domenica 28 dicembre 2014

Io prima di te di Jojo Moyes



A volte si ha bisogno di leggere un libro che ci faccia sognare, dimenticare gli affanni quotidiani, sperare che l'impossibile diventi possibile.
Io prima di te è uno di quei libri. Uno di quei libri che ti fa piangere, fremere e sperare. Uno di quei libri che quando lo chiudi ti sembra di essere diventato amico dei personaggi, che magari un giorno, camminando per strada, li incontrerai e con un cenno della testa potrai augurare loro Buona vita.
Louisa Clark ha ventisette anni e nessuna idea di cosa fare della sua vita: abita in una piccola cittadina, ha fidanzato di cui non è innamorata, naviga a vista, convinta che il mondo non abbia niente di meglio da riservarle. Almeno fino al giorno in cui conosce lui.

Tu sei più o meno l'unica cosa che mi fa desiderare di svegliarmi

Il lui in questione è Will Traynor, giovane rampante di buona famiglia, rimasto tetraplegico in seguito ad un incidente. Louisa verrà assunta come sua assistente per sei mesi. Ciò che ignora è che  quello che sembrava solo un lavoro si trasformerà in qualcosa di più. Louisa scoprirà infatti che Will ha deciso di porre fine alla sua vita ricorrendo al suicidio assistito e sarà disposta a tutto pur di fargli cambiare idea. Ciò che entrambi non sanno è che quei sei mesi si trasformeranno in una corsa contro il tempo che cambierà per sempre le loro vite.


Tu hai cambiato la mia vita molto più di quanto questo denaro potrà mai cambiare la tua. Non pensare a me troppo spesso. Non voglio pensarti in un mare di lacrime. Vivi bene. Semplicemente, vivi.

Dimenticate lo stile aulico e le pretenziosità letterarie,  Jojo Moyes ci ha regalato un libro scorrevole, dalla trama avvincente e coinvolgente. Una storia di amore nata per uno scherzo del destino, tra due persone che, in un'altra situazione, non si sarebbero nemmeno parlate. Vi sembrerà di stare sulle montagne russe, trascinati in un vortice di emozioni che vi farà versare fiumi di lacrime e vi lascerà alla fine storditi, ma convinti che ne sia valsa la pena.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama le storie d'amore impossibili, per chi vuole le vedere le cose da un diverso punto di vista, per chi non ha ancora trovato la sua strada ma non ha mai smesso di cercarla.

Effetti collaterali: quando ho letto il titolo "Io prima di te" ho subito pensato che facesse riferimento a Will, a come la sua vita fosse stata stravolta dall'arrivo di Louisa. Ma mi sbagliavo. Il personaggio che compie il percorso più complesso all'intero del romanzo non è Will, è Louise. Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze: Will sa quello che vuole e conosce i suoi limiti. Si può non essere d'accordo con le sue intenzioni ma bisogna prendere atto che solo lui, inchiodato alla sua sedia a rotelle, ha capito quello che nessuno aveva intuito prima, ossia le potenzialità e la forza di Louise. Solo lui l'ha incoraggiata a ricominciare a studiare, a viaggiare, a vedere posti nuovi, ad avere ambizioni. Ha modificato per sempre non solo il modo in cui Louise vedeva le cose, ma la sua stessa natura. Non importa cosa accadrà dopo, lei non sarà più la stessa. Esiste forse amore più grande di questo?


