giovedì 30 giugno 2016

Il rumore delle cose che iniziano di Evita Greco


Un baule, un casco da palombaro, una scatola di latta piena di biscotti, un'altalena, un ulivo nel giardino.
Per Ada, la protagonista di questo romanzo, la ricetta delle felicità è una casa che contiene poche cose.
Sua nonna Teresa, che l'ha cresciuta, le ha insegnato ad osservare le cose, come cambiano impercettibilmente ogni giorno, perché altrimenti, se smetti di farlo, arriva il giorno in cui non le riconoscerai più e non ti apparterranno più. 
Ma soprattutto nonna Teresa le ha insegnato il rumore che fanno le cose quando iniziano. Un rumore meraviglioso che pochi però sono capaci di interpretare.
Un rumore che scaccia via la malinconia.

Vedi, Ada, prima o poi le cose devono iniziare. Sono come le strade, te sei lì a pensare che una stia finendo, ma in realtà è un'altra che è appena cominciata.

Ada sembra una creatura fatata, una sirena, troppo ingenua e fragile per vivere nel mondo reale, al di fuori della fortezza che sua nonna ha costruito per lei. Ada è stata abbandonata dalla mamma quando era solo una bambina e questo distacco ha lasciato in lei una ferita profonda: la paura di restare sola, di non accorgersi di ciò che sta per finire, di non essere in grado di prevedere il dolore che arriva.

Le cose. Tutte le cose. Anche quelle che sembrano più difficili, anche quelle che passi mesi a prepararle, a pensarci su. Le cose accadono, e passano. E sono più facili. Più facili di quanto pensi.

Il libro si divide in due blocchi: una prima parte che scorre molto lenta, mentre una seconda più densa di avvenimenti. A fare spartiacque una morte annunciata, che lacera Ada, segnando il suo passaggio nell'età adulta. Un'adulta che non rinuncia tuttavia al suo modo particolare di guardare il mondo, alla voglia di emozionarsi ancora davanti ai regali, alle domande che mettono in difficoltà gli interlocutori, alla capacità di amare senza riserve, senza freni, senza paracadute.
Al centro della storia c'è infatti il legame di Ada con il suo "Penna", un uomo pieno di dubbi, di segreti, di domande. Un uomo da cui però Ada non riesce a staccarsi, a cui si dona totalmente perché non sa fare altrimenti.


In generale, l'intero romanzo altera la concezione stessa di tempo, che sembra dilatarsi, sfaldarsi, assumere un nuovo significato. Il lettore si perde tra le righe, tra i dialoghi tra la protagonista e Giulia, l'infermiera che si prende cura di sua nonna, tra le sue riflessioni e le sue paure.
Tra i suoi ricordi.
Quelli di una bambina che si è sentita sempre diversa dagli altri. Perché non aveva i genitori, perché indossava un grembiulino rosso invece che rosa, perché tornava a casa a piedi, perché era dislessica.
La parola dislessia non viene quasi mai pronunciata nel libro, come se le difficoltà di Ada con le lettere e i numeri fosse il frutto del maleficio di una strega cattiva. C'è una non casuale sovrapposizione tra la storia narrata e la vita vera: anche Evita Greco, l'autrice, soffre di quella che oggi è classificata come un disturbo specifico di apprendimento. I bambini che ne sono affetti non sono meno intelligenti, semplicemente hanno bisogno di un altro metodo, che vada al di quello che standardizzato diffuso nelle scuole. Se non vengono aiutati finiscono per sentirsi stupidi, difettosi, non all'altezza delle aspettative. Prigionieri di un sistema che li relega ai margini.

"Aspetto che qualcuno mi tagli la strada" rispose lei, senza pensare che nella sua lista quel lavoro non c'era ancora "O che me la cambi".

