domenica 30 novembre 2014

La vita perfetta di William Sidis di Brask Morten

Come scritto in un post precedente, qualche settimana fa sono andata alla Pisa Book festival dove ho potuto assistere alla presentazione del libro La vita perfetta di William Sidis dello scrittore danese Brask Morten. Si tratta appunto della biografia romanzata di William Sidis, considerato l'uomo più intelligente della storia, ancora oggi infatti appartiene a lui il quoziente intellettivo più alto mai misurato.
Willima Sidis (1898-1944) è stato un bambino prodigio: a 18 mesi legge il New York Times, a 4 anni impara da solo il greco e latino, a 11 presenta ai più insigni professori di Harvard la sua teoria sulla Quarta dimensione. Probabilmente possedeva la cosiddetta memoria eidetica, una variante delle memoria fotografica, la capacità tipica dei bambini che permette di fissare concetti a immagini preconfezionate (l'esempio più eclatante è quello di Wolfgang Amadues Mozart).
Sebbene tutti lo addidassero come un genio, i genitori Boris e Sarah Sidis, immigrati dall'Ucraina ed entrambi medici, hanno continuato a sostenere che il figlio non fosse straordinario ma solo il risultato di un'educazione ben riuscita.
Le sue indubbie notevoli capacità non gli hanno regalato però una vita felice: durante gli studi è sempre stato vessato dagli altri alunni molto più grandi lui e, in generale, è sempre stato una persona timida  e riservata. Oggi gli studiosi ipotizzano che soffrisse di una forma di sindrome di Asperger, una condizione assimilabile all'autismo. Le persone che ne soffrono hanno una sviluppatissima capacità di elaborare informazioni ma provano disagio nel gestire l'empatia e le relazioni sociali.
Emblematico l'episodio quando, ancora sedicenne, durante una lezione all'università distribuisce le dispense di geometria redatte da lui stesso. La classe gli si rivolta contro e abbandona l'aula. Sconcertato non capisce cosa sia successo: aveva scritto il materiale didattico in greco antico cosa che a lui era sembrata totalmente logica.
Nel 1919 viene arrestato durante una manifestazione socialista. In seguito al processo i suoi genitori lo sequestrano per un anno nel loro sanatorio. L'episodio contribuirà ad allontanare William per sempre dalla sua famiglia.
Abbandonato l'insegnamento, si limiterà a passare da un lavoro saltuario all'altro, avendo cura di restare nell'anonimato. Morirà da solo a 46 per emorragia cerebrale.
L'autore Brask Morten ricostruisce la vita del protagonista attraverso salti temporali dalla sua infanzia alla vita adulta. Quello che ne emerge è una grande solitudine, bambino prodigio incompreso da suoi stessi genitori, adulto condannato dalla sua stessa "grandezza" a vivere da emarginato.

Indicazioni terapeutiche: per gli amanti delle biografie, per chi desidera conoscere il tormento che si nasconde dietro il talento.

Effetti collaterali: durante una conversazione con il suo amico Sharfman, William gli ricorda: "Non esiste una vita migliore di un'altra. Devi cercare di scegliere il cammino che tu ritieni più giusto. Così raggiungi una sorta di perfezione nella tua vita. Anche se agli altri non sembrerà tale."
Forse il segreto è quello: scegliere una strada e percorrerla fino in fondo, consapevoli che né l'intelligenza né le altre capacità possono metterci al sicuro dalle tempeste della vita.



