giovedì 26 ottobre 2017

IT di Stephen King


Ieri sera sono andata a vedere il nuovo remake di IT. Che delusione. Il film non regge il confronto con l'originale del 1990 ma sopratutto scompare se paragonato al libro da cui è tratto. IT è umanamente riconosciuto, a ragione, il capolavoro di Stephen King.
La trama la conoscete tutti, così come tutti conoscete lui, IT,  la creatura che si sveglia ogni 27 anni per nutrirsi degli abitanti di Derry. Penny Wise, il clown che ha popolato gli incubi di intere generazioni di bambini.
Ma etichettare questo romanzo come un semplice libro horror sarebbe riduttivo, IT è molto di più. In primo luogo è un grande romanzo di formazione che narra le vicende di un gruppo di ragazzini e di come la loro amicizia li abbia resi tanto forti da battere un mostro millenario, un mutaforma capace di assumere l'aspetto delle loro paure più recondite.


L'unico modo per andare avanti è andare avanti. Dire lo posso fare anche quando sai che non puoi. 

Il romanzo è costruito attraverso continui salti temporali tra il presente (la storia 
 è ambientata negli anni '80 considerando che l'opera è stato pubblicato nel 1986), in cui i
protagonisti sono ormai cresciuti e hanno dimenticato la loro città natale, e l'estate del 1957-58, durante la quale affrontarono per la prima volta IT, in un continuo rimando tra
l'infanzia e la maturità, tra la capacità di credere che tutto sia possibile e lo scetticismo dell'età adulta. Riusciranno i nostri eroi a ritrovarsi e a battere, questa volta per sempre, l'incubo della loro adolescenza?


Parti e cerca di continuare a sorridere. Trovati un po' di rock and roll alla radio e vai verso tutta la vita che c'è con tutto il coraggio che riesci a trovare e tutta la fiducia che riesci ad alimentare. Sii valoroso, sii coraggioso, resisti. Tutto il resto è buio.

La grande forza di King sta nell'aver saputo costruire un grande affresco della società americana: Derry è  l'emblema della società occidentale disposta a sacrificare vittime innocenti sull'altare dell'ipocrisia e del perbenismo. IT è allo stesso tempo un mostro alieno ma anche una componente imprescindibile della cittadina del Maine, capace di vivere e prosperare grazie ai suoi abitanti e alle loro angosce segrete. Non c'è IT senza Derry, così come non c'è Derry senza IT, in una sorta di patto non scritto di reciproca protezione.
A spezzare questo perverso incantesimo arriveranno loro, i membri del Club dei Perdenti, Bill, Bev, Ben, Stan, Richie, Eddy e Mike, ognuno diverso, ma ciascuno simile nella propria solitudine. Sarà la loro capacità di credere nella magia, di capire che la vera forza scaturisce dalla capacità di restare unti, combattendo gli uni per gli altri, che li aiuterà non solo a sconfiggere il mostro per antonomasia, ma le loro paure più inconfessabili. Ciò che è certo è che dopo la battaglia non saranno più gli stessi: nello scontro scopriranno infatti di essere più forti di quanto avrebbero mai immaginato. Ma il marchio dell'orrore resterà loro addosso, come una cicatrice indelebile, che li costringerà a dimenticare per sopravvivere.


Forse non esistono nemmeno amici buoni o cattivi, forse ci sono solo amici, persone che prendono le tue parti quando stai male e che ti aiutano a non sentirti solo. Forse per un amico vale sempre la pena avere paura e sperare e vivere. Forse vale anche la pena persino morire per lui, se così ha da essere. Niente amici buoni. Niente amici cattivi. Persone e basta che vuoi avere vicino, persone con le quali hai bisogno di essere; persone che hanno costruito la loro dimora nel tuo cuore.


