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mercoledì 8 aprile 2015

I 49 racconti di Ernest Hemingway

Ho letto Hemingway da adolescente. Ho deciso di riprendere in mano le sue opere ora per provare a capire dove stia la sua grandezza.
Quando scrivi, o ci provi, capisci quanto è difficile non essere banale, racconatre di sé e del mondo senza cadere in stereotipi abusati o ricorrere a virtuosismi inutile.
Hemingway ci riesce:descrive in maniera semplice il più difficile dei personaggi, evoca con poche parole paesaggi straordinari.
Hemingway non seduce , racconta.
E lo fa, non solo nei suoi romanzi più noti, ma anche in questa raccolta I 49 racconti. In Italia il racconto è da sempre considerato il fratello minore del romanzo. Quello sfigato che nessuno considera. Come se scrivere un racconto fosse un'arte più facile, più abbordabile, e per questo degna di meno considerazione.
Ci ha pensato Hernest Hemingway a sfatare questo luogo comune. Lo scrittore americano ci regala, infatti, quarantanove delizie, piccole pillole di vita che spaziano dall'amore alla guerra, dall'Africa alla Spagna, dalla caccia alle corride.
Si dice che un buon scrittore per essere tale debba aver vissuto molto o possedere una grande immaginazione. Per Hemingway vale la prima. I suoi libri, seppur non raccontino storie vere, richiamavano molte episodi della sua straordinaria vita: la prima guerra mondiale, gli anni giovanili passati a Parigi, la rivoluzione in Spagna, le corride, i safari in Africa, Cuba. La sua stessa vita sembra uno dei suoi libri, realtà e finzione che si mescolano.
Pagina dopo pagina, emerge sempre più chiaramente perché Hemingway sia stato un vero innovatore dell'intera narrativa del '900.  È la sua cifra stilistica che ha fatto di questi racconti, e di tutte i suoi libri più in generale, delle pietre miliari non solo per i lettori di tutto il mondo, ma per chiunque aspiri ad avvicinarsi alla scrittura.
Il tono è asciutto, senza fronzoli, privo di inutili sovrastrutture. Semplicità e ritmo, queste sono le armi segrete di Hemingway. Tutti i suoi scritti sono caratterizzati da brevi descrizioni, alternanza di sequenze narrative e dialoghi, fugaci riflessioni sul senso della vita.
Il lettore è letteralmente catapultato all'interno delle storie, quasi potesse entrare in scena per toccare con mano viva i personaggi e dialogare con loro. Siamo stati con Macomber a caccia nella savana, abbiamo ripercorso la vita di Harry che aspetta il soffio della morte all'ombra di un albero di mimosa, ci siamo innamorati di Luz e poi siamo stati lasciata da lei, abbiamo sognato di essere per un giorno toreri come Paco. E ogni volta abbiamo avuto la sensazione che il racconto fosse finito troppo presto. Perché, come diceva Leonardo da Vinci, la semplicità è la vera perfezione: l'assenza di elementi ridondanti libera la scrittura dalla retorica inutile, sprigionando così tutta la sua potenza espressiva.

Hemingway aveva una passione sfrenata per la pesca e la caccia

Indicazioni terapeutiche: per chi sogna di vivere avventure straordinarie, per chi vuole rivivere la storia del '900 da protagonista.

Effetti collaterali: Hemingway è celebre per il suo stile asciutto ma anche per la sua capacità di saper nascondere, nella sua semplice prosa, grandi verità e riflessioni su ciò che significhi vivere, desiderare, morire. Forse il senso della nostra vita non sta nelle stelle, ma nelle piccole cose, nella polvere che si posa sui nostri oggetti, nelle parole che diciamo, nelle orme che lasciamo dietro di noi.