giovedì 27 novembre 2014

La sposa silenziosa di A.S.A. Harrison

Jodi e Todd sembrano una coppia perfetta: psicoterapeuta part -time per dedicarsi meglio al suo ruolo di compagna di vita lei, rampante uomo d'affari lui. La loro agiata vita scorre tranquilla su solidi binari. La realtà è ben diversa: Todd è un uomo gretto e meschino, nonché traditore seriale. Jodi conosce la verità, ma nonostante per lavoro sia abituata a scavare nell'animo delle persone, preferisce mentire a sé stessa. 
Fino al giorno in cui il loro fragile equilibrio precipita: Todd mette incinta una ragazza molto più giovane di lui e, da un giorno dall'altro, lascia Jodi. La situazione si complica quando quest'ultima scopre di non avere diritto a niente, in quanto lei e Todd non si erano mai sposati legalmente. 
A Jodi sembra di essere precipitata in un incubo: tutti quegli anni passati a prendersi cura di lui, cercare di essere una perfetta "moglie", una perfetta amante, spazzati via con un colpo di spugna. Cosa ne sarà della sua vita? Come risvegliatasi da un sogno profondo, si accorgerà che deve scegliere tra lottare per i propri diritti o essere una "sposa silenziosa".
L'autrice A.S.A. Harrison, scomparsa prematuramente nel 2013 poco dopo la pubblicazione del suo libro, ci ha donato un 'opera in bilico tra il thriller e il romanzo psicologico, che ci fa interrogare sulle mille sfaccettature della vita di coppia e su come ancora oggi molte donne, seppur colte e apparentemente indipendenti, vivano all'ombra dei propri compagni.
Il libro è un po' lento, forse un po' troppo per un thriller: l'inizio è buono ma poi l'intreccio perde d'intensità e il finale non è all'altezza delle aspettative.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i thriller psicologici.

Effetti collaterali:  La storia è raccontata attraverso i due diversi punti di vista dei protagonisti, ma sebbene sia ovvio (almeno per le donne, suppongo) simpatizzare con la parte femminile, nella seconda parte del libro Jodi ci appare fredda, priva di ogni empatia. La domanda che viene da porsi è: conosciamo davvero chi abbiamo accanto?  O le persone messe alle strette sono disposte a tutto, spinte dal proprio istinto di autoconservazione?

lunedì 24 novembre 2014

Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne

Durante l'incontro sulla cultura di genere tenutosi a Cardoso sabato 22 novembre, Giusi Fasano ha citato il titolo Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne, che racconta storie di donne maltrattate raccolte attraverso LA 27ESIMA ORA, blog curato da un gruppo di giornaliste del Corriere della Sera.
L'opere nasce con l'intenzione di gettare i riflettori sul dramma della violenza domestica, divenatata oggi una vera e propria emergenza sociale, alla quale la politica non sembra purtroppo ancora capace di dare una risposta.
La domanda che molti, anche le giornaliste, si pongono è: perché le donne non denunciano? Perché sebbene maltrattate da mariti, compagni e fidanzati scelgono di subire? Cosa spinge una donna, adulta ed "apparentemente libera", a rimanere accanto al suo aguzzino?
Il libro riporta senza filtri le testimonianze di molte di loro: c'è la storia di Maria, a cui il marito urlava in continuazione "Sei un'incapace", quella di Ileana, stuprata davanti ai figli, e di Sara, per cui il marito era una droga da cui non riusciva a staccarsi sebbene lui la picchiasse.
Dai racconti emerge come la maggior parte di loro pensasse di meritare le sevizie, altre erano animate dalla sindrome della crocerossina "Io ti salverò", molte hanno vissuto anni paralizzate dalla paura, incapaci di reagire.
Ma soprattutto tutte erano donne sole. Sole davanti all'indifferenza della gente, che anche se sa preferisce fare finta di nulla, sole di fronte alle istituzioni, che troppo spesso  pensano che la violenza domestica sia ancora un problema che si debba risolvere dentro le mura di casa.
Questo libro, nato da un'inchiesta giornalistica, si interroga sulla guerra che pare oggi essersi aperta tra uomini e donne: su come le dinamiche della coppia si siano  evolute negli ultimi cinquanta anni e come ciò abbia destabilizzato le relazioni tra i due sessi. Perché il problema delle donne maltrattate è soprattutto un problema degli uomini, uomini malati e disfunzionali. Di come drammi privati sono diventati pubblici, specchio di una società che pare abbia smarrito sé stessa.

Indicazioni terapeutiche: per le donne maltrattate ma non solo, perché la violenza non riguarda solo chi la subisce ma tutta la collettività, perché nessuna si merita le botte, gli insulti, le violenze psicologiche, perché nessuna si merita un non-amore.

