giovedì 19 dicembre 2019

La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante


Dopo aver divorato la saga de L'amica geniale, come tanti lettori, aspettavo con ansia l'uscita del nuovo libro di Elena Ferrante. La vita bugiarda degli adulti non ha deluso le mie aspettative, anzi, devo ammettere che è l'unico romanzo che sono riuscita a finire negli ultimi mesi.
Giovanna è la figlia adorata di una coppia borghese della Napoli bene. I suoi genitori, entrambi professori, sono persone colte che l'hanno cresciuta nel mito della cultura e delle buone maniere. Ma l'immagine della famiglia perfetta è destinata ad andare in mille pezzi: Giovanna si renderà conto presto che il mondo degli adulti è una realtà fondata sulle bugie e sulle apparenze.



Io invece sono scivolata e continuo a scivolare anche adesso , dentro queste righe che vogliono darmi una storia  mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o che sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.

L'episodio, destinato a porre fine alla spensierata infanzia della protagonista, è apparentemente insignificante: ascolta infatti inavvertitamente una conversazione tra i suoi genitori, durante la quale il padre ammette che la figlia sta diventando brutta come sua sorella Vittoria. Vittoria altri non è che la zia rinnegata, la parte "marcia" della famiglia, da cui i genitori di Giovanna hanno preso le distanze, metaforicamente e non. Vittoria abita infatti nella parte bassa di Napoli, quella popolare, quella povera, quella ignorante. La ragazza spinta da una morbosa curiosità andrà a conoscere la zia, iniziando un pellegrinaggio tra Napoli alta e bassa, tra forma e sostanza, tra menzogne e verità.
La presa di coscienza di non essere più bella agli occhi della sua stessa famiglia ha infatti spalancato una crepa nella personalità di Giovanna. Come nel celebre romanzo pirandelliano, Uno, nessuno e centomila, la scoperta dello scollamento tra l'immagine che Giovanna ha di sé e quella percepita dagli altri apre ad una voragine di ragionamenti, spingendo la giovane verso sentimenti quali lo smarrimento e di turbamento. Di certo, le tematiche relative alla frantumazione dell'io sono funzionali alla storia di formazione della protagonista: Giovanna è una ragazza che dovrà imparare a  sue spese che crescere è un percorso non scevro di dolori e delusioni e che soprattutto comporta inevitabilmente l'affrancamento da parte della cieca accettazione genitoriale. 

Il tempo della mia adolescenza è lento, fatto di grandi blocchi grigi e improvvise gibbosità di colore verde o rosso o viola. i blocchi non hanno ore, giorni , mesi, anno, e le stagioni sono incerte, fa caldo e freddo, piove e c'è il sole. Anche le protuberanze  non hanno un tempo sicuro, il colore conta più di ogni datazione. la tinta stessa, del resto, che prendono certe emozioni è di durata irrilevante, chi sta scrivendo lo sa.

Contraddicendomi in parte con quello che ho scritto in apertura, devo ammettere che, sebbene ben costruito e scritto in maniera piacevole, ho trovato più interessante la prima parte, mentre da metà in poi il libro perde di mordente, diventando un po' troppo adolescenziale. Ciononostante ho trovato questo romanzo pieno di spunti e riflessioni: la lunga strada verso la vita adulta non può che passare per l"uccisione freudiana " di quei perfetti genitori, che poi così tanto perfetti non sono in realtà. 

Indicazioni terapeutiche: per chi non ha perdonato i propri genitori.

Effetti collaterali: L'età adolescenziale è quella più dura: il periodo dei sentimenti assoluti, delle scelte da cui non si può tornare indietro, dell'odio per sé stessi. Si impara a proprie spese che la verità è merce rara e che basta una parola per spazzare via anni di certezze. Crescere è una vera e propria lotta per la sopravvivenza: bisogna dimenticare ciò che si è stati, perdonando sé stessi e la propria famiglia, per fare spazio al nuovo sé adulto.


mercoledì 23 ottobre 2019

Joyland di Stephen King




Estate 1973, Heaven's Bay, Carolina del Nord. Devin Jones è uno studente universitario senza molti soldi che trova un impiego estivo in un luna park, Joyland. Appena arrivato farà la conoscenza degli strani personaggi che abitano quello che, a tutti gli effetti, appare un mondo a parte, quello dei giostrai. Un universo popolato da veggenti in grado di predire il futuro come la stravagante Madame Fortuna e operai tuttofare come Lane Hardy, l'addetto alla manovrazione della Ruota del Sud. Una comunità con un gergo tutto suo, la Parlata: i frollocconi sono i visitatori del parco, lo sparaspara è il tirassegno, i bigné sono le ragazze più carine.