martedì 23 dicembre 2014

Un giorno di David Nicholls

Edmiburgo, 1988. Dopo una notte passata a festeggiare la fine degli studi, due ragazzi si ritovano a letto insieme, nudi, elettrizzati e spaventati al pensiero che un capitolo della loro vita si è chiuso definitivamente e il mondo, quella vero, li aspetta là fuori.
Non potrebbero essere più diversi: presuntuoso, belloccio e di buona famiglia lui; goffa, insicura e idealista lei.
Quel giorno, il 15 luglio 1988, si diranno addio per la prima volta. Quel giorno diventerà il loro giorno. A partire da allora, infatti, si incontreranno ogni anno sempre nella stessa data, un appuntamento che scandirà le loro vite e li porterà a confrontarsi e condividere le loro sconfitte e i loro successi.
Emma e Dexter. Due destini, due persone che si inseguiranno per vent'anni, incapaci di stare insieme e, allo stesso tempo, di fare a meno l'uno dell'altra. 
Emma si trasferirà a Londra, dove tra un lavoro umile e un amore tiepido, inseguirà il suo sogno di diventare una scrittrice. Dexter, dopo una brillante carriera come presentatore televisivo, entrerà in crisi. Sullo sfondo la frenesia degli anni '80 ma anche il tema dell'idealismo che soccombe alla realtà, dei sogni che si sgonfiano come palloncini al sole, scontrandosi con i limiti della quotidianità.
David Nicholls ha saputo costruire un romanzo dove amore e amicizia si fondono, dove due vite si rincorrono, sfiorandosi come ali di farfalle, dove il lieto fine c'è, ma come la vita, è dolceamaro.
Un libro romantico, ironico, triste, commuovente, divertente.
Un libro che ti coinvolge, ti fa ridere  e piangere, ti fa disperare e sperare, ti riporta indietro all'età in cui tutto era possibile e ti catapulta avanti nel migliore dei mondi immaginabili, perché se è vero che certi rimpianti non ci abbandonano mai, il futuro ci riserva sempre nuove occasioni per riscrivere il nostro destino.



Indicazioni terapeutiche: per chi sogna l'amore con la "A" maiuscola (anche se forse esiste solo nei libri...o no?).

Effetti collaterali:il libro è un misto di nostalgia e speranza. chi non ricorda i propri vent'anni? Tutti i progetti, la voglia di sfidare il mondo e cambiare lo stato delle cose. Poi arrivano le prime sconfitte, si cade. E ci si rialza ma la ferita resta. Per sempre.  E allora si scende  a patti con la realtà, i sogni si ridimensionano. Si spera in piccolo, consapevoli che, forse, per essere felici non è necessario cambiare il mondo, ma solo il pezzetino intorno a te.




domenica 21 dicembre 2014

Se stasera siamo qui di Catherine Dunne

Claire che passa da un uomo sbagliato all'altro, consapevole che forse non troverà mai quello che cerca. Maggie, sensibile e talentuosa, intrappolata nel suo matrimonio infelice dal quale sogna di fuggire. Nora che ha consacrato la sua vita al ruolo della perfetta casalinga e madre amorevole. Georgie, altezzosa e sprezzante, abituata ad ottenere tutto quello che desidera.
Quattro donne che si conoscono dai tempi dell'università. Quattro donne molto diverse tra loro, per cui però l'amicizia è sempre stata un punto fermo, un porto sicuro nel quale ripararsi dalla tempeste della vita.
Stasera è una serata speciale: si riuniscono per festeggiare venticinque anni della loro amicizia, un'occasione non solo per gioire ma anche per fare un bilancio. Ma una di loro ha già deciso che non ci sarà.
La cena finale di "Se stasera siamo qui" è la tappa finale di un cammino che l'autrice Catherine Dunne costruisce pagina dopo pagina, alternando i diversi punti di vista della narrazione. Sarà lì che verranno svelati segreti che prendono forma mano a mano che  il racconto si dipana. Durante la lettura ci si accorge infatti che ogni avvenimento non viene mai svelato completamente direttamente dalla protagonista in persona, ma viene rivelato piano piano attraverso le altre voci femminili.
Questo romanzo è come la vita: non è un cammino lineare ma un intreccio di verità velate, non-detti, bugie, sentimenti repressi, persone che non sono quello che sembrano. Un gioco sottile tra segreti e mezze verità, mentre il filo dell'amicizia continua a legare i destini e le scelte di Maggie, Georgie, Claire e Nora. 

Indicazioni terapeutiche: per chi ha passato ore a sfogarsi per un amore infelice ed è stata consolata, per chi può confessare i suoi segreti più profondi ad un'altra consapevole che non sarà tradita, chi ha la fortuna di avere una amica vera.