Effetti collaterali: è difficile per chi non ha vissuto un'esperienza simile capire, spesso ci si ferma al primo sguardo, alla compassione. Lea Melandri, scrittrice e giornalista che da sempre si occupa del tema della problematica dei sessi, sostiene che capire è salvarsi. Solo capendo e riflettendo sulla complessità della questione infatti si può avviare un processo di cambiamento culturale, che passa per l'educazione e la presa di coscienza che ancora molto deve essere fatto sul piano della parità di genere.


domenica 23 novembre 2014

Incontro "Verso una cultura di genere: interventi nella società e nella politica"

Silvia Valentini "Annihila Tion" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini
Ieri sabato 22 ho partecipato all'incontro "Verso una cultura di genere: interventi nella società e nella politica" che si è tenuto al Palazzo della Cultura di Cardoso, organizzato dagli assessorati alla Cultura e al Sociale del Comune di Stazzema.  Sono intervenuti Giusi Fasano, giornalista del Corriere della Sera, Wanda Pezzi, consigliera regionale per le Pari Opportunità,  la senatrice Manuela Granaiola e Michele Morabito, responsabile dell'Ufficio Cultura di Stazzema in qualità di moderatore.

Da destra: Wanda Pezzi, Manuela Granaiola, Giusi Fasano e Michele Morabito
L'argomento, sebbene molto attuale, era non di non facile sviscerazione: possiamo parlare oggi di cultura di genere? Ovvero viviamo in un mondo a misura di donna, oltre che di uomo?
La risposta unanime, purtroppo, è ancora no. Ancora no perché come ha testimoniato Giusi Fasano, autrice del libro "Io ci sono" che ricostruisce  la vicenda di Lucia Annibali, sfigurata dall'acido dal compagno rifiutato, una donna su tre è vittima di violenze. Ma il quadro è sicuramente più grave: in effetti non esiste una banca dati degli cosiddetti "femmincidi", senza contare tutti gli episodi che rimangono nel sommerso. Molte donne vivono maltrattate da compagni, mariti, conviventi: perché non denunciano? I motivi sono molti alcuni di natura economica, altri più profondi hanno a che fare con l'autostima, la dignità e il rispetto per sé stesse. Il fatto è che accettiamo l'amore che crediamo di meritare. E allora quando si sceglie, nonostante le sofferenze, di vivere un "non-amore", perché di questo si tratta, il problema non è più solo di quelle donne, ma è di tutti. Si tratta di un problema culturale.

Giusi Fasano

Cosa si può fare? E , soprattutto, cosa è stato fatto?
A livello istituzionale, un passo avanti è stato compiuto con la legge sul femminicidio dell'ottobre 2013, che ha inasprito le pene e le misure cautelari, introducendo l’arresto in flagranza obbligatorio per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking e le aggravanti quando i maltrattamenti avvengono in presenza di minori e contro le donne incinte.
Ma come ha sottolineato la senatrice Graniola c'è ancora molto da fare. Il lavoro più grande non riguarda tanto la repressione ma la prevenzione. Fare prevenzione significa lavorare sulla mentalità delle persone, lavorare cioè nella direzione di un cambiamento culturale. Cambiamento che passa anche per il mondo del lavoro, perché come ha ricordato Wanda Pezzi, le organizzazioni e le imprese sono ancora esclusivamente a misura d'uomo. Una donna che sceglie di fare carriera investendo su stessa si trova a fare i conti con una realtà che non tiene in nessuna considerazione il suo duplice ruolo di lavoratrice-colonna portante della famiglia. Come allo stesso modo non si è ancora imposto un modello di leadership femminile: chi raggiunge una posizione di potere lo fa emulando e simulando atteggiamenti e modelli di comportamento maschili. Ma sono le qualità prettamente femminili, come la predisposizione all'ascolto e alla conciliazione, che costituiscono da sempre una marcia in più delle donne.

Martina Paoli "Dolce Amaro" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini
La domanda che allora ci dobbiamo porre è: cosa si intende oggi quando si parla di coscienza di genere?
Per molte donne, negli ultmi anni, l'idea è stata quella di perseguire l’unità in quanto aventi un utero, come se bastasse stabilire un’appartenenza di genere, anche a discapito della considerazione dei meriti individuali, per riuscire a imporsi. Molte invece pensano sia sbagliato compattarsi solo sulla base dell'appartenenza invece che per le proprie opinioni personali.
Nell'incontro oggi è stato ripetuto più volte che le donne non sono soggetti deboli, che se non raggiungiamo le stesse posizioni di comando, nel lavoro come nella politica, è perché non crediamo abbastanza in noi stesse, che non abbiamo ancora realizzato quando siamo brave.