Quando c’è in ballo il passato, tutti diventiamo romanzieri.

Lasciato dalla sua ragazza, Devin troverà il sostegno e la forza per superare la delusione amorosa facendosi dei nuovi amici, Tom e Erin. Ma non solo, consocerà anche Annie che vive assieme a suo figlio, Mike, affetto dalla distrofia di Duchenne, in una solitaria casa sulla spiaggia. Ognuno di loro avrà un ruolo fondamentale in quell'estate, destinata a rimanere impressa nella mente del protagonista per il mistero, che, suo malgrado, si troverà a dover districare.
Come ogni luogo un po' magico, il parco nasconde infatti un terribile segreto: pare che il castello del Brivido sia infestato dal fantasma di una ragazza, Linda Gray, uccisa dal suo fidanzato durante un giro sulla giostra. L'assassino non è mai stato scovato e da allora lo spirito della giovane brutalmente ammazzata vaga inquieto, incapace di andare avanti.


La fine del primo amore non è paragonabile alla morte di un vecchio amico e alla sofferenza di un’altra persona cara, ma lo schema si rivelò lo stesso, esattamente identico. Se la rottura con Wendy fu la fine del mondo, causando prima quei famosi pensieri suicidi (per quanto sciocchi e vaghi) e poi il cambiamento epocale che modificò il corso della mia tranquilla esistenza, dovete capire che all’epoca non avevo nessun termine di confronto. Anche quello è essere giovani.

Joyland è un libro diverso dal solito King. Il maestro dell'horror sembra lasciare la strada maestra per prendersi una pausa in un vecchio parco divertimenti. Se cercate suspense e tensione, mi dispiace non sarete accontentati. In questo romanzo, lo scrittore americano mescola sapientemente una storia di formazione, un po' di soprannaturale, una spruzzata di giallo e...voilà, il successo è garantito!

Indicazioni terapeutiche: per gli amanti di Stephen King.

Effetti collaterali: La scrittura di King è capace di evocare come poche la malinconia legata alla giovinezza, un periodo della vita dove tutto è nuovo, potente, totalizzante. Il primo amore e la sua fine. Il primo grande dolore.
La gente pensa che il primo amore sia tanto dolce, e lo diventi ancora di più quando il legame si spezza. Conoscerete almeno un migliaio di canzoni pop e country sull’argomento, con qualche povero scemo dal cuore infranto. Ma quella prima ferita è la più dolorosa, la più lenta a guarire e lascia una cicatrice orribile. Che ci sarà di dolce…


mercoledì 16 ottobre 2019

Un dolore così dolce di David Nicholls

È l'estate del 1997 e Charlie si trova davanti alla sfida più grande della sua vita, crescere, definire la propria personalità, scegliere che tipo di persona diventare. 
Niente è nitido, anzi tutto appare confuso e vago, come un oggetto nascosto nella nebbia alle prime luci dell'alba. Il futuro è ancora troppo incerto per avere un qualsiasi appeal e il presente troppo tetro per Charlie. Sua madre se ne è andata di casa, e lui è rimasto a vivere con suo padre, che, caduto in depressione, trascorre le sue giornate bevendo e ciondolando davanti alla TV. Anche Charlie ha risentito di quest'abbandono, tanto che i suoi voti sono crollati e, finito il liceo, passa le sue giornate in solitudine leggendo, in balia del senso di impotenza e di sconfitta.
Sarà un pomeriggio come tanti che incontrerà Fran e, spinto dalla voglia di conquistarla, si unirà ad una compagnia teatrale che sta mettendo in scena Giuletta e Romeo. Nonostante la ritrosia iniziale, Charlie si ritroverà catapultato in una nuova esperienza che lo spingerà a mettersi in discussione e rivedere i suoi piani per il futuro.

Ti sembra di avere tanto tempo e poi all'improvviso il tempo si accorcia e dvi scegliere. ma scegliere significa rinunciare. Apri una porta e tutte le altre si chiudono per sempre. Puoi fare quello che vuoi, ti dicono,a parte questo  e quest'altro e quest'altro ancora...

Un dolore così dolce è un romanzo sulle prime volte: il primo amore, che abbaglia come il sole d'estate e lascia accecati, le prime sbronze, la prima volta, le prime responsabilità, le prime decisioni da adulto. Un romanzo pervaso di nostalgia che tuttavia a mio avviso non convince pienamente. La storia, anche se ben raccontata, è già sentita. Un romanzo di formazione a cui manca qualcosa, una scintilla che lo renda qualcosa di più di una lettura piacevole ma non certo indimenticabile.

Indicazioni terapeutiche: per chi ancora fantastica sul primo amore.