Ciò che rende questo libro un capolavoro nel suo genere è la capacità di affrontare molti temi importanti come il bullismo, il razzismo, la violenza e gli abusi familiari, l'integrazione. IT è soprattutto una grande metafora sulla difficoltà di diventare grandi e un'indimenticabile inno all'amicizia e al potere indistruttibile di certi legami.
I  pomeriggi estivi infiniti passati tra mille avventure, i giochi ai Barren, le corse in bicicletta, ricordi indelebili di un'infanzia perduta per sempre. Forse per questo giunta alle ultime pagine di questo romanzo sono stata assalita da una strana malinconia. Lasciare Bill e la sua Silver, le battute di Richie, la gentilezza di Ben, gli sguardi timidi di Bev è stato un po' come lasciare un gruppo di amici.

Indicazioni terapeutiche: per chi vuole esorcizzare le proprie paure.

Effetti collaterali: In fondo ognuno di noi ha combattuto il proprio incubo durante la propria adolescenza.. Come afferma King i mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali. Vivono dentro di noi e, a volte, vincono. Tuttavia fuggire davanti ad essi senza trovare mai il coraggio di affrontarli equivale alla peggiore delle sconfitte.


venerdì 20 ottobre 2017

L'amore addosso di Sara Rattaro


Una donna soccorre un uomo che ha avuto un malore sulla spiaggia e lo segue all'ospedale, dove per uno strano scherzo del destino è stato ricoverato anche suo marito, vittima di un incidente mentre era in compagnia dell'amante.
La realtà celata dietro il velo delle apparenze è ben diversa: l'uomo con cui Giulia, la protagonista, si trovava non è sconosciuto ma in realtà è il suo amante. Il caso beffardo l'ha presa per mano fino a condurla lì, al capezzale dei soli due uomini che abbia mai amato. Da una parte c'è Emanuele, suo marito, che l'ha salvata da una madre opprimente, che l'ha presa per mano e l'ha amata nonostante le sue ritrosie. Dall'altra Federico, il suo amante, l'uomo per cui è pronta a rischiare tutto, a lasciarsi ogni segreto e rimpianto alle spalle.

Ma soprattutto aveva stretto una parte di me con così tanta forza che se l'era portata via quando se n'era andato. Per questo ero finita lì, perché in vita mia non riuscivo mai a tornare indietro.

Tra le corsie dell'ospedale si consuma il dramma della protagonista femminile di questo romanzo che, schiacciata dal dolore, prova a ripercorre la sua storia, nel vano tentativo di tirare le fila di un'esistenza che pare sfilacciarsi, sciogliendosi come un gelato al sole.
Giulia che è moglie, figlia, amante. Giulia che lavora, che ride, che ama. Giulia che nasconde un terribile segreto, una cicatrice attorno alla quale ha costruito la sua vita, una bella vita, almeno in apparenza.
Ma la felicità non assomiglia quasi mai ad una lista della spesa. Per quanto si voglia o si possa lottare, ci sono vuoti che non riusciamo a colmare, assenza che bruciano più di qualsiasi presenza.

Non importa quale sia la luce che ci illumina. Importa che ci sia qualcuno disposto a guardarci.
L'amore addosso rimanda al senso di soffocamento che affligge Giulia, il suo essere fin troppo avvolta, prigioniera dei tanti ruoli che si è lasciata cucire addosso suo malgrado, incapace di lottare, di dire no. È il prototipo della brava ragazza che si sente sempre obbligata a fare ciò che gli altri si aspettano da lei.
Ecco che il tradimento diventa allora una fuga, un modo per riaffermare sé stessa, e soprattutto un modo per prendersi una rivincita, non tanto nei confronti di suo marito, ma di sua madre. L'intero romanzo infatti, più che indagare i sentimenti scaturiti dalle relazioni extraconiugali, si concentra sul tema della maternità, perché se ci sono tanti modi di essere madre, ce ne sono altrettanti per non esserlo.


Cos’è la felicità? Avere tanti soldi, figli perfetti, vivere in un paradiso e avere il lavoro dei propri sogni? E se, per caso, capitasse che i nostri figli fossero semplicemente come tanti altri, il nostro lavoro si limitasse a non dispiacerci e al posto del paradiso abitassimo in un luogo comodo? La verità è che la felicità spesso assomiglia molto al famoso bicchiere pieno a metà.