Diletta Bellani "La Gabbia" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini

La questione è, a mio avviso, che essere donna oggi è più difficile: abbiamo raggiunto l'indipendenza, lavoriamo, ci occupiamo delle famiglia, dei figli, della casa. Corriamo per tutta la giornata da una parte all'altra con il terrore di dimenticarci qualcosa. Multitasking, ci chiamano.  La verità è che non possiamo essere diverse, che non ci è permesso mollare. Allora credo che il primo vero passo sia fermarsi, realizzare che non dobbiamo essere perfette, che possiamo fallire. Che, come ha detto Giusi Fasano, vivremo davvero in società che tiene conto della cultura di genere quando potremmo permetterci di essere mediocri.


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venerdì 21 novembre 2014

Non volare via di Sara Rattaro

Matteo è nato sordo. I suoi genitori però non si sono arresi: Sandra ha rinunciato al suo lavoro per poterlo seguire meglio e Alberto  ha sempre messo la famiglia prima di tutto, certo che l'amore sarebbe bastato a farli restare uniti e superare ogni difficoltà. Anche Alice, la  figlia maggiore, costretta forse a crescere troppo in fretta, non ha mai smesso di impegnarsi affinché il suo fratellino non si sentisse diverso.
Finché un giorno che come un uragano irrompe nella vita di Alberto un altro amore dal passato, un amore mai dimenticato che spazza via ogni certezza. E quella che sembrava un sodalizio indistruttibile crolla come un castello di carte.
Il libro di Sara Rattaro ci trasporta nella realtà di due genitori che si ritrovano a fare i conti con l'handicap del loro figlio. Di come non ci si arrende ma si costruisce ogni giorno un pezzetto di quotidianità, una vita faticosa e fragile allo stesso tempo. Ma il racconto parla anche di come tutto quello che si è costruito può essere distrutto, e che in una frazione di secondo tutto può cambiare.
In realtà, ad una seconda analisi, il tema della disabilità appare più un escamotage che il pilastro portante della trama.  Il vero protagonista non è Matteo ma bensì  Alberto, diviso tra l'amore per la famiglia e Camilla, la sua antica fiamma.
Potremmo dire che quello dell'autrice è un valido tentativo di raccontare delle dinamiche familiari interrogandosi su cosa che tiene due persone insieme. L'amore, i figli, l'abitudine?
Forse il tono è talvolta stucchevole e il punto di vista prettamente femminile ma l'autrice ci consegna la storia di di una famiglia che è allo stesso tempo speciale e normalissima, in cui ognuno di noi può riconoscersi.

Indicazioni terapeutiche: per il pubblico femminile che ama i libri introspettivi e gli amori lacrimevoli. Per chi crede che famiglia significhi restare, a dispetto di tutto e di tutti, superando ogni ostacolo insieme.

Effetti collaterali: Tolstoj diceva che tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ma ogni famiglia infelice è infelice a suo modo. Probabilmente è vero. Perché forse è vero che inseguiamo tutti la chimera della passione che brucia l'anima ma la vera  felicità sta nel prendersi la mano e, senza dire nulla, capire che insieme tutto è possibile.


mercoledì 19 novembre 2014

Presentazione "Un prete indifeso in una storia metà" di Giuseppe Vezzoni


Copertina, Pezzini Editore

Lunedì 17 novembre presso Villa Bertelli a Forte dei Marmi ho avuto il piacere di assistere alla presentazione della seconda edizione integrata e corretta del libro "Un prete indifeso in una storia a metà scritto. Don Giuseppe Vangelisti e il suo memoriale" scritto da Giueseppe Vezzoni. 
Oltre all'autore, all'incontro hanno partecipato Ezio Marcucci, in funzione di moderatore, il prof. Paolo Verona, curatore della seconda edizione del volume, e il  cav. Ennio Bazzichi, testimone oculare della strage di Sant'Anna e grande amico di don Vangelisti.
L'opera, come l'autore stesso ha sottolineato durante l'incontro, nasce dalla volontà di riabilitare la figura di Don Giuseppe Vangelisti, parroco della frazione di La Culla per sessanta anni. Questo sacerdote è stato per molti anni considerato un importante testimone oculare dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema avvenuto il 12 agosto 1944, avendo prima dato degna sepoltura alle vittime e, in seguito, sostenuto moralmente i superstiti. Alla sua morte però e, soprattutto dopo la pubblicazione del suo ultimo memoriale postumo nel 1997, il giudizio storico su questa figura è stato completamente ribaltato. Don Vangelisti fu bollato come anti-partigiano e il suo ricordo è caduto dell'oblio, abbandonato non solo della popolazione ma anche delle autorità.

