venerdì 30 giugno 2017

LEIELUI di Andrea De Carlo


Ho letto LEIELUI (tutto maiuscolo, tutto attaccato) a distanza da pochi giorni da L'imperfetta Meraviglia, ultimo titolo uscito di De Carlo. Il confronto era quindi inevitabile. Non vi è dubbio che vi siano molti richiami tra i due libri: i due protagonisti diversi eppure simili sotto la pelle, il balletto di sensazioni che li investe con una furia inarrestabile, i gesti densi che riempiono i silenzi, il bisogno di viversi aldilà delle convenzioni.
Claire Moletto, americana che lavora in un call center a Milano incontra, o meglio si scontra, con Daniel Deserti, scrittore dal passato fulgente ma che sembra aver perduto la voglia di scrivere ( è impossibile non riconoscere in lui l'alter ego dello scrittore milanese).
Come da cliché tra i due scoppierà un'attrazione inspiegabile, mascherata all'inizio da una pruriginosa antipatia, che li porterà a deragliare dai binari delle loro vite.


Le persone più interessanti sono sempre il frutto di situazioni complicate.


Cliché è la parola chiave. In LEIELUI infatti l'intreccio infatti è infarcito di stereotipi letterari.
Lei è una personaggio femminile complesso: leggiadra e profonda, bella senza averne l'aria, sensuale ma non volgare, super-percettiva, brillante senza risultare supponente.
Lui incarna il prototipo che unisce genio e sregolatezza, il maschio alfa che colleziona avventure di una notte, il padre assente e collezionista di relazioni e matrimoni naufragati.
Lei è succube del fidanzato avvocato milanese che la desidera perché esotica ma vuole cambiarla, normalizzarla, imborghesirla.
Lui fatica a sopravvivere ad un ambiente, quello dell'editoria, popolato finti scrittori prestati dalla TV, nel quale ormai l'unica logica che conta è quella commerciale.


“Non trovi stupefacente come nel primo istante del primo incontro uno raccolga tutte le informazioni rilevanti sull'altra persona?” “Sono tutte lì” dice lui. “Positive e negative, come in una fotografia ultradettagliata. Tutte le caratteristiche che ti possono piacere e tutte quelle che non ti possono piacere per niente.”

Eppure a me il libro è piaciuto.
Non sempre una trama avvincente fa un buon libro. Non basta. Serve la capacità di andare oltre, di emozionare il lettore. Raccontare dell'amore senza scadere nella banalità non è mai facile. Per me, De Carlo ci riesce.
Troppi luoghi comuni? Troppa enfasi? Nessuno come lui è in grado di sezionare le emozioni, di immaginare dialoghi e situazioni, di danzare intorno ai sentimenti, di evocare paesaggi, turbamenti, suggestioni. Ha la capacità di immergersi nelle relazioni, di scrivere per pagine e pagine senza in realtà narrare niente, e, al contempo, senza perdere di intensità.

Non riesce a credere a quanto siano infantili i nostri impulsi di base: inseguire quello che ci viene negato, scappare da quello che ci viene offerto.

Alcuni detrattori  accusano De Carlo di essere troppo commerciale, un mercenario che sforna best-seller a comando. Crede di essere il più grande scrittore italiano, dicono.
La verità è che LEIELUI è un libro non nuovo, che racconta un topos letterario come quello di un triangolo amoroso,  ma lo fa in modo talmente evocativo e coinvolgente da risultare credibile. L'abbondare di particolari potrebbe risultare stucchevole o al limite del banale, ma questo è lo stile di De Carlo, ciò che mi aspetto quando compro un suo romanzo.


Indicazioni terapeutiche: per chi ama De Carlo.


Effetti collaterali: seguire l'istinto, cedere la passione, rompere gli schemi. Sono scelte che nella realtà non pagano mai, o quasi. Ma nei libri accade. Per questo leggiamo. Perché la letteratura ci regala un posto nel quale  rifugiarci quando siamo stanchi, quando abbiamo bisogno di continuare a credere che, a volte, l'impossibile sia possibile.




mercoledì 21 giugno 2017

I baci non sono mai troppi di Raquel Martos

D'estate leggo di più. La luce bianca che avvolge come un sudario ogni cosa, l'afa che scoraggia ogni movimento, il tempo che si dilata sotto il sole cocente. Il mio unico desiderio diventa quello di sdraiarmi con la testa bene all'ombra e le gambe baciate dai raggi solari e chiudermi nella mia bolla di solitudine.
Non che esistano libri più indicati per la bella stagione, ma io, quando le giornate si allungano, i capelli si schiariscono e la pelle si fa ambrata, prediligo i romanzi a impronta femminile, le storie scritte da donne che parlano di donne.
I baci non sono mai troppi di Raquel Martos appartiene a questa categoria.

Nella vita perdiamo tempo come se fosse gratis, come se lo regalassero, dimenticando che prima o poi dovremo restituirlo. Se contassimo tutti i minuti in cui siamo coscienti del fatto che ciò che stiamo facendo è unico, per quanto sembri banale e quotidiano, quanti giorni pensi che otterremmo nel corso di tutta la vita?

Può un'amicizia sconfiggere ogni invidia e gelosia? Può durare tutta la vita?
Eva è una bambina bionda e timida di sette anni quando un giorno a scuola arriva una nuova alunna, Lucia, mora con la frangia e il caschetto che la fanno sembrare una piccola adulta, risoluta e pronta a dare battaglia alla vita a testa alta.
Insieme affronteranno le insicurezze e le gioie del diventare grandi: le lunghe vacanze estive, i primi flirt, l'università, l'amore, i primi passi nel mondo del lavoro.