Effetti collaterali: Il protagonista racconta la Sua Memorabile Estate , quella della sua prima e mai dimenticata cotta, da un presente, nel quale appare una persona risolta, che è stata capace di fare pace con il proprio passato. Un adulto in grado di guardarsi indietro e di cogliere il significato più grande di quell'acerbo sentimento: la capacità che ha il primo amore di strapparci dall'anonimato, di farci sentire sicuri, invincibili, immortali.
Non dura quasi mai. Ma quella sensazione non scompare, si trasforma in un'indelebile ricordo da custodire, un dolore così dolce da difendere ad ogni costo.

mercoledì 2 ottobre 2019

Divorare il cielo di Paolo Giordano

Ci sono incontri, persone, luoghi che ti entrano entro. Sensazioni da cui non è possibile fuggire. È così che Teresa decide di lasciare la sua vita borghese per lanciarsi in una nuova vita, di inseguire Bern e il suo sogno di un mondo diverso.
Ma facciamo un salto indietro. Teresa ha sedici anni e vive a Torino ma trascorre tutte le estati nella casa della nonna paterna a Speziale, in Puglia. Qui conoscerà Bern, Nicola e Tommaso, tre ragazzi affidati ad una strana coppia, Cesare e Floriana, che abitano in una cascina vicino a lei. Teresa è attratta dal loro modo di vivere, così lontano dal suo, un'esistenza totalmente libera e permeata dall'anticonformismo e da una forte spiritualità. Teresa resta affascinata in particolar modo da Bern, da quel suo sguardo serio, dalla sua grande forza di volontà e dal suo idealismo.


Cosa vuole dirci? Che ogni impresa gloriosa dell'uomo nasce dall'infrazione e dal peccato, ecco cosa. Che ogni unione tra esseri umani è un'unione di luce e di tenebra, anche questo matrimonio.

Ma Bern è tutt'altro che un porto sicuro, è un fuoco che arde incessante, una candela destinata a consumarsi velocemente. La sua bruciante necessità di trovare uno scopo,  qualcosa che vada oltre il concreto, l'umano e il quotidiano, in cui riversare la propria fede, si trasformerà nella sua più grande condanna. Teresa si aggrapperà al suo sentimento, in maniera cieca, quasi ingenua, finendo per esserne travolta.
Come un sasso che prendendo velocità si trasforma in valanga, gli eventi subiranno infatti un'accelerazione improvvisa:  la vita investirà i protagonisti del romanzo di Paolo Giordano, che tenteranno di sopravvivere, di rimanere fedeli a sé stessi, mentre il mondo intorno a loro vortica e cerca di inghiottirli.

Non si finisce mai di conoscere qualcuno... Sarebbe meglio non iniziare affatto. La verità sulle persone. Era a questo che si riferiva, credo. Arriva mai un punto in cui possiamo affermare di saperla? La verità su Bern, quella su Nicola e Cesare e Giuliana e Danco, la verità su Tommaso e di nuovo quella su Bern, soprattuto su di lui come sempre. Ora che ho messo ordine nella sua storia, nella nostra storia, posso dire di conoscerlo davvero? Sono certa che la nonna risponderebbe di no, che qualsiasi persona sensata risponderebbe di no: perché la verità sulle persone, su chiunque, semplicemente non esiste.

Non è semplice riassumere in poche righe l'intera trama di questo libro perché i piani temporali si frammentano, le voci narranti si rincorrono, la trama di fa densa, toccando argomenti come la religione, l'infertilità, l'ecologia, la maternità. Il bene e il male si confondono e ogni personaggio svela, pagina dopo pagina, aspetti sconosciuti di sé. Il tema della conoscenza è infatti centrale: quanto possiamo dire di conoscere noi stessi e le persone che amiamo? Fino a dove è giusto spingersi per realizzare le  proprie utopie?
Divorare il cielo è il racconto dell'intreccio delle vite di un gruppo di ragazzi animati dalla voglia di evadere dalle convenzioni, il bisogno quasi disperato di creare qualcosa che sia puro, non contaminato, una casa, un orto, un amore, un figlio, di affermare sé stessi in maniera assoluta. Divorare il cielo sta a significare proprio questo, la volontà estrema che azzera tutto il resta, la passione totale che è ab - soluta, sciolta da ogni legame, che fa sentire vivi ma chiede come contropartita un prezzo alto. A volte troppo. 


Indicazioni terapeutiche: per chi non è mai appagato, per chi vede il cielo solo come un involucro vuoto, per chi ha una fame che non può essere saziata.