Giuseppe Vezzoni

Vezzoni, con un stile proprio del  giornalismo d'inchiesta, ricostruisce non solo la vicenda del sacerdote ma apre un capitolo più ampio su quello che è stata la strage di Sant'Anna, confutando  tutte le false ricostruzioni e ripercorrendo tutte le fasi della ricerca della verità fino alla storica sentenza del processo di la Spezia del 2005 che condanna 10 ufficiali delle SS che presero parte all'eccidio.
Il libro è ricco di materiali e documenti e analizza in maniera dettagliata, quasi pignola,  le questioni che sono rimaste ancora aperte, come alcune testimonianze che ancora oggi appaiono controverse (quella del caporale Adolf  Beckerth ad esempio).
L'obiettivo è presentare i fatti nella maniera più imparziale possibile affinché il lettore possa poi essere in grado di farsi un'opinione propria. Quello che l'autore ricerca è la verità storica sgombra da ogni visione politica o particolarista. 
Chi, come me, è nato in Versilia conosce la tragica vicenda di Sant'Anna ma devo ammettere che ignoravo che, a distanza di 70 anni, ci fossero ancora tante contraddizioni e tanti lati oscuri non ancora chiariti. Proprio per questo il lavoro di Vezzoni è ancora più degno di ammirazione: la ricerca della verità, forse troppo spesso sacrificata sull'altare delle logiche politiche e della ragion di Stato, è un obbligo morale per onorare la memoria delle vittime che persero la vita quel tragico giorno. 









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domenica 16 novembre 2014

Divergent di Veronica Roth

Divergent è il primo romanzo della trilogia distopica, creata dalla penna di Veronica Roth, che ha avuto un successo planetario e da cui è stato anche tratto un film. 
Il libro è raccontato in prima persona dalla protagonista Beatrice, detta Tris, che vive in una Chicago post-bellica divisa in 5 fazioni. Ognuna di esse coltiva una virtù: gli Intrepidi il coraggio, gli Abneganti l'altruismo, gli Eruditi la saggezza, i Pacifici la pace e i Candidi la sincerità. 
Ogni giovane al compimento dei sedici anni deve scegliere a quale fazione unirsi in e Tris non ha dubbi: vuole entrare a far parte degli Intrepidi. Il test attitudinale ha dato però risultato inconcludente perché in lei non c'è un solo tratto dominante ma addirittura tre. Tris è una Divergente. Ma cosa significa questa parola? Perché improvvisamente ha paura e capisce che non deve farne parola con nessuno?
La protagonista dovrà affrontare il duro allenamento per diventare un'intrepida e si troverà, suo malgrado, al centro di una lotta di potere per chi detiene il controllo sulla comunità.
Il romanzo, pensato per gli young adult, è molto coinvolgente, pieno di azione e colpi di scena e l'immancabile storia d'amore. Lo stile è chiaro e scorrevole e i personaggi ben definiti. 
Il finale volutamente aperto spalanca la strada agli altri due volumi della saga. 

Indicazioni terapeutiche: per chi non si perde un young novel distopico (non importa l'età). Molti elementi rimandano ad altri libri famosi come Hunger Games  ma la storia appassiona e, se si è amanti del genere, ci si ritrova a divorare il volume pagina dopo pagina.

Effetti collaterali: come tutti i romanzi dispotici pone degli interrogativi che fanno riflettere: a cosa l'umanità è disposta a rinunciare per garantire la pace e l'armonia? Cosa vale la pena sacrificare per il bene comune? La risposta è sempre la stessa: una società costruita sulla menzogna è una dittatura perché  non esiste vera libertà senza conoscenza.