Sara Rattaro costruisce un'opera che parte con delle buone premesse, ma si perde strada facendo.  Benché infatti in apertura le tematiche trattate facessero ben sperare, la storia invece di crescere naufraga verso l'inverosmiglianza. Il finale fin troppo frettoloso e lo stile a tratti didascalico depotenziano una trama che sarebbe potuta essere travolgente.
L'amore addosso si limita ad essere una lettura piacevole che non tocca però nessuna corda in profondità. Peccato.


Indicazioni terapeutiche: per chi si è perso ma si è ritrovato; per chi non urla, ma ha imparato a sussurrare sommessamente per non esplodere.

Effetti collaterali: Ci sono tanti tipi di amore, quello tra madre e figlio, tra sorelle, tra amici, tra marito e moglie. Ci sono amori negati, sommersi, dimenticati. Altri che squarciano l'anima e lasciano un marchio indelebile. Altri ancora che curano le ferite, mormorando sommessamente al cuore. Quale di questi è vero? Quale di questi vale la pena vivere? Forse una risposta giusta non esiste.
Come scrive Federico a Giulia: E non ti arrovellare troppo nel trovare spiegazioni: ricordati che esistono domande alle quali si possono dare solo risposte sbagliate.

lunedì 2 ottobre 2017

Le nostre anime di notte di Kent Haruf

“Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire. Le notti sono la cosa peggiore non trovi?”
È così che è iniziata. Un giorno Louise bussa alla porta di Addie e gli domanda se ha voglia di passare le notti insieme a lei. Non per sesso, ma per tenersi per mano nel buio delle coperte, in cerca di un po' di calore umano e di comprensione. Tra i due nasce così una tranquilla routine, che sfocia presto in un tenero affetto, un lumicino destinato a scaldare il cuore di due anziani vedovi, che non hanno nessuna colpa se non quella di non essersi inariditi, di non aver perso la voglia di aprirsi all'altro, di godere delle piccole cose di ogni giorno.
Un sentimento puro destinato malauguratamente a scontrarsi con lo spietato conformismo della piccola cittadina in cui abitano, Holt, in Colorado. I due protagonisti non solo saranno oggetto di biasimo da parte di vicini, amici, conoscenti, ma dovranno lottare anche contro la cieca disapprovazione  delle loro famiglie.



Ho deciso di non badare a quello che pensa la gente. L'ho fatto per troppo tempo, per tutta la vita. Non voglio più vivere così. Dà l'idea che stiamo facendo qualcosa di sbagliato o scandaloso, qualcosa di cui vergognarci.


Kent Haruf confeziona una storia tenera e spietata, tratteggiando in modo pulito e sobrio il nascere di una promessa che è in sé portatrice di speranza e felicità, un patto tra due anime quiete per combattere il mostro peggiore di tutti, la solitudine. Un'amicizia nata come antidoto al silenzio della notte che cala come un sipario, lasciando sbigottiti e impauriti, in balia dei pensieri e dei timori più oscuri.


Amo questo mondo fisico. E il vento e la campagna. Il cortile, la ghiaia sul vialetto. L'erba. Le notti fresche. Stare a letto al buio e parlare con te.

Le nostre anime di notte è un romanzo semplice, delicato, lieve come un fiocco di neve. Come lo stile di Haruf, essenziale e sfrondato, capace tuttavia di emozionare e coinvolgere, senza dover per forza ricorrere a voli pindarici e retoriche affettate. Eppure lascia il segno. Un romanzo sull'amore e sul coraggio che nasconde, neanche troppo velatamente, una critica al perbenismo e all'ipocrisia di tutti coloro che hanno fatto dell'apparenza la propria ragione di essere.
Del resto si sa, la gente ti perdona tutto, tranne la felicità.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede che il cuore non invecchi mai.

Effetti collaterali: Si avverte tra le pagine l'urgenza da parte di Haruf di terminare il libro ( Le nostre anime di notte è uscito postumo). Il motivo è da ricercare senza dubbio nella malattia che affliggeva lo scrittore. Eppure, anche se vicino alla morte, l'autore è riuscito a lanciare un grande messaggio di speranza: anche quando la vita che è trascorsa è più di quella che resta da vivere, resta sempre  accesa la possibilità che ancora qualcosa di buono possa arrivare.