I baci non sono mai troppi: non si esauriscono e non ne abbiamo una riserva limitata. Si può sempre darne altri.
La storia è narrata dalle due voci delle protagoniste che si incontrano per caso un giorno in aeroporto, dopo un allontanamento a causa di un litigio. Lucia è ormai una donna in carriera che ha sacrificato l'idea della famiglia per inseguire il successo. Eva si barcamena tra la figlia Lola di cinque anni e un matrimonio ormai agli sgoccioli. Giunte entrambe ad un bivio, sapranno riprendersi per mano e riscoprirsi più unite che mai.
Il romanzo d'esordio di Raquel Martos non è certo un capolavoro, ma una lettura piacevole in cui ogni lettrice può intravedere frammenti della propria vita. Un romanzo sui buoni sentimenti, che come i baci non sono mai abbastanza.


Indicazioni terapeutiche: per chi ha avuto un'amica del cuore.

Effetti collaterali: Totò diceva che la felicità è fatta di attimi dimenticanza. Questo romanzo afferma esattamente il contrario: la felicità è figlia della banalità, una ricetta dai semplici ingredienti. Il calore della famiglia. Le risate tra amiche. Una mamma che versa il caffelatte da una tazza all'altra per farlo raffreddare.


mercoledì 14 giugno 2017

L'imperfetta meraviglia di Andrea De Carlo

Andrea De Carlo è uno dei miei scrittori preferiti. Lo è da quando adolescente, mi persi tra le pagine di Due di Due, rapita dalla sua capacità di pennellare personaggi complessi e mai banali, di scandagliare le emozioni, i sentimenti, gli stati d'animo in maniera chirurgica.
L'imperfetta meraviglia rievoca, anche se in maniera depotenziata rispetto ai romanzi precedenti, la magia di un incontro tra i due protagonisti, Milena Migliari, gelataia alla ricerca del gusto "perfetto", e Nick Cruickshank, leader di una famosa rock-band che vive sull'onda dei successi passati.

"Perché la meraviglia è imperfetta?" Lui la fissa, in attesa. Lei si chiede se dovrebbe cercare una risposta accurata, o cavarsela con una battuta; alla fine parla senza riflettere. "Perché non dura."

Cosa hanno in comune?
All'apparenza niente, se non il ritrovarsi nello stesso luogo nello stesso momento.
Ma scavando sotto la scorza della superficie, si ritrova la solita irrequietezza di fondo, la sensazione di alterità costante, di essere sempre "altro" rispetto a chi li circonda, il bisogno urgente di essere "altrove".
Due perfetti sconosciuti che, dopo aver girovagato incapaci di trovare una propria dimensione, un luogo da poter chiamare casa, hanno deciso di fermarsi, almeno temporaneamente, in un piccolo paesino della Provenza.
Due perfetti sconosciuti intrappolati nei percorsi intrapresi, incapaci di quello scatto vitale che potrebbe permettere loro di riprendere in mano la propria esistenza. Milena bloccata al bivio se diventare madre o no, Nick che si immola al terzo matrimonio come un condannato a morte aspetta la sua pena.
Entrambi in balia dei dubbi e delle inquietudini interiori, come foglie trasportate dalla corrente. Senza slanci, senza convinzione. Una vita ridotta alle occasioni mancate, in cui ciò a cui stanno rinunciando pesa di più di quello che stanno consapevolmente scegliendo.


Tutto quello che puoi fare è metterti in sintonia, stare in ascolto dei segnali e quando arrivano seguirli, come potresti seguire un sentiero attraverso la giungla; solo che questo sentiero si forma mentre ci cammini sopra, passo dopo passo. Non serve consultare bussole, né studiare mappe, né decidere itinerari: l'itinerario è lì, sotto i tuoi piedi.

Ma può un incontro sovvertire l'ordine precostituito?
No.
O meglio non è l'incontro in sé, ma il turbamento che provoca, lo spostamento della scala di valori, di propositi, di obiettivi. Non sono mai i cambiamenti clamorosi a dare un risultato interessante: sono le piccole deviazioni dalla norma, i tocchi che potrebbero essere quasi inavvertibili e invece si sentono.
Non servono le razionalizzazioni a posteriori. Non serve continuare a fuggire, giustificarsi, negare l'evidente, nel vano tentativo di accettare disperatamente ciò che si è diventati e smettere di rincorrere cos'altro si sarebbe potuto essere. Quanto vogliamo quello che vogliamo è il frutto delle circostanze o di una nostra ricerca interiore?

Forse il problema è che lei non è una persona normale: che è fondamentalmente una disadattata, con la testa piena di idee che non collimano mai con il mondo reale. e il mondo reale se ne accorge, e le manda una bastonata sulla testa appena può, per ricordarle chi è il più forte; oppure cerca di chiuderle qualche muro intorno, di bloccarle la porta quando lei avrebbe l'istinto di scappare fuori a respirare l'aria libera e guardare il cielo.
Andrea De Carlo ripercorre uno dei temi a lui più cari, quello della capacità di prendere in mano la propria vita, la corrispondenza o discrepanza tra quello che si vorrebbe o potrebbe essere e quello che si è. Da una parte coloro che riescono a mettere a frutto il proprio potenziale, dall'altro quelli che rimangono schiacciati dalle circostanze. La differenza sta tutta lì.

Indicazioni terapeutiche: per chi sente sempre un pesce fuor d'acqua.

Effetti collaterali: Milena accompagna le vaschette di gelato che vende con bigliettini con le frasi che la colpiscono. Una è un aforisma famoso di Oscar Wilde: «La vita è troppo breve per sprecarla nei sogni altrui».
Pensare prima ai propri bisogni non è egoismo, è amor proprio.
Sprecare la propria esistenza ad accontentare gli altri non è altruismo, è mancanza di coraggio.