venerdì 22 marzo 2019

L'estate muore giovane di Mirko Sabatino


Avere dodici anni è stupendo: il domani è un 'enorme strada bianca davanti a te tutta da scrivere.
Avere dodici anni è terribile: i mostri sembrano invincibili e sembra impossibile riuscire a non soccombere in un mondo di giganti, pronti a schiacciarti da un momento all'altro.
Avere dodici anni è come vivere in una terra di mezzo: un non-luogo di nessuno dove si incontrano l'oceano dell'ingenuità con il mare della dura realtà.

La giovinezza è l'unica parte che conta davvero nella vita di un uomo.

Estate 1963. In un paesino del Gargano tre ragazzini condividono quella che sarà l'ultima stagione della loro infanzia. I lunghi roventi pomeriggi trascorsi sulla panchina nella piazza principale, le lotte coi bulli, i segreti e le corse lungo la scogliera selvaggia presto saranno un lontano ricordo.
Primo cerca di scendere a patti con il vuoto che ha lasciato suo padre morendo, prendendosi cura di sua sorella Viola. Damiano, bello come Paul Newman, è diviso tra l'affetto dei suoi genitori in perenne lite fra loro, una mamma bellissima e un padre troppo geloso. Mimmo timido e riservato è destinato a diventerà sacerdote, così ha infatti deciso la sua famiglia.
Tre ragazzi differenti ma uniti da un legame indissolubile, immaturi e ingenui come solo i bambini possono essere, ma capaci di grandi slanci, consci della potenza dei sentimenti, del valore dell'amicizia e del dovere di proteggere chi si ama. Diversi ma uguali in una profonda condizione di solitudine e smarrimento: ognuno a modo suo è lasciato a sé stesso, impegnato a combattere la sua silenziosa battaglia, crescere senza perdere la parte migliore di sé.


Sogna, Primo, fallo sempre. Ma pianta i tuoi sogni nella terra: cresceranno robusti e non voleranno via.

Primo, Damiano e Mimmo si ritroveranno, loro malgrado, ad affrontare la crudeltà del mondo adulto. Un mondo che non fa sconti, che spezza il debole e incattivisce l'anima. Un mondo di predatori e vittime, dove vige la legge della giungla, dove soltanto il più forte sopravvive.
I tre protagonisti del romanzo stringeranno un patto di sangue dalle nefaste conseguenze che darà l'avvio ad un seria tragica di eventi. Eppure non c'è un'ombra di giudizio da parte dell'autore, Mirko Sabatino, anzi una rassegnata presa di coscienza: la sorte dei tre ragazzi sembra essere già stata segnata, stabilita ancor prima della loro nascita da un giocatore di dadi senza misericordia. Un futuro scritto nella terra arida della Puglia con lacrime e sangue, una terra in cui Dio è morto e agli oppressi è negata ogni flebile speranza.
L'estate muore giovane è un libro che colpisce come un pugno allo stomaco, riecheggiando il miglior Ammaniti. Una tragedia alla quale il lettore assiste attonito, maturando la dolorosa consapevolezza che spesso ogni tentativo è vano. Spesso il Male vince e dei morti non resta che una pallida memoria destinata a sbiadire negli anni.


Indicazioni terapeutiche: per chi non cerca una consolazione, per chi vorrebbe rincorrere la purezza di quando era bambino.

Effetti collaterali:  Nella vita vera quasi mai c'è un lieto fine. L'umanità si potrebbe dividere in due grande categorie: chi è stato sopraffatto e tutti gli altri, i sopravvissuti.  Tuttavia anche chi si è salvato si porta dietro profonde ferite: beffardo premio di consolazione rimane il magro conforto dell’accettazione di ciò che è stato e non può cambiare e, soprattutto, di ciò che sarebbe potuto essere.


mercoledì 6 marzo 2019

Berta Isla di Javier Marías


Berta Isla e Tomás Nevinson sono una coppia perfetta: si conoscono sin da ragazzi e il loro legame giovanile cresce nel tempo fino a condurli al matrimonio nel maggio del 1974, nella chiesa di San Fermìn de los Navarros. Ma la loro vita che appare già instradata su un binario con una placida destinazione subisce uno scossone. A seguito di un losco episodio, Tomás, per metà inglese, viene arruolato nei servizi segreti al servizio di sua maestà.

Non sempre riconosciamo le storie d'amore degli altri, neppure quando ne siamo noi l'oggetto, la meta, il fine.

Questo avvenimento segnerà una cesura nelle esistenze di Berta e di Tomás: i segreti e la distanza, sia fisica che intellettuale, si insinueranno tra i due, allontanandoli giorno dopo giorno. Pagina dopo pagina, il lettore si ritroverà immerso nelle riflessioni e nei dubbi che attagliano i due attori principali: quanto conosciamo davvero chi amiamo? O quanto l'oggetto del nostro sentimento non è che un costrutto mentale, una chimera, un'illusione nella quale ci sforziamo tanto di credere?
Javier Marías costruisce un romanzo su un amore imperfetto, su quanto un legame duraturo venga fiaccato dai non-detti e dai risentimenti, o, al contrario, possa sopravvivere, grazie alla consapevolezza che nessuna storia è immune alle delusioni, ai silenzi, ai disinganni.


Se c'è una cosa che caratterizza e accomuna gran parte dell'umanità (e con questo mi riferisco a quanti sono passati sulla terra dalla notte dei tempi), è che su tutti noi l'universo influisce senza che possiamo influire su di esso, o in misura minima. Noi crediamo di far parte del mondo, ci viviamo e ci affanniamo per modificarlo sotto questo aspetto nel corso della nostra vita, ma in realtà siamo "reietti dell'universo" come dice quel celebre racconto sul tizio che sparisce dal mondo trasferendosi in una via poco ontano senza dirlo a nessuno.[..] Il mondo non lo alterano certo la nostra soppressione o la nostra nascita, il nostro lento percorso, la nostra esistenza, la nostra fortuita comparsa e il nostro inevitabile annullamento.

Marías è un maestro del prolisso: la sua scrittura piena e ridondante appare riempire ogni spazio, saturando l'aria, coi i suoi mille interrogativi e le sue meditazioni. Ho trovato la parte centrale forse un po' troppo ripetitiva, come se l'autore volesse focalizzare l'attenzione sulla fase di stallo del rapporto tra i due protagonisti.
In ogni caso è indubbio che Berta Isla è più che un romanzo su un legame di coppia, è una profonda riflessione sui meccanismi insiti nell'animo umano, su ciò che ci spinge ad agire o a restare fermi, ad aspettare o a fuggire. Il rapporto tra Berta e Tomás alla fine appare quasi un pretesto per parlare di altro, di come ogni essere umano cerchi un proprio scopo nel mondo, un modo per lasciare un segno e di come tutto questo affannarsi si dimostri vano. Non siamo che reietti dell'universo, tutto ciò che abbiamo siamo noi stessi, con i nostri limiti e  i nostri affetti, e niente di più.


Indicazioni terapeutiche: per chi è affascinato dalle zone oscure del matrimonio.

Effetti collaterali: Berta Isla è una novella Penelope, condannata ad aspettare il suo uomo,  che come Ulisse, è impegnato altrove, a vivere una vita intensa e pericolosa, dalla quale lei è stata totalmente esclusa. Una donna che consuma il suo tempo nel dubbio e nell'attesa, paralizzata nel ritorno di colui che ama e che, forse, non ha mai  conosciuto veramente.