Effetti collaterali: Per molti il comportamento di Teresa è incomprensibile. Lasciare un futuro certo per l'incerto, votarsi totalmente ad un uomo, fare di una masseria il centro del proprio mondo. Eppure questo libro celebra questo, una forma di amore assoluto, che si nutre solo di sé stesso, che non ha bisogno né di conoscere né di capire, ma è capace di bastarsi. Non serve chiedersi perché o interrogarsi sul come, è sufficiente arrendersi, lasciandosi trasportare dalla corrente del flusso delle cose.




domenica 22 settembre 2019

Persone normali di Sally Rooney


Cos'è la normalità?
Potremmo dunque dire che la normalità è un costrutto sociale che ingloba i comportamenti, le idee e le caratteristiche che risultano adeguate alla vita in società. In altre termini, la normalità di definisce per antitesi, partendo dal concetto di patologico: tutto ciò che, nell'ambito di una comunità, non è ritenuto deviato o sbagliato o pericoloso.


Marianne aveva un furore che per un po' gli è entrato dentro e gli ha fatto credere di essere come lei, di avere la sua stessa innominabile ferita spirituale e che nessuno dei due sarebbe mai riuscito a trovare un posto nel mondo. Ma lui non è mai stato fallato quanto lei. Era lei che lo faceva sentire così.

I due protagonisti di questo romanzo, Connell e Marianne, sono tutto, tranne che ordinari. Da una parte c'è Connell, con la sua naturale tendenza al conformismo, costantemente spinto dal desiderio di essere benvoluto. Una sorta di bisogno primordiale di "essere una brava persona". Come se tutta la sua esistenza dovesse ridursi al mero tentativo di dimenticare le sue origini proletarie, di elevarsi dalla sua classe sociale.
Dall'altra Marianne che, almeno in apparenza, è immune al giudizio altrui. Marianne che sembra galleggiare al di sopra dei commenti, negativi o positivi che siano. Marianne, che nonostante tutto, è animata dalla ferocia di essere amata, di trovare qualcuno che la comprenda e la apprezzi. Eppure tutte le sue scelte sono orientate da una un profondo sentimento di autodistruzione, che la portano a impegnarsi in relazioni degradanti con uomini al limite del sadico.

Ha avuto una vita anomala fin dalla più tenera età, questo lo sa bene. Ma molto è ormai ricoperto dal tempo, allo stesso modo in cui le foglie cadono e coprono un pezzo di terra ,e alla fine ci si confondono. Le cose che le sono successe sono sepolte nella terra del suo corpo. Cerca di essere una brava persona. Ma sotto sotto sa di essere una persona cattiva, corrotta, sbagliata, e tutti i suoi sforzi per essere come si deve, per avere le opinioni giuste, per dire le cose giuste, questi sforzi nascondono solo ciò che è sepolto in lei, la sua parte malvagia.

In questo suo ultimo libro, Sally Rooney si addentra all'interno della relazione di due ragazzi, alla continua ricerca di un equilibrio tra l'essere sé stessi e la necessità di essere accettati dagli altri, sempre al limite tra "sano" e "malato". Connell e Marianne incarnano la quintessenza della nevrosi posto-moderna, la difficoltà di costruire legami veri, di essere autentici, di essere fedeli alla propria natura.
Persone normali gioca tutto sulle mille sfaccettature del concetto di normalità, prendendolo e capovolgendolo, più e più volte. Due persone "non" normali che tipo di rapporto avranno? E soprattutto, esistono relazioni sbagliate che fanno sentire le persone giuste o, al contrario, una relazione "sana" può trasformare due individui fuori dall'ordinario in più conformi alla media?


Indicazioni terapeutiche: per chi crede che la normalità sia un concetto sopravvalutato.

Effetti collaterali: Ciò che l'autrice mi sembra voglia dimostrare è lampante: l'amore accade. Non solo alla gente perbene. Non è una questione di meritocrazia. L'amore è, per sua natura, un sentimento spigoloso e complesso che cambia le persone: Connell e Marianne si conosciuti, riconosciuti, amati. Se non si fossero incontrati sarebbero gli stessi? Evidentemente no.



venerdì 13 settembre 2019

Patria di Fernando Aramburu


Cosa fa di un romanzo un grande romanzo?
La critica letteraria ha provato a dare tante risposte. L'introspezione psicologica dei personaggi. Lo stile narrativo. L'originalità della trama.
Nella mia personale opinione un grande romanzo è quello capace di intrecciare il corso della Storia, i grandi eventi ricordati sui libri scolastici, con le storie, il racconto delle vite delle persone comuni. Come tanti altri autori prima di lui, cito su tutti Elsa Morante, Fernando Arambaru attinge alla vicende storiche del proprio Paese, nello specifico alla lotta armata dell'Eta per l'indipendenza dei Paesi Baschi negli anni 70/80, per raccontare la storia di due famiglie, il cui destino è legato a doppio filo. Da un lato Txato e Bittori, dall'altro Miren e Joxian. Due coppie che si conoscono da sempre. Un'esistenza condivisa fatta di amicizia, gite con i figli , feste paesane, passioni e ideali condivisi. 
Due famiglie il cui legame verrà inesorabilmente reciso da un atto di infinita violenza: il Txato viene assassinato davanti casa, vittima di un attentato dell'ETA. Joxe Mari, il figlio di Miren e Joxian, è uno dei sospettati, in quanto militante nella lotta armata per la liberazione di Euskal Herria, il Paese Basco.