Il rumore delle cose che iniziano è un libro denso, pieno di immagini, di poesia, di nostalgia, che vi farà pizzicare gli occhi di lacrime (una nota d'encomio alla lettera della nonna!). Un inno alla diversità, che non è per forza una cosa negativa, ma che può diventare una risorsa, se impariamo a rifiutare le regole che gli altri ci impongono e scegliamo di giocare seguendo solo le nostre.
Un libro che ci ricorda che, nonostante il dolore, le delusioni, le perdite, la nostra vera essenza è fatta di cose belle. Se impariamo a riconoscerle e a riconoscerne il vero valore nulla potrà impedirci di splendere.


Indicazioni terapeutiche: per chi conserva le carte dei regali, per chi sente felice quando si mette il rossetto, per chi dorme con le sue scarpette da ballo ai piedi del letto.

Effetti collaterali: Tutti cerchiamo un posto nel mondo. Solo che a volte quel posto non è luogo fisico ma una persona.




martedì 21 giugno 2016

Scusate il disordine di Luciano Ligabue

Definizione di surreale dal dizionario Treccani: che supera, che oltrepassa la dimensione della realtà sensibile; che esprime o evoca il mondo dell’inconscio, della vita interiore, del sogno.
Surreale.
Non trovo altro aggettivo per descrivere l'ultimo libro di Ligabue, una raccolta di racconti che catapultano il lettore in una dimensione straniante, fatta di entità sconosciute che dialogano tra loro e polaroid magiche che fotografano i pensieri delle persone.
Una carrellata di personaggi che oscillano tra normalità ed eccezionalità, come se queste due dimensioni fossero separate soltanto da un velo sottile, che a volte si solleva lasciando trapelare l'impensabile. E allora capita di "incontrare" un uomo con un piolo conficcato in testa, un musicista che si esibisce negli ospizi, un venditore di dischi perseguitato dal fantasma di una donna misteriosa.

Io ci sono e continuerò ad esserci e continuerò a girarmi verso di te sapendo di poter contare sulla tua solidità, su chi da una vita mi sorregge mentre mi "tiene il tempo".

Non so bene cosa mi aspettassi da questo libro, che è il primo che leggo del cantautore di Correggio. Qualcosa di diverso, forse.
Immergendomi nelle sue pagine si ha come l'impressione di trovarsi sott'acqua, fermi ad osservare un mondo che appare simile al nostro, ma nasconde un'essenza celata agli occhi dei più. Qualcosa di familiare e inconsueto al tempo stesso.
Sullo sfondo la musica, che come l'amore e la vita, è imprevedibile, inafferrabile, indefinibile.

Poi c'è stato un momento in cui le cose hanno preso la piega che hanno preso perché, evidentemente, doveva andare così.

Il fil rouge che lega tutti i racconti è quello che da' il nome al titolo: il disordine.
Perché alla fine per quanto cerchiamo di dare un ordine alle cose, non abbiamo nessun controllo né sulla realtà che ci circonda né tanto meno sui sentimenti e le sensazioni che ci riguardano intimamente. Luciano Ligabue ha voluto sottolineare questa condizione esistenziale aggiungendo alla sua narrazione elementi surreali, sovrannaturali, per certi versi magici, che interferiscono in modo naturale nelle vite dei protagonisti.
Un libro diverso, a suo modo coraggioso, che non deluderà chi sarà capace di andare oltre, di scoprire che solo nell'accettazione del mistero possiamo sperimentare lo stupore che si nasconde nella quotidianità.


Indicazioni terapeutiche: per chi ha smesso di cercare di dare un ordine alle cose.

Effetti collaterali: a tutti è capitato di incaponirsi, fare a testate con la vita non riuscendo ad accettare gli ostacoli, il dolore, la frustrazione. Il segreto sta forse nel disordine?
Forse dovremmo smettere di cercare di capire perché ci capita quello che ci capita.
Forse vivere è semplicemente imparare a nuotare in mezzo al flusso incessante delle cose, senza farsi strascinare dalle onde  ma seguendo la corrente, che magari non ci porterà dove volevamo, ma in un posto miglior che da soli non saremmo mai riusciti a raggiungere.


mercoledì 15 giugno 2016

Il rumore dei tuoi passi di Valentina D'Urbano



Ci sono amori che non possono non essere, anche se dolorosi, devastanti, si impossessano di noi. Strisciano sottopelle, riempiono ogni pensiero, infettano ogni molecola del nostro animo.
È inutile difendersi, resistere, lottare. Certi amori sono come un veleno per cui non esiste antidoto.
Questa è la storia di Beatrice e Alfredo, per tutti  i gemelli. Cresciuti insieme, inseparabili fin da bambini, si sono contaminati l'uno l'altro fino ad assomigliarsi, come due piante intrecciate tra loro, tanto che è impossibile distinguere dove inizia uno e finisce l'altro.