Effetti collaterali: il libro è un affresco dell'universo femminile, che è fatto di solidarietà ma anche di gelosie, incomprensioni e, a volte, bugie. Leggendolo si è portati a pensare che l'unica vera amicizia del libro è quella tra Maggie e Georgie. Gli altri rapporti sono meno immediati, meno trasparenti. Ma per questo sono forse meno veri?


mercoledì 17 dicembre 2014

L'aiuto di Kathryn Stockett

Cosa hanno in comune una giovane borghese aspirante scrittrice e due domestiche afro-americane, una che ha passato la vita a crescere i figli degli altri e l'altra che per colpa del suo caratteraccio non riesce a tenersi un lavoro?
Apparentemente nulla. Ma dal sodalizio di queste tre donne nascerà un progetto che rischia di rivoluzionare non solo le loro vite, ma quelle di tutte le persone che conoscono.
Siamo a Jackson,  cittadina del Missisipi, profondo sud degli Stati Uniti,  anni '60. Eugenia  Phelan, detta "Skeeter", torna a casa, dopo aver frequentato l'università. Il suo sogno è quello di costruirsi una carriera tutta sua come scrittrice. Ma sua madre ha piani diversi: vuole per lei un buon matrimonio. L'unica persona che l'ha sempre appoggiata, la sua balia Constantine, sembra sparita nel nulla.
Eugenia dovrà scontrasi non solo con i pregiudizi che la vogliono una donna dimessa, una mera appendice dell'uomo, con il solo compito di essere una buona moglie e madre, ma anche con il profondo razzismo che impregna la comunità in cui è cresciuta. Decisa a non adeguarsi, inizierà a scrivere un libro, grazie all'aiuto di due governanti  afro-americane, Minni Jackson e Aibileen Clark, con il fine ultimo di denunciare tutti i soprusi e le discriminazioni che sono costrette a subire ogni giorno le donne di servizio nelle famiglie bianche per le quali lavorano.
Kathryn Stockett ha dipinto uno straordinario affresco della società americana ai tempi delle marce di Martin Luther King, nelle quali gridava al mondo 'I have a Dream', tempi in cui anche se la schiavitù non esisteva di più, i neri erano asserviti, sottopagati, maltrattati.
L'autrice riesce far immergere completamente nella storia, alternando momenti quasi comici ad altri di una tragicità estrema, regalandoci un libro che fa sorridere, commuovere, indignare e riflettere.

Indicazioni terapeutiche:  per chi lotta non solo per la propria dignità ma anche per quella altrui, per chi crede che abbiamo tutti gli stessi diritti, per chi professa  l'uguaglianza e la libertà di ogni uomo.

Effetti collaterali: È impossibile non rimanere sconvolti leggendo le angherie perpetrate dalle signore bianche della borghesia ai danni delle loro donne di servizio, che trascorrevano la loro vita a prendersi cura di famiglie non loro. L'indifferenza, il disprezzo, la non-curanza nei confronti di altri essere umani lascia basiti. Oggi più che mai libri come questo DEVONO essere letti perché alla porte del 2015, il razzismo non è stato ancora sconfitto, ma anzi la strada da percorrere è ancora lunga.



lunedì 15 dicembre 2014

Rosso Istanbul di Fernan Ozpetek

Un regista turco che vive da anni a Roma decide di tornare a Istanbul, prima che l'edificio che è stata la sua casa venga demolito definitivamente.  Cresciuto circondato da sole donne, il padre e il fratello lontani, in una sorta di originalissimo harem verrà investito dai ricordi: i giochi da bambino, il primo amore, le zie, le stravaganze della madre bellissima.
Anna è in viaggio di lavoro con il marito e due colleghi, non può immaginare certo quello che il destino ha in serbo per lei. Si ritroverà sola, confusa e troverà conforto nei vicoli della città vecchia, nei suoi hamam, nel ritmo lento della vita che non si stanca mai.
Due vite che sembrano scorrere parallele senza incontrarsi mai ma che, come due fili di un arazzo, sono destinate a intrecciarsi.
Ferzan Ozpetek ci trasporta nella sua città natìa, regalandoci sprazzi della sua memoria che, come il rosso e il blu di un tramonto infuocato sul Bosforo, lambiscono il cuore.
Chi ama i suoi film non potrà non apprezzare il libro, un emozionante viaggio in una città magica e nei sentimenti. Con la sensibilità che lo contraddistingue Ozpetek confeziona uno straordinario inno all'amore nelle sue mille sfumature: amore non solo tra uomo e donna (o persone dello stesso sesso), ma amore per la propria famiglia e anche, perché no, per sé stessi.