giovedì 13 novembre 2014

L'altra di Elvira Serra

L'altra. L'amante. La rovina-famiglie. 
La giornalista Elvira Serra mette in scena la storia autobiografica di un amore clandestino, raccontando la sua esperienza di donna che ha scelto consapevolmente  di amare un uomo non libero.
La storia assomiglia a quella di tante, troppe, donne: lei giornalista di successo sentimentalmente libera, incontra lui, sposato e, forse loro malgrado, si innamorano.
Il resto è facile da immaginare: messaggi e telefonate, incontri furtivi, weekend rubati.  La protagonista non si sente nemmeno "l'Altra" ma una fidanzata sui generis: è perfino facile dimenticare che lui, il suo Mr Darcy, ha una famiglia a mille chilometri di distanza.  
L'innamoramento è vivere in una bolla di felicità che niente e nessuno può intaccare.
L'idillio però è destinato a non durare: come tutti le avevano predetto, nessuna donna può accontentarsi delle briciole. Briciole di felicità, briciole di tempo, sapendo che non le sarà mai possibile condividere una festività, che il ruolo che si è scelta  l'ha relegata in un'angolo, in una vita parallela che scorre accanto a quella ufficiale senza però mai incrociarla. 
L'autrice sceglie di raccontare senza  pregiudizi o falsi moralismi la sua relazione con un tono a tratti ironico, a tratti malinconico. Alla fine resta la consapevolezza che le cose non si possono né forzare né cambiare e si scopre, malgrado tutto, che "la lezione è stata messa in scena affinché noi la metabolizzassimo".

Indicazioni terapeutiche: per le mogli, perché capiscano che le "altre" non sono così poi diverse da loro, e per le amanti, affinché si domandino se ne vale realmente la pena.

Effetti collaterali: l'autrice sceglie di farci partecipi della sua esperienza analizzando i suoi sentimenti senza porsi né come vittima né come carnefice ma come una donna che è stata protagonista della sua storia, che ha vissuto nel bene e nel male e dalla quale si sente uscita migliore.


mercoledì 12 novembre 2014

Pisa Book Festival 2014

Come vi immaginate il paradiso? Io come una fiera dei libri. Libri ovunque. Per questo motivo appena se ne presenta l'occasione, visito librerie, biblioteche, fiere.


Con questo spirito, sabato sono andata al Pisa Book Festival, uno degli eventi più importanti nel settore dell'editoria indipendente, organizzato quest'anno presso il Palazzo dei Congressi.
Una tre giorni che ricca di presentazioni, incontri con scrittori e con gli addetti ai lavori come traduttori ed editori, workshop e seminari. Una full immersione a 360°. Un'occasione unica per entrare in contatto con autori ed editori meno conosciuti ma non per questo meno affascinanti.


I miei acquisti
Personalmente il solo passeggiare in mezzo a tante bibliofili come me mi ha messo di buon umore!
L'unico svantaggio: la tentazione di spendere tutti i miei soldi. Non è stato facile scegliere tra titoli che mi hanno incuriosito ma penso di aver fatto delle scelte interessanti. Tra le altre cose ho assistito alla presentazione del libro "La vita perfetta di William Sidis" di Morten Brask. Sono rimasta così colpita che ho deciso di leggerlo.
A breve le recensioni dei libri che ho acquistato!

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lunedì 10 novembre 2014

The Giver di Lois Lowry

A cosa saremmo disposti a rinunciare per vivere in una società ideale?
Il mondo dove Jonas vive è un mondo perfetto: niente povertà, niente guerre, niente carestie, niente malattie. Un mondo ordinato, sicuro, scandito da ritmi regolari, con regole ben precise che tutti seguono fin dalla nascita. Nulla viene lasciato al caso.
Nella Comunità tutto è già stato deciso: le famiglie vengono assemblate da un comitato, niente figli biologici, e ogni persona al compimento del dodicesimo anno di età riceve la propria designazione, il ruolo che rivestirà per il resto della vita all'interno della società. Non esistono pulsioni sessuali, né ambizioni, né sogni. Nessuna scelta. Il Comitato decide: perché quando le persone hanno la possibilità di scegliere, sbagliano.


Jonas, con sua grande sorpresa, scopre di dover diventare il nuovo Accoglitore di Memorie, colui che ha il compito di preservare la storia dell'intera Comunità. Durante gli incontri con il Donatore, The Giver appunto, l'uomo che dovrà donare a Jonas tutti i suoi ricordi, la storia dell'umanità, Jonas capirà il prezzo che gli uomini hanno dovuto pagare per mantenere l'armonia. Hanno rinunciato ai colori, alla musica, ai sentimenti, alle passioni, alle pulsioni, ai ricordi. A ciò che ci rende ciò che siamo, umani. Così decide di cambiare quel mondo grigio e asettico in cui è cresciuto e non si riconosce più, iniziando un viaggio che non sa bene dove lo condurrà.
Lo scrittore Lois Lowry dipinge un mondo solo in apparenza pacifico: la violenza sta nel soffocare ogni scelta sull'altare dell'Uniformità. I desideri del singolo vengono sacrificati sull'altare dei bisogni di molti.
Una società cristallizzata che reprime ogni forma di diversità e condanna ogni suo membro ad un destino già tracciato, privandolo di ogni possibilità di autodeterminazione, non è forse il peggiore dei mondi possibili?