Ci saranno tante cose a cui dovrò abituarmi, e ce ne saranno altrettante di cui dovrò fare a meno. Il rumore dei tuoi passi, il tuo odore che svanisce sul cuscino, la luce del giorno in cui mi hai lasciato sola.  

Beatrice e Alfredo non hanno nient'altro che loro stessi, né futuro, né aspettative, né aspirazioni. Nati in un quartiere ghetto, la Fortezza, dove il degrado e lo squallore sono la norma. Lo Stato non entra, la speranza nemmeno. Un esercito di persone condannate all'ignoranza, all'emarginazione, ad una vita di serie B.
Hanno imparato a non farsi troppe domande, sanno che la vita è questa, che le cose sono sempre andate così. Che ti può capitare un padre che ti ammazza di botte, che il lavoro non c'è, che appena scoprono da quale sobborgo arrivi le persone ti evitano. Non resta che riempire il vuoto delle giornate, bighellonando tra le rovine dei caseggiati, tra le siringhe e la spazzatura.

Avremmo dovuto essere felici. Avremmo dovuto vivere la vita. E invece ce ne stavamo lì abbracciati a cercare di non morire.

Ma Bea non la vuole una vita così. Sogna di  fuggire, vivere nel mondo "vero", vivere come una persona normale. Alfredo no, lui non desidera niente, a parte Bea.
Quell'indissolubile legame tra di loro, nato come un'amicizia tra bambini, che persiste malgrado tutto, diventa una condanna, un peso troppo pesante da sopportare. Un sentimento graffiante e lacerante, che oscilla come un'altalena tra amore e odio, che poi altro non sono che le due facce di un unico sentimento, sfrangiato, spezzato, moltiplicato all'ennesima potenza, l'indescrivibile urgenza di non poter fare a meno di un'altra persona.

Lo sapevo che era difficile, ma pensavo che io gli sarei bastata. Io, che ci sarei stata sempre. Io, che non lo avrei lasciato mai. Io, che ho mantenuto la promessa, perché alla fine è stato lui a lasciare me.

Con il suo libro d'esordio, Valentina D'Urbano ci regala un romanzo che esce dai soliti schemi, commuovente ed intenso, raccontandoci la vita di due ragazzi, intrappolati nel loro destino e nei loro sentimenti da una sorta di determinismo crudele che non lascia scampo. Non è la solita storia d'amore alla Liala, non ci sono né principesse da salvare, né cavalieri dalla scintillante armatura. C'è solo la realtà di due anime fragili, Bea e Alfredo che tentano di sopravvivere, aggrappandosi l'uno all'altro. Solo che, a volte, non è abbastanza.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede che se qualcuno ti ama forse ti salvi.

Effetti collaterali: Crediamo che l'amore sia la risposta a tutto. Che sia come una chiave magica in grado di aprire tutte le porte. Non è vero.
A volte l'amore non è sufficiente. A volte si perde e basta.
A volte non resta che lasciarsi dietro i pezzi e tentare di bastarsi così.
Rotti, mancanti, funzionati solo a metà.


lunedì 13 giugno 2016

La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone


Ho "conosciuto" Lorenzo Marone con il suo secondo romanzo, La tristezza ha il sonno leggero .
Potremmo  dire che sono partita dal dolce.
Già dalle prime pagine, quindi, il mio dubbio era: Cesare Annunziata saprà rubarmi il cuore come Erri Gargiulo?
Perché ripetere la magia non è sempre scontato.
Io smaniavo di immergermi di nuovo tra le pagine di Marone, nei suoi dialoghi in bilico tra materialità e pensiero, di prendere per mano i suoi personaggi, così genuini e veri, e sentirli un po' miei, come se fossero di famiglia.
Missione compiuta.
Cesare Annunziata non ha tradito le mie aspettative, Lorenzo Marone neppure. Ha saputo creare un personaggio odioso e amabile, che fa sorridere e arrabbiare, in ogni caso, a suo modo,  indimenticabile.