Indicazioni terapeutiche: per chi sogna le atmosfere delle città d'Oriente, per chi ha nostalgia del proprio passato o al contrario vuole fuggire dal proprio presente, per chi vuole perdersi per ritrovarsi.

Effetti collaterali: sembra quasi di respirare l'aria salmastra trasportata dal mare, sentire le preghiere del muezzin, intravedere il sole che tramonta dietro la cupola della Santa Sofia, la chiesa-moschea simbolo di Istanbul. La nostalgia per un luogo che non avete mai visitato sarà tale che programmerete il prossimo viaggio in Turchia.



domenica 14 dicembre 2014

Presentazione libro "L'unica cosa che non cambia" di Laerte Neri

Ieri sabato 13 dicembre presso la Casa dei Giovani di Querceta si è tenuta la presentazione del nuovo libro di Laerte Neri L'unica cosa che non cambia (edito da Marco del Bucchia Editore), organizzato  dal circolo culturale "Sirio Giannini". L'incontro è stato presentato da Giuseppe Tartarini ed io ho avuto il piacere e l'onore di intervistare l'autore.
Laerte Neri è un giovane scrittore, nato a Forte dei Marmi che abita a Querceta, autore non solo di prosa, ha esordito nel 2012 con Il mio primo capodanno, ma anche di testi teatrali quali Se io fossi te e R...esistere. Tredici buoni motivi per rinunciare al suicidio.
L'unica cosa che non cambia è un'antologia di racconti che prova a confrontarsi con temi quali l'amore, il diventare adulti, il senso della vita. L'autore, come ha precisato durante la nostra intervista, non ha voluto mandare un messaggio, ma ha provato a farsi delle domande: chi siamo? cosa vogliamo? perché siamo qui? 
Il tema centrale, come sottolinea Daniele Pierotti nella prefazione, sono i riti di passaggio, i momenti di crisi che i personaggi si trovano ad attraversare. Ma parla anche di speranza. Ciascun protagonista infatti, pur in una situazione di difficoltà e smarrimento, non si tira indietro, convinto dell'esistenza di una luce, una gemma, un lieto fine possibile per tutti. Perché nonostante tutto, come ci ha ricordato Laerte, anche se viviamo in un mondo di non possibilità, non si deve mai perdere l'ottimismo, la convinzione che guidati dai nostri desideri si può plasmare la realtà, cambiare lo stato delle cose.
E nei suoi racconti si percepisce tutto questo.
Ci sono Anna e Marco, due persone imperfette, che provano ad unire le loro incompletezze, perché a volte può accadere che scavandosi dentro e ripartendo da noi stessi si trova la soluzione alle difficoltà della vita, perché a volte meno per meno fa più.
Poi c'è la storia di Rita e Giacomo, la relazione tra un ragazzo ventottenne e una donna più grande sposata che fa la catechista. L'autore si interroga su cosa sia il peccato, sulla nozione dell'errore, perché se poi una persona sbaglia in buona fede conta lo stesso?
C'è la storia di Marco Fortuna, tredicenne alle prese con le insicurezze adolescenziali, con la fatica di uscire dal bozzolo per spiegare le proprie ali da adulto.
Ho domandato a Laerte se la scelta di ambientare le sue storie in Versilia fosse una scelta pensata. Mi ha risposto che sì, che è voluto partire dalle cose che conosce, dai luoghi che ama come la Versiliana, piazza Duomo a Pietrasanta, il ponte del Principe ( nota di merito alla bellissima copertina di Tommaso Jardella che lo ritrae) per raccontare e raccontarsi. 
Gli ho chiesto cosa significasse per lui la scrittura e mi ha dato una risposta che mi profondamente colpito. "La scrittura è stata una via di fuga, una possibilità, mi ha salvato". Perché, da operatore teatrale qual è, Laerte ci ha ricorda che se il teatro è portare fuori le emozioni che si provano dentro, scrivere è provare a dare un senso alle complessità della realtà che ci circonda, farci i conti e darle una forma.
Come dicevo, il libro parla di riti di passaggio, che sono allo stesso tempo momenti di crisi ma anche di rinascita, possibilità di reinventarsi, di essere nuovi in un mondo in continuo divenire.
E allora la domanda è: cos'è l'unica cosa che non cambia?
Temo che per scoprirlo dovrete leggere il libro. 