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i romanzi distopici come Divergenet e Hunger Games.

Effetti collaterali: la domanda che viene da porsi dopo aver letto questo libro è: vale la pena essere perfetti? O rinunciare alla possibilità di sbagliare è quello che ci rende umani?
Ma soprattutto fa riflettere che per annullare il dolore e la coscienza collettiva, vengano nascosti i ricordi passati, la storia. Non siamo forse la somma di tutto ciò che abbiamo vissuto? Se rinunciamo alle nostre esperienze non perdiamo forse noi stessi?

venerdì 7 novembre 2014

Cate, io di Matteo Cellini

Caterina è obesa. Sembra che alla società non interessi sapere altro di lei. Non se ami leggere o che tipo di musica ascolti o quel siano le sue aspirazioni. Importa solo che è grassa. Il suo mondo inizia e finisce tutto con questa unica parola. Una condanna senza appello.
Fuori dalle mura di casa è Cate, una supereroina che sopravvive nell'ostile mondo esterno solo grazie alla sua intelligenza e e al suo sarcasmo. Cate infatti non ha amiche, non ha compiti da copiare, non ha uscite da organizzare. Il suo corpo fuori misura la separa dal resto del mondo: come se fosse murata viva dentro sé stessa.
Solo al riparo di casa sua ridiventa Caterina. A casa tuTto è più facile. D'altronde tutta la sua famiglia è oversize, obesa direbbero gli altri: a differenza sua però ognuno di loro ha imparato, a suo modo,  a farci i conti.
Solo lei sembra essersi cristallizzata nel suo odio verso sé stessa, convinta che il futuro non abbia in serbo per lei nessuna sorpresa.
Ma Caterina non è sola nella sua difficile battaglia nell'accettarsi. Sua nonna e la professoressa di lettere hanno scelto di usare i libri per arrivare alla vera Caterina, quella che è nascosta sotto tutti quei chili, quella che perso l'amore per sé stessa e ogni speranza di ritrovarlo. Riuscirà ad aprirsi un varco nel mondo? Ad amarsi ed essere amata per le cose che pensa, dice e fa invece che per il suo corpo?
Lo scrittore Matteo Cellini ci consegna un libro a tratti crudo in cui dipinge la vita di una diciassettenne obesa alle prese con un mondo dominato dalla cultura dell'immagine. C'è ancora spazio per il diverso? O davvero, come dice l'autore, l'obesità è una categoria che divide le persone dalle non-persone?

Indicazione terapeutiche: per i grassi, per i diversi, per gli "sfigati", per tutti coloro che da adolescenti si sono sentiti tagliati fuori perché non rientravano dentro determinati "canoni" ma che crescendo si sono presi le loro rivincite. Perché la vita è come una maratona: i migliori si vedono sulla lunga distanza.

Effetti collaterali: Sarebbe riduttivo dire che è un libro dell'obesità. Il tema centrale è l'accettazione di sé come unico modo di vivere una piena. A volte quell'accettazione arriva dopo anni. Altre volte basta un amore, come se soltanto vedendoci riflessi negli occhi della persona innamorata scorgessimo il nostro vero io per la prima volta.