Mi sono resa conto di una cosa. Ci sforziamo di dare un senso, una forma, un ordine alla vita, e alla fine la vita fa di noi quello che le va.

Niente sarà più come prima. E come potrebbe. La morte del Txato spazza via ogni possibilità di futuro, inghiotte ogni verosimile felicità, lasciando la vedova Bittori e i figli, Nerea e Xabier, naufraghi incapaci di andare avanti, vittime due volte, della morte e dell'odio, del fanatismo e della vergogna.
Il merito di Patria è però la capacità di andare oltre, di non soffermarsi sul solo dolore della parte lesa, ma di provare a scavare più a fondo, di indagare come l'estremismo, di qualsiasi genere, schiacci ogni persona, annulli ogni legame, faccia terra bruciata di tutto ciò che non è la Causa. Anche Joxe Mari e i suoi parenti, in maniera diversa ma non meno profonda, cadono vittime dell'ossessione di un ideale a cui è stato sacrificato troppo, di una "guerra" inutile, di una rivoluzione che non ha portato a niente, che ha lasciato sul campo solo delusioni, rancori e morti ammazzati.

Però un uomo può essere una nave. Un uomo può essere una nave con lo scafo d'acciaio. Poi passano gli anni e si formano delle incrinature. Di lì passa l'acqua della nostalgia, contaminata di solitudine, e l'acqua della consapevolezza di essersi sbagliato e di non poter rimediare all'errore, e quell'acqua che corrode tanto, quella del pentimento che si sente e non si dice per paura, per vergogna, per non fare brutta figura con i compagni. E così l'uomo, ormai nave incrinata, andrà a picco da un momento all'altro.

Perché aldilà della semplice divisione tra separatisti e non, questo romanzo riesce a trovare un massimo comune divisore, un elemento che accomuna tutti i personaggi di questo commuovente  e complesso affresco: l'autore ci racconta dell'incapacità di vedere l'altro aldilà dei propri biechi risentimenti, della fede in un'idea che travolge ogni compassione, di un'amicizia che si trasforma in odio. Ma è anche un sublime racconto sul perdono, sulla voglia di non arrendersi al dolore. Uno spaccato dell'animo umano, con tutti si suoi baratri e e le sue più alte vette.  Il talento dell'autore sta proprio qua: nella capacità di concepire una trama nella quale il non detto superi ciò che viene narrato, dove il vuoto tra le righe si faccia denso, diventando capace di emozionare, commuovere, appassionare.


Indicazioni terapeutiche: per chi crede che non esistano solo il bianco e il nero, ma infinite sfumature di grigio.

Effetti collaterali: Non sempre il tempo ricuce ogni ferita. Spesso, anzi, la sofferenza diventa una cara compagna di vita, una silenziosa spettatrice, un'assenza più forte di ogni presenza. Se perdonare è dunque difficile, comprendere è necessario. Perché alla fine cos'è l'esistenza umana se non la ferrea volontà di dare un ordine al caos, di trovare un disegno predeterminato in un casuale susseguirsi di eventi, di trovare un senso alla morte e quindi, di riflesso, alla vita?


venerdì 22 marzo 2019

L'estate muore giovane di Mirko Sabatino


Avere dodici anni è stupendo: il domani è un 'enorme strada bianca davanti a te tutta da scrivere.
Avere dodici anni è terribile: i mostri sembrano invincibili e sembra impossibile riuscire a non soccombere in un mondo di giganti, pronti a schiacciarti da un momento all'altro.
Avere dodici anni è come vivere in una terra di mezzo: un non-luogo di nessuno dove si incontrano l'oceano dell'ingenuità con il mare della dura realtà.

La giovinezza è l'unica parte che conta davvero nella vita di un uomo.