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giovedì 11 dicembre 2014

Vita dopo vita di Kate Atkinson

Ursula Todd, appena nata, è morta strozzata dal suo stesso cordone ombelicale. A quattro anni è annegata mentre giocava con la sorella. A cinque anni è caduta dal tetto. Ad otto anni è morta a causa di un'epidemia di influenza. A trent'anni è caduta sotto i bombardamenti dei tedeschi su Londra.
Ma ogni volta, per uno strano scherzo del destino, ha avuto una seconda possibilità, tornare indietro per beffare la morte. Fintanto la possibilità di cambiare il corso della storia trovandosi faccia  a faccia con Hitler.
Si tratta di un vero  e proprio genere letterario: Ucronia. Dal greco "nessun tempo" (da οὐ = "non" e χρόνος = "tempo"), per analogia con utopia che significa "nessun luogo", indica la narrazione di quel che sarebbe potuto succedere se un preciso avvenimento storico fosse andato diversamente.
Quelle che Ursula vive non sono però, in realtà, vite parallele ma tante possibili versioni di sé stessa, che si realizzano di volta in volta. Perché aldilà delle innumerevoli vite, Ursula è una donna ordinaria, con una vita a tratti quasi noiosa, impegnata nel disperato tentativo di salvare, oltre a sé stessa, le persone che incontrerà sul suo cammino.
Kate Atkinson ci consegna un romanzo particolarissimo, di difficile definizione, tra il romanzo storico (nota di merito per la fedele ricostruzione della Londra durante la seconda guerra mondiale) e quello di fantascienza.
Il lettore si trova invischiato in una continua manipolazione, a metà tra la tensione narrativa e la sospensione dell'incredulità. Bisogna leggerlo per capire.
Di sicuro è un opera unica nel suo genere, altrimenti non si spiegherebbe il successo strepitoso che ha avuto. Vita dopo vita è stato infatti eletto libro dell'anno dal New York Times e dal Guardian, vero e proprio caso letterario del 2013, del quale sono già stati venduti anche i diritti cinematografici.

Indicazioni terapeutiche: per gli amanti dei possibili futuri, per chi si chiede sempre come sarebbe stato se...

Effetti collaterali: cosa accadrebbe se avessimo la possibilità di vivere più volte la nostra vita? Alla fine impareremmo dai nostri sbagli raggiungendo la perfezione?
Personalmente credo che se potessi tornare indietro cambierei molte delle scelte che ho fatto, con la consapevolezza però, che non farei meno errori, ma soltanto errori diversi.