Ho impiegato più di settant’anni per capire che io sono lì, nel non fatto. La mia vera essenza, i desideri, l’energia e l’istinto sono conservati in tutto ciò che avrei voluto fare.
Cesare Annunziata è un settantasettenne egoista, scostante, anaffettivo. Un vecchio rompiscatole, in altre parole. Vedovo, con due figli con cui parla a malapena, ha deciso di chiudere la porta in faccia agli altri.
Perché quello che Cesare ha imparato con gli anni è che se c'è un aspetto positivo nella terza età è la conquista di una nuova libertà: la possibilità di fregarsene del giudizio altrui, di abbandonarsi ai propri limiti e difetti senza doversi più giustificare. 
Ma dietro a tanto cinismo c'è del buono: quando Cesare scopre che la sua nuova vicina di casa, Emma, è vittima di violenze domestica da parte del compagno, capisce non può più limitarsi a guardare. Che la nostra vita ha valore nella misura in cui siamo disposti a condividerla con gli altri.

Alla fine ho capito che la storia dell’immolazione iniziale in virtù della quale poi, un giorno lontano, forse, sarai ripagato, è un’idiozia inventata dagli adulti per sfruttare l’entusiasmo dei più giovani. Non c’è nessuno lassù a misurare il tuo impegno e a ricompensarti per le energie profuse. In realtà gli anni in cui tutti ti invitano a tener duro per costruirti un futuro sono i migliori e non vanno gettati al vento per pensare ai successivi che, in ogni caso, non valgono un decimo di quelli spesi.

L'autore intesse le vicende dei personaggi che ruotano intorno al protagonista, i figli, i vicini di casa, un piccolo universo pieno di significati e significazioni. Una storia che non si esaurisce tra le quattro mura di un appartamento ma rifrange sulle coscienze di tutti: un cantastorie che nasconde tra le pieghe di tutti i giorni, una messaggio potente sulla violenza di genere, sul perdono, sulle seconde possibilità.
Nel suo romanzo di esordio Lorenzo Marone dipinge la vecchiaia come un'età dell'oro, una nuova occasione per vivere una vita più piena, coraggiosa, scevra da paure e ipocrisie.
D'altra parte quando non si ha più  nulla, non si ha nulla da perdere. 

Indicazioni terapeutiche: per chi pensa che non è mai troppo tardi per rimettersi in gioco. 

Effetti collaterali: Un proverbio recita che nasciamo tutti incendiari e moriamo tutti pompieri. Saggezza popolare, la chiamano. Che con il passare degli anni, le prospettive si modificano, che si impara ad accontentarsi.
Non è vero.
Non è vero che si abitua.
Non è vero che ci si adatta.
Semplicemente si rinuncia a cambiare le cose.  
Come se l'impulso che ci spinge a cambiare, a lottare, a ricercare la felicità si esaurisse, stagione dopo stagione, lasciandoci svuotati. È ben diverso.


martedì 7 giugno 2016

Notti in bianco, baci a colazione di Matteo Bussola


Mi sono imbattuta in un post di Matteo Bussola qualche mese fa. Anche se non lo conoscevo sono rimasta colpita dal suo modo di scrivere, così toccante e scanzonato allo stesso tempo. Non mi ricordo l'argomento della discussione ma sono rimasta talmente impressionata che ho deciso di iniziare a seguirlo, accorgendomi ben presto che di essere in buona compagnia.