lunedì 2 marzo 2015

Chi manda le onde di Fabio Genovesi

Poche settimane fa mi sono recata alla presentazione di questo libro ed ero rimasta letteralmente folgorata dal carisma di Fabio Genovesi.( vedi il post http://bit.ly/1M1lce5)
E poi, essendo quasi conterranei, mi viene naturale fare il tifo per lui.
Insomma avevo grandi aspettative per questo libro.
Invece sono rimasta delusa.
Pagina dopo pagina non sono riuscita a scacciare la sensazione che ci fosse qualcosa che stonava.  È vero che la scrittura è seducente, che i personaggi sono ben delineati e interessanti ma manca qualcosa.
Lo stile di Genovesi c'è. Amo il suo modo di scrivere: ci sono alcuni passaggi che mi hanno incantato, passi in cui l'autore è riuscito a mettere in parole l'effimero delle emozioni, quasi una sorta di magia. Genovesi gioca con le parole, come le onde del mare con la spiaggia: si rincorrono, si accavallano, trascinano il lettore in mondi di cui ignorava l'esistenza, lasciandolo stordito e stupefatto.
Credo sia la trama ad essere un po' debole. Non penso sia corretto scriverla qui, perché rischierei di dire troppo, rovinando il piacere di leggere il romanzo a chi ancora non lo ha fatto.
Posso dire che l'autore intreccia con sapienza le storie dei diversi personaggi che, come nella sua tradizione, sono al limite dello strampalato, outsider che la vita ha messo all'angolo, predenti che non si arrendono. C'è Serena, madre sui generis di Luca, troppo bello e bravo per essere vero, e Luna, bambina albina che non riesce a rassegnarsi alla sua diversità. C'è il gruppo formato da Sandro, Rambo e Marino, quarantenni falliti che vivono ancora con i genitori, costretti a confrontarsi con le proprie sconfitte. E infine Zot, bambino arrivato dall'Ucraina, che vive con il "nonno" Ferro, ex bagnino, fissato con la necessità di difendersi dall'invasione russa. Un manipolo di sfavoriti che all'apparenza non potrebbe sembrare più diverso, ma che in realtà ha in comune molto di più di quanto possa sembrare.
Ma, a mio avviso, la trama si sfilaccia troppo, si perde quasi in una serie di digressioni, alcune delle quali forse sono di troppo. È come se il libro mancasse di ritmo ( l'escamotage stesso per mandare avanti la storia, ad  un certo punto, si rivela un po' fiacco). Il che fa sì che a volte si faccia fatica a voler andare avanti.
Peccato davvero perché gli ingredienti c'erano tutti: il bene e il male, l'amore e la morte, le lacrime e le risate. Un romanzo mondo, come l'avevano definito alla presentazione, che colpisce senza affondare. Un turbinio di emozioni che invece di  arrivare tutte insieme, vengono annacquate, perdendo tutta la loro potenza.

Particolare della copertina 

Indicazioni terapeutiche: per chi ama indagare il senso delle cose, per chi si chiede se davvero esistano il bene e il male e dove inizi l'uno e finisca l'altro.

Effetti collaterali: nel romanzo uno dei temi centrale è la diversità. Essere diversi non è mai scelta. È una cosa che capita, contro la quale spesso si lotta,  a causa della quale si soffre. Perché la diversità è come un muro che ci separa dal resto del mondo, al quale ogni essere umano desidera ardentemente appartenere. L'unica via d'uscita è trovare un equilibrio tra ciò che ci distingue dagli altri e ciò che ci rende simili; una sorta di patto che ci permette di riappacificarsi con ciò che ci circonda, senza dover rinunciare alla propria essenza, a ciò che che ci rende ciò che siamo,  unici e irripetibili.