martedì 9 dicembre 2014

Alta fedeltà di Nick Hornby

Oggi voglio parlarvi di Alta fedeltà di Nick Hornby, romanzo simbolo degli anni 90, che narra le nevrosi di trentacinquenne perennemente insoddisfatto della propria vita.
Rob Fleming è un ex dj, proprietario di un negozio di dischi usati, mollato dalla fidanzata storica. La sua vita fa acqua da tutte le parti. Unico vero amore, mai messo in discussione, la passione per la musica.
Il senso di fallimento lo spingerà a compiere un viaggio introspettivo alla ricerca della vera causa del suo malessere. Con tono ironico e dissacrante l'autore ci trasporta dentro le vicende amorose, passate e presenti del protagonista, alla disperata ricerca di riconquistare Laura, la donna della sua vita. Rob Fleming incarna alla perfezione la tipologia dell' immaturo, che rifugge ogni responsabilità e ogni legame duraturo, terrorizzato dall'idea che impegnarsi seriamente in qualcosa gli precluda altre possibilità.
Ma questo romanzo è molto di più: è il manifesto di una generazione scoraggiata e contraddittoria che naviga a vista, avendo ormai perso ogni speranza nei grandi ideali, ma che, allo stesso tempo, ha capito che vivere vuol dire qualcosa di più di svegliarsi la mattina e trovare un modo di arrivare alla fine della giornata. Quello è sopravvivere. Allora l'amore, come i sogni e le passioni, sono l'unica cosa che da' un senso alla vita.
Nessuno come Hornby riesce a descrivere le idiosincrasie del mondo in cui viviamo, alternando passaggi divertenti e graffianti ad altri velatamente malinconici, dipingendo un'affresco dei trentenni di oggi (anche se il libro fa riferimento agli anni '90) alla prese con le proprie paure e le conseguenze delle proprie scelte, alla ricerca di sé stessi e di equilibrio che sembra non arrivare mai.

Immagine tratta dall'omonimo fil con John  Cusack (2002)
Indicazioni terapeutiche: per chi ama follemente la musica e ha passato la sua adolescenza a collezionare vinile ( e ancora non ha smesso),
Per gli eterni peter-pan e per le donne che si sono stancate di averli accanto. 

Effetti collaterali: il protagonista è la personificazione dell'uomo post-moderno, nevrotico, depresso cronico, inconcludente, che fuggendo dal proprio passato e temendo il futuro si trova costretto a rifugiarsi in un eterno presente. Ma solo facendo progetti e rischiando si può sfuggire alla condanna di una vita piatta e monotona.


venerdì 5 dicembre 2014

La briscola in cinque di Marco Malvaldi

Mettete insieme un omicidio, un barista un po' burbero ma dall'intuito infallibile e un gruppo di arzilli vecchietti toscani. Cosa ottenete? La Brisicola in cinque di Marco Malvaldi.
La trama è semplice (quasi minimale direi): in una piccola cittadina immaginaria della costa livornese, Pineta, una ragazza dalla reputazione non impeccabile viene ritrovata morta in  un cassonetto. Nel paesino i pettegolezzi si sprecano. Chi sarà stato? Le indagini, guidate dal non particolarmente brillante commissario Fusco, languono. Toccherà a Massimo, barista laureato dal carattere spigoloso, trovare il bandolo della matassa.
Sebbene gli elementi del giallo ci siano tutti, il delitto sembra quasi un escamotage per narrare le dinamiche di un piccolo paese. La vera protagonista è la provincia toscana, con le sue chiacchere da bar,  le vecchiette nascoste dietro le persiane, l'umorismo e lo sfotto' (tipico modo di prendersi in giro benevolmente). Insomma la vita quotidiana di quei quei luoghi dove tutti si conoscono e sanno tutto di tutti, senza che nessuno si sogni di mettere in discussione questo modo di vivere.
Perno della narrazione è il BarLume, il locale gestito dal protagonista, frequentato da un gruppetto di ottantenni, Ampelio, Aldo, Pilade e il Rimediotti, che passano le loro giornate  a giocare a carte e litigare tra loro. I dialoghi, pervasi di ironia, strappano più di un sorriso e ci catapultano in una dimensione dove il tempo sembra essersi fermato.
Malvaldi scrive bene, lo stile è lineare, a tratti brillante. I punti forte del libro sono, senza dubbio, i passaggi in dialetto e la caratterizzazione del protagonista Massimo e dei vecchietti, mentre gli altri personaggi minori sono appena abbozzati.
Forse il libro ha poco del giallo puro (il vero colpevole si intuisce troppo presto) ma la lettura piacevole e divertente fa divorare il racconto pagina dopo pagina.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama le atmosfere della provincia, i personaggi sarcastici e l'umorismo toscano.