giovedì 6 novembre 2014

La verità di Amelia di Kimberly McCreight

Social network, cyber-bullismo, adolescenti viziati e giochi di potere sullo scenario di una New York che ricorda le ambientazioni del telefilm Gossip Girl.
La scrittrice Kimberly McCreight confeziona un giallo pieno di colpi di scena, scegliendo di narrare la storia da diversi punti di vista, ricorrendo ai flashback e ai social media come vere e proprie fonti. Cosa si nasconde dietro la patina di un mondo in apparenza irreprensibile? 
Amelia è una ragazza perfetta: studentessa modello, figlia amorevole, amica fidata.
È una mattina come le altre quando Kate, sua madre, viene interrotta durante una importante riunione da una telefonata della Grace Hall, la prestigiosa scuola di New york che Amelia frequenta, con cui la mettono al corrente che sua figlia verrà sospesa perché scoperta a copiare un compito. Kate molla tutto per precipitarsi a scuola. "Non è da lei" si ripete durante tutto il tragitto.
Ma, giunta a scuola, l'aspetta un orrore ancora più grande: Amelia, a causa della vergogna, si è tolta la vita. Come è possibile che si sia suicidata?
Kate non crede alla verità sostenuta dalle autorità. Quando riceverà un SMS anonimo "Amelia non si è buttata" capirà che le apparenze nascondono una realtà ben più dura. Cercando di vincere il dolore e il senso di colpa, inizierà ad indagare nella vita privata di sua figlia e scoprirà che c'erano dei segreti di cui ignorava l'esistenza. Amelia, incapace come ogni adolescente di sottrarsi alle grinfie del "gruppo", era vittima di bullismo da parte delle sue compagne. Ma perché tanto odio? Solo calandosi in questo mondo di soprusi e cattiverie Kate potrà giungere alla sconvolgente
verità.
Un libro che lascia col fiato sospeso fino all'ultimo e pone degli interrogativi su una generazione che sembra perduta, incapace di gestire le conseguenze delle proprie azioni.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i gialli, per coloro che vogliono capire meglio i giovani  e come si relazionano con i social network. 

Effetti collaterali: la scrittrice mette in scena il dramma di una madre che, non solo deve affrontare la morte della propria figlia, ma si ritrova davanti un mondo di cui ignorava l'esistenza e soprattutto si trova a vivere il peggior incubo di ogni genitore: quello di scoprire di non conoscere affatto i propri figli.


martedì 4 novembre 2014

La lista dei miei desideri di Lori Nelson Spielman

Non so l'avete ancora capito ma ho un debole per i libri che parlano di sogni, di coloro che inseguono la propria stella, di quelle persone che, in un dato momento della loro vita, si rimettono in discussione e partono alla ricerca della vera felicità. 
Ma cos'è poi la vera felicità? Impossibile dare una risposta univoca. Per certe persone è il lavoro a cui hanno sempre ambito, per alcuni un amore totalizzante, per altri ancora il calore di una famiglia. 
Ma la domanda vera è un'altra: siamo disposti a rinunciare a tutto quello che abbiamo per inseguire i nostri desideri?
L'autrice Lori Nelson Spielman nel suo romanzo d'esordio ci parla proprio di questo. Di una ragazza che rivoluziona la sua vita pur di realizzare le sue antiche aspirazioni.
Brett Bholinger, la protagonista, ha tutto quello che si potrebbe desiderare: un ruolo da manager nell'azienda di famiglia, un fidanzato bellissimo, una famiglia affettuosa. Il suo mondo va improvvisamente in pezzi quando sua madre muore e, nell'incredulità generale, la esclude completamente dall'eredità. Le lascia soltanto una lettera contenente "la lista dei desideri" redatta proprio da Brett quando aveva quattordici anni. Avere un cane, innamorarsi, restare amica di Carrie per sempre, fare un figlio. Se nell'arco di un anno realizzerà tutti gli obiettivi riceverà la sua eredità. Brett è sconvolta: davvero sua madre vuole che rinunci a tutto quello che ha costruito per inseguire i suoi infantili desideri da ragazzina?
Sebbene inizialmente riluttante,  Brett  sceglie comunque di esaudire le sue ultime volontà, certa che sua madre avesse intuito cose che a lei erano sfuggite.
Lungo questo tortuoso percorso scoprirà che ricominciare la propria vita da capo a trentaquattro anni può essere rischioso. O vinci o perdi tutto. In ogni caso farsi fermare dalla paura è sempre una sconfitta. 
Eleanor Roosvelt una volta disse "Fai ogni giorno qualcosa di cui hai paura". Perché se si ha il coraggio di assumersi dei rischi e travalicare i limiti dei propri  timori , il mondo dall'altra parte è meraviglioso.

Indicazioni terapeutiche: per chi crede nella potenza dei sogni e nella necessità di realizzare se stessi, senza dimenticare che i desideri non invecchiano quasi mai con l'età.

Effetti collaterali: chi non si è trovato ad un certo punto nella vita a porsi questa domanda: mi piace veramente la persona che sono diventata? Se no, ho la forza di mettere tutto in discussione? Dove sta il confine tra coraggio e arroganza, tra desiderare ciò che è giusto e aspettarsi più di quel che si merita? Perché, in definitiva, sono le scelte azzardate, i rimpianti che abbiamo deciso di non avere, che rendono la vita degna di essere vissuta.