mercoledì 16 marzo 2016

L'Alchimista di Paulo Coelho

Una volta ho letto che la musica che ascoltiamo, i libri che leggiamo, i film che vediamo durante la nostra adolescenza ci segnano per sempre. In quel periodo infatti si definisce la personalità di ogni individuo e i gusti prendono definitivamente forma. 

Forse per questo L'Alchimista di Paulo Coelho resta in cima alle mie preferenze.
L'ho letto quando avevo diciassette anni e tutto in quel romanzo urlava un messaggio che sembrava essere stato scritto proprio per me. Io non ero più io ma Santiago, che vendute le sue pecore, partiva alla ricerca della propria Leggenda Personale.

Tutti da giovani sanno qual'è la propria leggenda personale, non hanno paura di sognare né di osare. Ma poi col passare del tempo quella certezza scompare, inghiottita dal timore di fallire. E si finisce per accontentarsi e per raccontarsi che è andata bene così. Si impara a mentire a sé stessi per sopravvivere.
Ma vivere è un'altra cosa.
Vivere è onorare la nostra vera natura, non tradire i nostri talenti, essere il meglio di ciò che possiamo essere.

E quando tutti i giorni diventano uguali è perché non ci si accorge più delle cose belle che accadono nella vita ogniqualvolta il sole attraversa il cielo. 

Il protagonista di questo romanzo, Santiago, decide di lasciare la sua vita da pastore e intraprende un viaggio che è non solo fisico ma soprattutto spirituale, che lo strappa dalla sua routine e, giorno dopo giorno, gli  regala l'insegnamento più grande: quando desideri qualcosa tutto l'Universo cospira affinché realizzi il tuo desiderio. 
Come capire se ci troviamo sulla giusta strada?
Segui i segnali.
Non passa giorno che l'Universo perda occasione per lanciarci un segnale. Ma bisogna essere coraggiosi: i nostri sogni hanno bisogno di sapere che lo siamo per venirci incontro.

Paulo Coelho
E Santiago lo è temerario per vendere tutto e partire alla ricerca di un fantomatico tesoro, nascosto ai piedi delle piramidi. Lungo la sua strada incontrerà tante persone e finirà per trovare l'amore, laddove sembrava meno probabile,  in un'oasi in mezzo al deserto.

È facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri s'incontrano e i loro sguardi s'incrociano, tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose, sotto il sole, sono state scritte dalla stessa mano, la mano che risveglia l'Amore e che ha creato un'anima gemella per chiunque lavori, si riposi e cerchi i propri tesori sotto il sole, perché se tutto ciò non esistesse non avrebbero più alcun senso i sogni dell'umanità.

L'Alchimista di Paulo Coelho è un romanzo pieno di poesia e di fiducia (forse un po' troppo sentimentale per chi non ama il genere), che non ti stanchi mai di leggere, perché ogni volta ti regala una sfumatura diversa. Un libro da tenere sul comodino a portata di mano, da rileggere nei momenti tristi.

Indicazioni terapeutiche: per chi ha bisogno di un'iniezione di ottimismo, per chi nonostante tutto non ha mai smesso di sognare.

Effetti collaterali: L'Alchimista è un viaggio nella consapevolezza della propria interiorità ed esteriorità. Una favola all'apparenza semplice che cela però un significato profondo: è necessario entrare in contatto con la propria vera essenza, per trovare la strada per felicità. Solo trovando il coraggio di ascoltare il proprio cuore si può essere felici, d'altronde nessun cuore ha mai provato sofferenza quando ha inseguito i propri sogni.


lunedì 14 marzo 2016

Adesso di Chiara Gamberale


Succede che ti innamori,  costruisci una vita insieme ad una persona, anzi quella persona è diventata la tua Occasione, solo che non lo sai ancora.
Lo scopri solo quando qualcosa, quel qualcosa che vi teneva uniti, si rompe. E la vita che avevi sognato, immaginato, costruito scompare come i sogni al mattino, lasciandosi dietro una scia di rimpianti, recriminazioni e sensi di colpa.
E tu non sei più la stessa.
Se hai vissuto qualcosa di vero, un amore vero intendo, quell'amore ti ha deformato, cambiato per sempre, ha guarito in parte la bambina che sei stata ma te l'ha riconsegnata saccheggiata, tradita di nuovo, di nuovo delusa, con tutte le sue ferite e forse anche qualcuna in più che non ti eri accorta di avere.
E allora la paura di innamorarti di nuovo ti blocca, ti paralizza, come un veleno che ti scorre nelle vene. Ricominciare fa paura, più paura che restare soli. 
È quello che è successo a Lidia e Pietro.