Estate 1963. In un paesino del Gargano tre ragazzini condividono quella che sarà l'ultima stagione della loro infanzia. I lunghi roventi pomeriggi trascorsi sulla panchina nella piazza principale, le lotte coi bulli, i segreti e le corse lungo la scogliera selvaggia presto saranno un lontano ricordo.
Primo cerca di scendere a patti con il vuoto che ha lasciato suo padre morendo, prendendosi cura di sua sorella Viola. Damiano, bello come Paul Newman, è diviso tra l'affetto dei suoi genitori in perenne lite fra loro, una mamma bellissima e un padre troppo geloso. Mimmo timido e riservato è destinato a diventerà sacerdote, così ha infatti deciso la sua famiglia.
Tre ragazzi differenti ma uniti da un legame indissolubile, immaturi e ingenui come solo i bambini possono essere, ma capaci di grandi slanci, consci della potenza dei sentimenti, del valore dell'amicizia e del dovere di proteggere chi si ama. Diversi ma uguali in una profonda condizione di solitudine e smarrimento: ognuno a modo suo è lasciato a sé stesso, impegnato a combattere la sua silenziosa battaglia, crescere senza perdere la parte migliore di sé.


Sogna, Primo, fallo sempre. Ma pianta i tuoi sogni nella terra: cresceranno robusti e non voleranno via.

Primo, Damiano e Mimmo si ritroveranno, loro malgrado, ad affrontare la crudeltà del mondo adulto. Un mondo che non fa sconti, che spezza il debole e incattivisce l'anima. Un mondo di predatori e vittime, dove vige la legge della giungla, dove soltanto il più forte sopravvive.
I tre protagonisti del romanzo stringeranno un patto di sangue dalle nefaste conseguenze che darà l'avvio ad un seria tragica di eventi. Eppure non c'è un'ombra di giudizio da parte dell'autore, Mirko Sabatino, anzi una rassegnata presa di coscienza: la sorte dei tre ragazzi sembra essere già stata segnata, stabilita ancor prima della loro nascita da un giocatore di dadi senza misericordia. Un futuro scritto nella terra arida della Puglia con lacrime e sangue, una terra in cui Dio è morto e agli oppressi è negata ogni flebile speranza.
L'estate muore giovane è un libro che colpisce come un pugno allo stomaco, riecheggiando il miglior Ammaniti. Una tragedia alla quale il lettore assiste attonito, maturando la dolorosa consapevolezza che spesso ogni tentativo è vano. Spesso il Male vince e dei morti non resta che una pallida memoria destinata a sbiadire negli anni.


Indicazioni terapeutiche: per chi non cerca una consolazione, per chi vorrebbe rincorrere la purezza di quando era bambino.

Effetti collaterali:  Nella vita vera quasi mai c'è un lieto fine. L'umanità si potrebbe dividere in due grande categorie: chi è stato sopraffatto e tutti gli altri, i sopravvissuti.  Tuttavia anche chi si è salvato si porta dietro profonde ferite: beffardo premio di consolazione rimane il magro conforto dell’accettazione di ciò che è stato e non può cambiare e, soprattutto, di ciò che sarebbe potuto essere.


mercoledì 6 marzo 2019

Berta Isla di Javier Marías


Berta Isla e Tomás Nevinson sono una coppia perfetta: si conoscono sin da ragazzi e il loro legame giovanile cresce nel tempo fino a condurli al matrimonio nel maggio del 1974, nella chiesa di San Fermìn de los Navarros. Ma la loro vita che appare già instradata su un binario con una placida destinazione subisce uno scossone. A seguito di un losco episodio, Tomás, per metà inglese, viene arruolato nei servizi segreti al servizio di sua maestà.

Non sempre riconosciamo le storie d'amore degli altri, neppure quando ne siamo noi l'oggetto, la meta, il fine.

Questo avvenimento segnerà una cesura nelle esistenze di Berta e di Tomás: i segreti e la distanza, sia fisica che intellettuale, si insinueranno tra i due, allontanandoli giorno dopo giorno. Pagina dopo pagina, il lettore si ritroverà immerso nelle riflessioni e nei dubbi che attagliano i due attori principali: quanto conosciamo davvero chi amiamo? O quanto l'oggetto del nostro sentimento non è che un costrutto mentale, una chimera, un'illusione nella quale ci sforziamo tanto di credere?
Javier Marías costruisce un romanzo su un amore imperfetto, su quanto un legame duraturo venga fiaccato dai non-detti e dai risentimenti, o, al contrario, possa sopravvivere, grazie alla consapevolezza che nessuna storia è immune alle delusioni, ai silenzi, ai disinganni.