mercoledì 25 febbraio 2015

La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari.
Alice e Mattia sono così. Diversi da tutti gli altri, immersi nella moltitudine dei loro simili ma irrimediabilmente soli. Si riconoscono perché entrambi chiusi nel loro mondo, uguali nella loro diversità.
Alice e Mattia sono due adolescenti problematici, entrambi segnati da eventi traumatici accaduti quando erano bambini, che hanno condizionato per sempre le loro vite.
Alice, obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci, finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Resterà zoppa, ferita nell'animo, in maniera permanente.
Mattia ha una gemella ritardata, Michela. Mattia se ne vergogna, così un giorno, quando per la prima volta  un compagno di classe li invita entrambi alla sua festa, Mattia abbandona Michela nel parco. Quando tornerà la sera sera lei sarà scomparsa e non verrà mai ritrovata.
Le vite dei due protagonisti sono destinate ad intrecciarsi, prima da adolescenti, poi da adulti. Un legame indissolubile, come tra chi si riconosce simile, ma insufficiente a farli restare uniti.

Scena tratta dall'omonimo film (2010)
Quella di Alice e Mattia è una storia d'amore sui generis: non è l'amore salvifico che tutti noi sogniamo, quello che fa abbattere i muri e superare le difficoltà. È un amore difficile, volubile, che non basta a sé stesso. Imperfetto come lo sono i suoi protagonisti.
Paolo Giordano, al suo esordio, ci regala un libro duro, toccante, che ci spinge a interrogarci su cosa significhi oggi crescere e vivere,  dovendo omogeneizzarsi alla media.
La solitudine dei numeri primi è innanzi tutto un romanzo sulla solitudine e sulla difficoltà per alcune persone di vivere una vita "normale", sull'incapacità di  relazionarsi e di comunicare, di adeguarsi, in altri termini, agli standard che la società in cui viviamo ci impone. Un romanzo che non fa sconti, non regala le felicità e, alla fine, lascia il lettore stordito e perplesso, solo con i suoi dubbi e le sue paure.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama i personaggi che si distinguono, per chi ama scandagliare l'animo umano. Sconsigliato a chi cerca l'happy end a tutti i costi.

Effetti collaterali: chi nella vita non sì è sentito, da bambino o adolescente, incompreso? Poi crescendo il senso di inadeguatezza scompare o, almeno, si affievolisce. Ma per alcuni non è così. Rimangono chiusi nella loro condizione di solitudine e incomunicabilità, costretti a sopravvivere in un mondo a cui sentono di non appartenere. Siamo di fronte a persone con intelligenza e  sensibilità superiore? O si tratta solamente di analfabeti sentimentali?
A voi la risposta.

martedì 17 febbraio 2015

Cinquanta sfumature di grigio

Venerdì sera sono andata a vedere il film Cinquanta sfumature di grigio, tratto dall'omonimo libro.
Ho letto la trilogia di cinquna sfumature in tempi non sospetti, prima che diventasse un fenomeno sociale e le vendite schizzassero alle stelle. Ma a distanza di anni, con l'uscita del film, questo romanzo è tornato sulla bocca di tutti, diventando un vero e proprio cult.
Lo so che molti di voi ritengono che sia un libro da quattro soldi, ma credo che, messo da parte il finto snobismo, se un'opera (in questo caso una trilogia) ha venduto 90 milioni di copie in tutto il mondo un motivo c'è. E chi scrive, o vuole farlo, deve interrogarsi su cosa fa di un romanzo un best-seller.
Io l'ho fatto.
Si è vero, Cinquanta sfumature non è un libro ben scritto, lo stile è ripetitivo e poco scorrevole (le scene di sesso alla fine finiscono per assomigliarsi tutte e perdono di pathos), ma fa quello che pochi libri fanno: regala un sogno, emoziona, colpendo l'immaginario collettivo (soprattutto femminile ovvio!).
Non fatevi ingannare dalle scene alto tasso erotico, il romanzo di E. L. James è prima di tutto un inno all'amore, quello romantico, quello che travolge, quello che tutte le donne sognano.
La trama la conoscete tutti: la timida Anastasia Steel con la sua semplicità e ingenuità riesce a far breccia nel cuore del freddo Christian Grey, prigioniero delle sue perversioni e incapace di lasciarsi amare. Non importa se per farlo dovrà sottostare alle rigide regole che lui le impone: perché se è lui che la lega e la frusta, è lei ad avere il vero potere, in un gioco di ruoli dove vittima e carnefice si confondono.