“Funziona così. Che arriviamo a un punto. Prima di quel punto, ne abbiamo la certezza assoluta: è già successo tutto. O almeno tutto quello per cui poteva avere un’ombra di senso ‘sta vita. “Io? Tu. No no. Sì sì. Non sono pronto. Nessuno lo è”.

Lidia è la Lidia di La zona Cieca (Vi ricordate? http://bit.ly/1XPsol2 ) che nel frattempo si è separata da Lorenzo. Una che, nonostante tutto, nutre un grottesco accanimento sentimentale nei confronti della vita. È diventata una star televisiva e conduce il programma Le famiglie felici: si trasferisce una settimana a casa di una famiglia per provare ad imparare come si sta insieme. Perché, alla soglia dei trentasei anni, non è ancora riuscita a capire l'amore come si fa, e soprattutto cosa succede quando il sentimento finisce.


Pietro, padre separato in causa con una ex moglie che ha deciso di entrare in convento, salta da una relazione all'altra, incapace di rimettersi in gioco davvero.
Due anime difettose e difettate, incapaci di guarire. 
Lidia che preferisce essere libera anziché felice.
Pietro prigioniero della sua normalità.
E’ che ci sono sette miliardi di persone al mondo. Ma fondamentalmente si dividono in due categorie. Ci sono quelle che amiamo. E poi ci sono tutte le altre. Che sono tantissime. Le prime invece sono poche. Ci costringono a cambiare tutto quello che riusciamo a cambiare e a fare pace con quello che non potremo cambiare mai: per questo amarsi è un'impresa.
Ma davvero tutto quello che c'era di bello l'hanno già vissuto? L'amore arriva solo una volta sola?

Per Chiara Gamberale no. Lo dimostra la passione e la forza che ha messo in questo suo ultimo romanzo. Innamorarsi di nuovo è possibile, è solo questione di tempo.
Come ha detto la stessa autrice in una sua intervista il dolore è così straziante perché una separazione non divide solo due esseri umani fra loro, ma anche ognuno dei due, dentro di sé. E se il dolore è vissuto porterà a un altro, possibile, “adesso”. Se invece il dolore è solo subito rischia di diventare un alibi per non mettersi più in gioco.

La scrittrice riesce nell'ardua impresa di mettere in scena l'innamoramento nel senso proprio del termine: non ciò che accade fuori ma quello che succede dentro, quando incrociamo lo sguardo di una persona tra i 7 miliardi che vivono nel mondo e di colpo sentiamo una pallina nella pancia, lì sotto le costole, dove prima non c'era niente.
E non non importa quanto il nostro muscolo rosso ha sanguinato, quante volte è stato spezzato, non smetteremo mai di inseguire quella sensazione, quella pallina che ci fa sentire vivi. Perché fare il viaggio senza aver mai amato equivale a non aver mai vissuto. 


Indicazioni terapeutiche: per chi ha voglia di ricominciare ma non sa da dove iniziare.

Effetti collaterali: La maggior parte delle persone insegue il mito dell'amore platonico, la fantomatica ricerca dell'altra metà della mela, che ci completi, ci restituisca la nostra integrità. Io non la penso così. Sono accordo, al contrario, con ciò che diceva Philip Roth: Io credo che tu sia completo prima di cominciare. L’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due. 
La verità è tutta qui.

mercoledì 2 marzo 2016

Perché le Nazioni falliscono di Daron Acemoglu e James Robinson

Viviamo in un mondo di disuguaglianze economiche, sociali, culturali, disuguaglianze che, di giorno in giorno aumentano, di modo che i ricchi sono sempre più ricchi, mentre i poveri sono sempre più poveri.
Nei paesi ricchi le persone godono di migliore salute, vivono più a lungo e sono più istruite. Nella vita hanno accesso a molti agi e opportunità, dalla possibilità di studiare e scegliersi la propria carriera professionale, alle vacanze, alle case dotate di acqua corrente ed elettricità. Vivono in Nazioni in cui vigono governi democratici che assicurano la tutela dei diritti e delle libertà individuali. Elemento ancora più importante è il fatto che i cittadini possano votare alle elezioni influendo così in modo diretto sulle scelte politiche.
Nei paesi poveri, al contrario, non solo gli individui non hanno le risorse minime necessarie per il loro sostentamento, ma non godono nemmeno dei diritti considerati fondamentali. Spesso gli abitanti di tali paesi vivono infatti in Stati non democratici, i cui governi intervengono in modo invadente e oppressivo nelle loro vite private.
Copertina del libro