Se c'è una cosa che caratterizza e accomuna gran parte dell'umanità (e con questo mi riferisco a quanti sono passati sulla terra dalla notte dei tempi), è che su tutti noi l'universo influisce senza che possiamo influire su di esso, o in misura minima. Noi crediamo di far parte del mondo, ci viviamo e ci affanniamo per modificarlo sotto questo aspetto nel corso della nostra vita, ma in realtà siamo "reietti dell'universo" come dice quel celebre racconto sul tizio che sparisce dal mondo trasferendosi in una via poco ontano senza dirlo a nessuno.[..] Il mondo non lo alterano certo la nostra soppressione o la nostra nascita, il nostro lento percorso, la nostra esistenza, la nostra fortuita comparsa e il nostro inevitabile annullamento.

Marías è un maestro del prolisso: la sua scrittura piena e ridondante appare riempire ogni spazio, saturando l'aria, coi i suoi mille interrogativi e le sue meditazioni. Ho trovato la parte centrale forse un po' troppo ripetitiva, come se l'autore volesse focalizzare l'attenzione sulla fase di stallo del rapporto tra i due protagonisti.
In ogni caso è indubbio che Berta Isla è più che un romanzo su un legame di coppia, è una profonda riflessione sui meccanismi insiti nell'animo umano, su ciò che ci spinge ad agire o a restare fermi, ad aspettare o a fuggire. Il rapporto tra Berta e Tomás alla fine appare quasi un pretesto per parlare di altro, di come ogni essere umano cerchi un proprio scopo nel mondo, un modo per lasciare un segno e di come tutto questo affannarsi si dimostri vano. Non siamo che reietti dell'universo, tutto ciò che abbiamo siamo noi stessi, con i nostri limiti e  i nostri affetti, e niente di più.


Indicazioni terapeutiche: per chi è affascinato dalle zone oscure del matrimonio.

Effetti collaterali: Berta Isla è una novella Penelope, condannata ad aspettare il suo uomo,  che come Ulisse, è impegnato altrove, a vivere una vita intensa e pericolosa, dalla quale lei è stata totalmente esclusa. Una donna che consuma il suo tempo nel dubbio e nell'attesa, paralizzata nel ritorno di colui che ama e che, forse, non ha mai  conosciuto veramente.



mercoledì 13 febbraio 2019

So che un giorno tornerai di Luca Bianchini


Per molti la vita è una retta, un binario che tende all'infinito, una stazione da cui passa un treno soltanto. Per altri invece è un circolo, l'eterno ritornare di situazioni, sentimenti e pentimenti, il perpetuarsi di prove ed errori, di gioie e delusioni, di amori e tradimenti.

Alla fine, ognuno di noi s'innamora di chi ci guarda per un attimo e poi ci sfugge per sempre.
Trieste, fine anni '60. Angela è la ragazza più bella del quartiere, un futuro carico di promesse, divide le sue giornate tra le scorribande con il fratello Riccardo e la venerazione dei suoi numerosi ammiratori. Qualcosa però nell'ingranaggio della sua vita spensierata si inceppa, quando, poco meno che ventenne, rimane incinta di un "jeansinaro" calabrese, Pasquale, che messo alle strette le confessa di essere spostato e la abbandona al suo destino. 
Angela rimasta sola, tradita dal suo "grande" amore, si scoprirà troppo immatura ed egoista per confrontarsi con il suo nuovo ruolo di genitore: fuggirà da Trieste, la sua città natale, per rifugiarsi nella braccia comprensive di un altro uomo, Ferruccio, rifacendosi una vita a Bassano. Manterrà con la figlia un rapporto sporadico, fatto di aspettative disilluse e una conoscenza troppo superficiale, un sentimento troppo inconsistente per essere assimilato all'amore assoluto tra madre e figlia.
Emma sarà allevata dai nonni materni, il club dei Pipan, con a capo il nonno che rimpiange la dominazione austriaca, e viziata dall'affetto degli zii: diventerà una ragazza ribelle e libera, forte come soltanto chi è dovuto crescere senza un appiglio sicuro può essere. Sarà proprio lei a riunire la sua "famiglia" inesistente, perdonando i suoi genitori per la loro assenza e segnando, di fatto, un nuovo inizio per tutti.


"Allora lascia che ti dica l'unica cosa che ho capito: non arrenderti come ho fatto io. Nella vita bisogna stare bene, e c'è un solo modo per farlo: provare tutte le strade."

So che un giorno tornerai è la storia di vite bloccate, incapaci di andare avanti: Emma che ha passato la vita ad elemosinare un po' d'affetto dai suoi genitori. Angela che rimpiange il suo amore giovanile. Ferruccio che aspetta con pazienza che sua moglie lo scelga per restare. Pasquale che è scappato davanti alle responsabilità ma spera di avere una seconda occasione. 
Un libro leggero, che forse pecca a tratti di superficialità, non approfondendo la psicologia dei personaggi e seguendo una trama fino troppo plausibile. Una lettura dei buoni sentimenti, sulla forza del perdono e sulla capacità che ha la vita di rimescolare le carte, regalandoci il tanto sperato lieto fine. Poco plausibile ma di buon auspicio.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede nelle seconde possibilità.