Effetti collaterali: Un vero e proprio scorcio di vita quotidiana, che sa di nostalgia per chi come me è cresciuta in un paesino che ricorda molto Pineta, e incuriosirà di certo anche chi non è toscano. Il libro lascia in bocca un gusto di cose andate, le partite al biliardino, il bicchiere di spuma bionda, il nonno che gioca a carte coi suoi amici, nostalgia per luoghi ed emozioni che non ritorneranno più.

mercoledì 3 dicembre 2014

Steve Jobs di Walter Isaacson

Un inno alla creatività, alla volontà, alla caparbietà. Walter Isaacson ci regala un ritratto a 360 gradi di Steve Jobs, una delle figure che ha contribuito a cambiare per sempre il mondo in cui viviamo.  Il creatore della Apple, prima di tutti, ha infatti capito l'importanza di coniugare i concetti di design e tecnologia, intuendo l'importanza che il marketing avrebbe via via assunto nel mercato mondiale (basti pensare alla pubblicità del lancio del Macintosh nel 1984 che viene ricordata ancora oggi come un  spot simbolo di un'epoca ).
Lo hanno definito pazzo, visionario, odioso, geniale, incredibile, arrivista, sognatore. Un uomo che ha saputo suscitare sentimenti contrastanti, insomma. Di sicuro,  non si può fare a meno di detestarlo  e ammirarlo allo stesso tempo.
Attraverso centinaia di colloqui con Jobs stesso e con parenti, amici e colleghi, l'autore ha ricostruito la straordinaria parabola di un ragazzo che, partendo dal garage di casa sua, ha costruito un'azienda che oggi è una delle più quotate del mondo.
Il racconto non parla solo delle geniali intuizioni di Jobs ma anche del suo carattere non facile, che spesso lo ha portato a scontrarsi proprio  con le persone a lui più vicine.
Nel complesso credo che il libro sia caratterizzato da una certa obiettività. Non sono state tralasciate infatti testimonianze, poco eloquenti a dire la verità, relative alle stravaganze di Jobs, come il fatto che non si lavasse frequentemente perché convinto che la sua alimentazione rendesse inutile la doccia, né si è soprasseduto sulle scorrettezze che Jobs faceva senza la minima capacità di sentirsi in colpa, testimoniando la volontà di raccontare un uomo nella sua interezza.
La parte finale l'ho trovata forse un po' troppo celebrativa, la critica viene un po' meno ed è lasciato più spazio all'azienda Apple che al suo fondatore.
Il libro non è certo breve (più di 600 pagine) ed in alcuni punti il ritmo è un po' lento, ma merita leggerlo per conoscere a fondo una figura così carismatica, piena di luci ed ombre, che ha lasciato un segno così profondo nell'immaginario collettivo, non solo per ciò che ha costruito ma per il suo modo di essere.

Indicazioni terapeutiche: consigliato a tutti i visionari, a quelli che inseguono i loro sogni a dispetto di tutto e di tutti, a  coloro che ce l'hanno fatta perché non hanno mai mollato.

Effetti collaterali: Steve Jobs diceva: “Qualche volta quando innovi fai degli errori. E’ meglio ammetterli velocemente e continuare migliorando le altre innovazioni”. Quello che colpisce di più, aldilà dell'indubbia genialità che lo ha portato a rivoluzionare l'idea stessa di personal computer e di comunicazione, è l'estrema caparbietà. Steve Jobs, prima di tutto, è stato un uomo che non ha mai ridimensionato le sue aspettative solo perché gli altri le avevano giudicate troppo esagerate. Anzi. Con arroganza ha portato avanti i suoi progetti, sbagliando e fallendo a volte, ma alla fine ha dimostrato al mondo intero che le sue intuizioni erano giuste. Una lezione da cui ognuno di noi può trarre qualcosa.