lunedì 14 novembre 2016

Le ragazze di Emma Cline

Nelle prime ore del 9 agosto 1969, a Los Angeles, Sharon Tate, promettente attrice e moglie di Roman Polanski incinta di otto mesi, fu uccisa insieme ad altre quattro persone nella sua abitazione, una villa a Beverly Hills, da un gruppo di uomini armati che erano riusciti a entrare in casa sua. Gli assassini erano i seguaci di una setta guidata da Charles Manson, mandante degli omicidi, che fu condannato alla pena di morte, poi commutata in ergastolo.
Parte da qui, da questo massacro che  per la sua efferatezza e la violenza è diventato uno delle pagine più buie della storia americana, Emma Cline per costruire il suo romanzo d'esordio che, appena uscito, è già stato acclamato come uno dei successi di questa stagione,
Evie è una quattordicenne sola e in cerca dell'amore e dell'approvazione che non ha ricevuto dai genitori, quando si imbatte per caso in un gruppo di ragazze di una comune che orbita intorno alla figura di Russell, un capo carismatico dalla voce suadente e gli occhi ipnotici, capace di piegare la volontà altrui ai suoi voleri. 

Far parte di quel gruppo amorfo, convincersi che l'amore poteva venire da ogni direzione. così da non restare delusi se non ne veniva abbastanza dalla direzione sperata.

La protagonista rimarrà colpita da questo mondo senza regole, dalle ragazze del gruppo, libere e selvagge. Da Suzanne, la ragazza che avrebbe sempre voluto essere. Come attirata da una forza magnetica inarrestabile, si unisce al gruppo di Russel. Evie l'ingenua. Evie il bersaglio facile, esposto, ansiosa di concedersi. Evie che desidera ardentemente far parte di qualcosa.

Emma Cline
Inizia così un viaggio in un mondo parallelo, fatto di droghe, di abbracci mollicci, di sorrisi allentati, di falò allucinogeni e violenze travestite da gesti amorevoli. Fino all'epilogo, la violenza che si spoglia felina delle su vesti stracciate. Un orrore alimentato da un odio profondo, consumato quasi distrattamente, come si scarta una caramella appiccicosa.
Una Evie adulta, ormai scevra di qualsiasi di anelito e svuotata di ogni aspettativa, ripercorre i suoi ricordi, interrogandosi su cosa le abbia impedito di imboccare la strada sbagliata. Se, in qualche modo, si sia trattato di una diversa levatura morale o se sia stato solo merito del caso. È stata risparmiata davvero o in realtà non c'è mai stata per lei alcuna possibilità di salvezza, come se fosse stata condannata a rimanere per sempre quella ragazza sola e impacciata che nessuno ha mai amato veramente?

Io gliela invidiavo, quella fiducia, il fatto che qualcuno potesse cucire insieme le parti vuote della tua vita fino a farti sentire che sotto di te c'era una rete, capace di legare ogni giorno al successivo.

La ragazze è un romanzo forte e intenso, malinconico e crudo che si interroga sulle ragioni profonde che animano le persone, su ciò che distingue i buoni dai cattivi. Al centro del racconto non c'è il leader della comunità, ma loro, le ragazze. Helen con i codini e l'aria maliziosa. Donna dai modi sguaiati e la voce rozza. Roos schiva e silenziosa. Un universo di personaggi femminili che si muovono come stralunati pianeti, ansiose di piacere, di vivere aldilà degli schemi, lucciole impazzite intorno ad una luce troppo forte.

La resistenza che opposero aveva una sua folle dignità: nessuna era scappata. fino alla fine, le ragazze erano state più forti di Russell.

E poi c'e Suzanne, con i capelli neri e la sua bellezza selvaggia. Vicina e altezzosa allo stesso tempo. Capace di prendere Evie sotto la sua ala, compagne di un viaggio verso il nulla, così diverse ma così simili. Con la stessa fame che graffia l'anima, quella smania di amore e di carezze che spinge a compiere qualsiasi azione, anche la più brutale.


Indicazioni terapeutiche: per chi almeno una volta nella vita ha desiderato scardinare ogni imposizione, rompere ogni catena, vivere ogni sentimento in maniera assoluta. 

Effetti collaterali: il romanzo parla di un'ossessione, quella di Evie per Suzanne capace di annichilire tutto il resto. Nessuno era mai stato capace di guardarla davvero, perciò da un certo momento in poi era stata lei a definirla. A darle un posto dove valesse la pena vivere, anche se questo significava perdere tutto il resto. Demolire l'individualità, offrirsi in sacrifico come polvere all'universo. Perché a volte sentirsi importante per qualcuno è l'unica cosa che conta.


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