Nella mia vita insonne io sono: padre, figlio, amico, cuoco, chitarrista, giardiniere, disegnatore, amante, lavatore di piatti, costruttore di torri coi cubetti  e un mucchio di altre cose, tutti i giorni e non sempre in quest'ordine Ma ho scoperto che la prima cosa è l'unica che mi contenga per intero. Tutti i giorni imparo da quella e ogni lezione che imparo alimenta tutte le altre. Le mie figlie alimentano me e mi ricordano che essere padre significa vivere in bilico tra la responsabilità e l'abbandono, tra la forza e la tenerezza. E che questo vale per tutto.
Matteo Bussola è diventato infatti un fenomeno virale sui social: il suo diario quotidiano in cui racconta le sue vicissitudini come padre, compagno, fumettista è seguito da migliaia di internauti. Complice probabilmente il calore e l'affetto con cui tante persone commentavano e condividevano le sue riflessioni e le sue risposte alle stravaganti domande delle sue bambine, questi racconti sono diventati un libro, edito da Einaudi, Notti in bianco, baci a colazione, che è balzato subito in testa nelle classifiche di amazon.


Un diario sui generis che inizia così:

Di lavoro faccio il padre. Di professione disegno i fumetti. Per passione, scrivo.

Qual è il segreto di tanto successo?
La semplicità, la voglia di arrivare al cuore dei lettori senza sovrastrutture né artefici. Un uomo che sceglie di parlare di sé, senza però salire in cattedra, ma "condividendo" il suo mondo.
Durante una recente intervista, alla domanda su quando avesse iniziato a scrivere delle proprie figlie, ha candidamente risposto che si limita a parlare della sua vita, che comprende appunto tre figlie, Ginevra, Virginia e Melania, un lavoro "precario" da fumettista, una compagna, due cani, e tutti i problemi delle persone comuni, come andare a a fare la spesa e barcamenarsi tra bollette e conti correnti agli sgoccioli. Uno di noi, direte voi.  
Uno che tuttavia non ha perso la voglia di giocare, di riflettere sulle cose, di vedere il bicchiere mezzo pieno. In questo difficile compito lo aiutano, con tutto il loro incredibile acume, le sue figlie. E allora anche le notti in bianco diventano meno pesanti, gli avanzi di cibo si trasformano in una risorsa, una bambina malata che ti dorme addosso un modo per fermarsi a riflettere.

La bellezza non è mai facile. E se non la scegli solo perché magari ci vuole più tempo ad aprirla, o a raggiungerla, tutto il tempo che risparmierai evitandola non sarà mai una vittoria, ma la più clamorosa delle sconfitte.
C'è tanta poesia nascosta nelle pieghe della quotidianità, solo che finiamo per scordarcene, impegnati a schivare impegni e sfuggire alla vita frenetica in cui siamo intrappolati. Il pregio di Matteo Bussola è proprio questo, usare la sua scrittura come una lente che ci aiuti a cambiare il modo in cui vediamo e viviamo la realtà che ci circonda. Tante istantanee messe una di fianco all'altra, un disegno incompiuto che si rinnova ogni giorno.
Come ci ricorda "il Bussola", come lo chiama la sua compagna Paola Barbato,  perché quando scrivi, , oppure leggi, in quei momenti riesci a cambiare il tuo punto di vista sulle cose. E se riesci a cambiare il tuo punto di vista sulle cose allora significa che il mondo, anche solo un pezzetto, anche se non lo sai, lo hai già cambiato. Cambiando te.


Indicazioni terapeutiche: per i genitori disperati, per chi non rinuncia al buonumore.

Effetti collaterali: Passiamo gran parte nelle nostra giornate ad essere arrabbiati, a lamentarci,  ad inveire perché piove, governo ladro. Dov'è finita la magia. la leggerezza, la felicità?
Si è nascosta nelle domande impertinenti dei bambini, nel ricambiare l'amore che riceviamo, nei gesti gratuiti di gentilezza, nell'educazione che non cede il passo all'arroganza
Ogni piccolo gesto, può propagarsi all'infinito: si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo. Effetto farfalla, lo chiamano.  Perché questo mondo caotico che abitiamo può cambiare, ma dipende da noi. Dalla nostra capacità di vedere le cose in prospettiva. Di prendere la rincorsa e saltare al momento giusto, anche se non sappiamo dove quel salto ci porterà.