Effetti collaterali: Trieste come luogo di frontiera, il multiculturalismo, la difficoltà di crescere e confrontarsi con le proprie origini. Le premesse per una trama piena di spunti c'erano tutte. In realtà la storia si appiattisce dopo le prime venti pagine e, ancora peggio, non ho sentito nessuna empatia né per la protagonista Emma, che ha trasformato il rifiuto dei suoi genitori in un becero anticonformismo fine sé stesso, né tanto meno per sua madre Angela, troppo presa da sé stessa e dalle sue follie amorose, per comprendere il dolore causato dalle sue continue fughe. Due donne cieche, a tratti ottuse, condannate a ripetere i  medesimi errori, perché incapaci di mettersi in discussione, di vedere aldilà dei propri biechi desideri. Troppo vuote per capire la pienezza dell'esistenza e le sue innumerevoli sfumature.



venerdì 1 febbraio 2019

La simmetria dei desideri di Eshkol Nevo

In effetti, l'amicizia è una faccenda strana, secondo me. Sono ormai cinque anni che traduco dall'inglese articoli accademici di argomento umanistico o sociale, e non ho ancora trovato un articolo che analizzi la questione in profondità. Certo, oggi tutto dev'essere statistico ed empirico, mentre è difficile quantificare e calcolare distanza e vicinanza, fedeltà e tradimento, amore e nostalgia. E forse non è neppure necessario.
Il legame apparentemente indissolubile tra quattro ragazzi di Haifa è la colonna portante di questo romanzo: durante la finale dei Mondiali di calcio del 1998 quattro amici decidono di scrivere su tre biglietti i desideri che vorrebbero realizzare, con l'impegno di conservarli fino al mondiale successivo per verificare quanto da loro auspicato si sia realmente concretizzato.
Non hanno ancora trent'anni ma hanno già condiviso insieme molte esperienze, la scuola, i viaggi, l'esercito. Nonostante questo, ciò che li lega maggiormente è la loro spinta verso il futuro, le speranze e i sogni, la voglia di scendere a patti con le proprie paure e di scrivere il proprio domani.

Qualcosa di fondamentale è sballato in ciascuno di noi, no?, ho commentato io. Per il semplice fatto che siamo esseri umani.

Churchill è il carismatico del gruppo, capace di affascinare le persone, soprattutto le donne, con la sua personalità esuberante, sogna di diventare un grande avvocato e realizzare qualcosa di importante. Amichai è sposato con Ilana la piagnona, una donna che i suoi amici faticano a capire ed apprezzare, ha due gemelli e vende polizze per malati di cuore, anche se spera un giorno di aprire una clinica di medicina alternativa.  Ofir lavora nella pubblicità, è il più bravo con le parole, ma sente di aver tradito la propria stessa natura perché ha venduto l'anima al mostro del marketing. Infine Yuval, il narratore, timido e silenzioso: è attraverso i suoi occhi che viviamo le vicende raccontate nel libro. Proprio lui, il più sensibile e introverso, guiderà il lettore attraverso gli amori e i dolori, i timori e le illusioni di questo gruppo di ragazzi, sullo sfondo di una terra difficile come Israele.

Io con lei mi sento normale, ha detto Ilana. mi sento a posto. sento che la mia tristezza è a posto. Che la mia pesantezza è a posto. Che il fatto che ogni tanto ho bisogno di nascondermi dal mondo è a posto. Mi sento capita quando sono con maria. Capita fino in fondo.

La simmetria dei desideri di Eshkol Nevo non è soltanto la storia di un'amicizia con la A maiuscola ma una parabola sulla crescita personale, sulla ricerca di un senso più profondo della vita, sulla solitudine e sui legami tra le persone. Un romanzo scorrevole ma non scontato, che regala, al tempo stesso, sprazzi di ironia e riflessioni profonde. Un viaggio nell'animo umano destinato a non finire mai.


Indicazioni terapeutiche: per chi crede che gli amici siano un'oasi nel deserto che permette di dimenticare il deserto.

Effetti collaterali: per uno strano gioco del destino (sempre che esista) i desideri dei quattro protagonisti saranno rimescolati come carte dal vento. Quanto di ciò che vogliamo è davvero un nostro desiderio interiore o quanto, invece, è frutto delle circostanze? E soprattutto è pensabile ipotizzare una sorta di armonia come punto di arrivo del proprio percorso? O forse, dal momento che viviamo in una realtà disarmonica, un tentativo del genere è destinato a fallire in partenza?