Da anni gli studiosi si interrogano sul perché esistano simili diseguaglianze a livello globale e quali siano le loro cause. Daron Acemoglu e James Robinson nel loro libro Perché le Nazioni falliscono sostengono che la causa è da ricercarsi nelle diverse istituzioni che governano i diversi stati, sostenendo che esiste un legame indissolubile tra istituzioni politiche ed economiche. È infatti il processo politico a definire all'interno di quali istituzioni economiche si svolgerà la vita dei cittadini, per esempio se gli scambi avverranno o meno in una situazione di libero mercato. Le istituzioni influenzano quindi i comportamenti e gli incentivi nella vita quotidiana e così facendo determinano l'origine del successo o del fallimento delle nazioni in cui operano. 
Acemoglu e Robinson sostengono che i paesi del mondo hanno una diversa capacità di sviluppo economico per via delle loro differenti istituzioni, cioè le regole che influenzano il funzionamento dell'economia e degli incentivi che motivano i singoli individui. Gli autori raggruppano tutte le istituzioni possibili in due grandi categorie: quelle inclusive e quelle estrattive. 
Le istituzioni inclusive permettono che nei luoghi dove si prendono le decisioni convivano i rappresentanti di numerosi e diversificati interessi e non soltanto quelli di una precisa élite. Il conflitto tra i vari interessi di questi rappresentanti fa sì che sia conveniente per tutti stabilire una legge chiara, univoca e che possa essere applicata in tutti i casi, invece dell’arbitrio di un monarca o di un dittatore che potrebbe appoggiare ora gli uni ora gli altri.

Distribuzione della ricchezza nel mondo
In altre parole istituzioni politiche inclusive significa democrazia rappresentativa, mentre istituzioni economiche inclusive significa un mercato tendenzialmente libero, dove per chiunque sia possibile aprire un’impresa o comunque esercitare il suo talento nella direzione che preferisce. I nemici delle istituzioni economiche pluraliste sono i monopoli, le corporazioni, le barriere all’ingresso nelle varie professioni e così via. Per essere inclusive, le istituzioni economiche devono quindi garantire il rispetto della proprietà privata, un sistema giuridico imparziale e una quantità di servizi che offra a tutti uguali opportunità di accesso al sistema di scambi e contrattazioni e la possibilità di scegliere liberamente un'occupazione.
I sistemi politici politici di tipo estrattivo, al contrario, concentrano il potere nelle mani di una cerchia ristretta e non pongono limiti all'esercizio del potere stesso. Le istituzioni economiche sono forgiate da questa élite per estrarre risorse dal resto della società, generando in tale modo un circolo vizioso: le istituzioni politiche consentono all'élite al potere di plasmare le istituzioni economiche con pochi limiti e quasi senza opposizione, e allo stesso tempo di determinare l'evoluzione futura del sistema politico-istituzionale.


In conclusione, la tesi sostenuta dai due studiosi americani è che non può esserci una crescita economica duratura e stabile senza democrazia e libero mercato. Una teoria costruita ad hoc per ottenere il plauso del pubblico occidentale?
Di sicuro siamo di fronte ad una tesi forte che farà molto discutere, perché bisogna sempre tenere presente che la storia non procede linearmente, ma è caotica, nel senso sistemico del termine, quindi non spiegabile con uno o due fattori.
Il libro è scorrevole e si legge bene, anche se è un po' prolisso. Il concetto espresso è chiaramente con molti gli esempi riportati a sostegno della tesi ma pecca, a mio avviso, di eccessiva ripetitività. L'ho trovato, in ogni caso, un libro interessante che spiega in maniera accessibile a tutti perché alcuni Stai "funzionano" e altri no.


Indicazioni terapeutiche: per chi non si è ancora reso conto di esser nato nella metà fortunata del mondo.

Effetti collaterali: Le istituzioni economiche inclusive creano mercati inclusivi che garantiscono a tutti gli individui la libertà di seguire le proprie aspirazioni e di realizzarle concretamente. Di fatto, aprono la strada ad altri due fondamentali fattori della prosperità: la tecnologia e l'istruzione. Una forte e prolungata crescita economica è quasi sempre accompagnata da innovazioni tecnologiche che permettono al fattore lavoro, gli individui, di diventare più produttivo. Alla dimensione tecnologica sono intimamente legati l'istruzione, l'abilità e le competenze professionali, il know-how, acquisite attraverso l'istruzione o il lavoro stesso. La scarsa qualità dei sistemi scolastici nei paesi poveri è causata da istituzioni politiche che non finanziano e sostengono le scuole. Il basso grado d'istruzione si traduce nello spreco di possibili talenti: È. plausibile che nei paesi poveri ci siano molti potenziali Steve Jobs, Bill Gates, Jeff Bezos, che lavorano come contadini o arruolati forzatamente nell'esercito.