvolge, commuove, strazia. Un romanzo che ci pone davanti alla sofferenza di una scelta che nessuno può giudicare. proprio il tema della sospensione del giudizio al centro della storia. Luce è una donna vittima di un dolore immenso, che non si stanca, non si arrende, che la trascina sempre più in basso, in un gorgo tortuoso.
Più forte di tutto il senso di vergogna e inadeguatezza che la sovrasta. Luce si sente colpevole come se fosse stata lei la causa della malattia del suo bambino, un supplizio che la spinge ad isolarsi, a chiudersi in sé stessa, che le impedisce di confessarsi e confrontarsi con gli altri, vittima del pregiudizio e della paura di essere giudicata. Perché il dolore si amplifica nel silenzio, come un urlo nella notte, e ci consegna ad una landa di solitudine.
Nessuno sa di noi è la storia di un figlio atteso, cercato, desiderato. Un figlio che diventa dolore, poi assenza, poi una luce capace di rischiarare l'oscurità dentro l'animo della protagonista, di riconciliarla con sé stessa, con i suoi vuoti e le sue mancanze.
Indicazioni terapeutiche: per chi crede che il bene e il male, spesso, si confondano, per chi ha avuto il coraggio di saltare, e di tornare quaggiù, su questa terra desolata eppure bellissima.
Effetti collaterali: Solo col tempo, l'angoscia diventa sopportabile, il ricordo un lumicino di speranza, quella che a volte la vita ci mette di fronte a delle scelte lancinanti, incomprensibili, ma ciononostante si può sopravvivere. Che si può tornare a abitare la propria vita, a dispetto dei graffi e delle cicatrici, feriti, violati, saccheggiati ma più consapevoli di prima.
Chissà perché sono sempre così insignificanti i pensieri, un attimo prima dell'impensabile.
Luce e Pietro sono una coppia come tante, che, dopo cinque anni di tentativi, sta per coronare il sogno di avere un figlio. È tutto pronto: la cameretta, i giochi, i vestitini. Lorenzo sta per arrivare.
Durante una visita al settimo mese qualcosa però non va come dovrebbe, Lorenzo è troppo "corto". La ginecologa pronuncia due parole che risuonano come una lugubre sentenza: displasia scheletrica.
Due parole capaci di costruire un solco tra un prima e un dopo, tra una famiglia felice e due genitori alla deriva del loro dolore.
É successo che eravamo felici. Sembravamo volare sopra le nostre vite, cosi meravigliosamente incoscienti. Poi, in un istante qualunque, siamo precipitati. E adesso siamo qui, senza sapere se resteremo paralizzati a vita, o se incerti e zoppicanti, prima o poi, ci rimetteremo in piedi e ricominceremo a camminare.
Da quel momento inizia una corsa frenetica contro tempo. I termini per l'aborto terapeutico in Italia sono scaduti e alla coppia non resta che volare a Londra, nella speranza di una diagnosi diversa.
Ma la speranza è la più grande delle illusioni.
Posti di fronte ad una scelta terribile, Luce frastornata si arrende. Tocca a Pietro prendere in mano la situazione e decidere per entrambi. La città sul Tamigi, in un'atmosfera natalizia surreale, sarà l'attonita testimone di un decisione che segnerà un punto di svolta nelle loro vite, una macchia indelebile da cancellare.
Ora l'ho capito, in questo imponderabile viaggio non ci sono certezze, possiamo solo camminare avanti, cercando di non avere motivi per non farlo a schiena dritta.
Più forte di tutto il senso di vergogna e inadeguatezza che la sovrasta. Luce si sente colpevole come se fosse stata lei la causa della malattia del suo bambino, un supplizio che la spinge ad isolarsi, a chiudersi in sé stessa, che le impedisce di confessarsi e confrontarsi con gli altri, vittima del pregiudizio e della paura di essere giudicata. Perché il dolore si amplifica nel silenzio, come un urlo nella notte, e ci consegna ad una landa di solitudine.
Nessuno sa di noi è la storia di un figlio atteso, cercato, desiderato. Un figlio che diventa dolore, poi assenza, poi una luce capace di rischiarare l'oscurità dentro l'animo della protagonista, di riconciliarla con sé stessa, con i suoi vuoti e le sue mancanze.
Indicazioni terapeutiche: per chi crede che il bene e il male, spesso, si confondano, per chi ha avuto il coraggio di saltare, e di tornare quaggiù, su questa terra desolata eppure bellissima.
Effetti collaterali: Solo col tempo, l'angoscia diventa sopportabile, il ricordo un lumicino di speranza, quella che a volte la vita ci mette di fronte a delle scelte lancinanti, incomprensibili, ma ciononostante si può sopravvivere. Che si può tornare a abitare la propria vita, a dispetto dei graffi e delle cicatrici, feriti, violati, saccheggiati ma più consapevoli di prima.
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