Scena tratta dal film
Il punto è che, aldilà delle sue cinquanta sfumature di perversione, Mister Grey incarna il principe azzurro 2.0 che tutte vorrebbero. Bello, sexy, ricco (e qui i più cinici commentano che se Mister Grey fosse stato un fattorino di Bartolini la storia sarebbe andata in maniera diversa).
Non si può negare che parte del fascino della storia sia da ascrivere al mondo in cui Grey trascina Anastasia: un mondo fatto di gite in elicottero, di auto costose in regalo, di cene e party esclusivi.
Ma non è forse proprio quello che chiediamo all'amore? Di strapparci dalla routine della nostra vita quotidiana, di scuoterci nel profondo risvegliando emozioni che non sapevamo di poter provare, di farci sentire vivi?

Scena tratta dal film

Di sicuro Cinquanta sfumature di grigio è un libro che divide. O lo si odia o lo si ama.
E voi da che parte state?

Indicazioni terapeutiche: per tutte quelle donne che non si sono arrese alla realtà e che sognano un uomo che sconvolga la loro vita, per chi è in cerca di emozioni forti, per chi crede nel potere salvifico dell'amore.

Effetti collaterali: Sinceramente io non mi ritrovo in questa visione dell'amore: non mi piace l'idea di una donna che si abbandona così ad un uomo, non mi piace che in nome dell'amore sia disposta sacrificare tante cose di sé, una donna che sceglie di chiamare il suo compagno "padrone". L'ho trovata una visione estremamente maschilista e retrograda del rapporto di coppia.
Ma questo, come dicevo, è solo il mio punto di vista.

domenica 28 dicembre 2014

Io prima di te di Jojo Moyes



A volte si ha bisogno di leggere un libro che ci faccia sognare, dimenticare gli affanni quotidiani, sperare che l'impossibile diventi possibile.
Io prima di te è uno di quei libri. Uno di quei libri che ti fa piangere, fremere e sperare. Uno di quei libri che quando lo chiudi ti sembra di essere diventato amico dei personaggi, che magari un giorno, camminando per strada, li incontrerai e con un cenno della testa potrai augurare loro Buona vita.
Louisa Clark ha ventisette anni e nessuna idea di cosa fare della sua vita: abita in una piccola cittadina, ha fidanzato di cui non è innamorata, naviga a vista, convinta che il mondo non abbia niente di meglio da riservarle. Almeno fino al giorno in cui conosce lui.

Tu sei più o meno l'unica cosa che mi fa desiderare di svegliarmi

Il lui in questione è Will Traynor, giovane rampante di buona famiglia, rimasto tetraplegico in seguito ad un incidente. Louisa verrà assunta come sua assistente per sei mesi. Ciò che ignora è che  quello che sembrava solo un lavoro si trasformerà in qualcosa di più. Louisa scoprirà infatti che Will ha deciso di porre fine alla sua vita ricorrendo al suicidio assistito e sarà disposta a tutto pur di fargli cambiare idea. Ciò che entrambi non sanno è che quei sei mesi si trasformeranno in una corsa contro il tempo che cambierà per sempre le loro vite.


Tu hai cambiato la mia vita molto più di quanto questo denaro potrà mai cambiare la tua. Non pensare a me troppo spesso. Non voglio pensarti in un mare di lacrime. Vivi bene. Semplicemente, vivi.

Dimenticate lo stile aulico e le pretenziosità letterarie,  Jojo Moyes ci ha regalato un libro scorrevole, dalla trama avvincente e coinvolgente. Una storia di amore nata per uno scherzo del destino, tra due persone che, in un'altra situazione, non si sarebbero nemmeno parlate. Vi sembrerà di stare sulle montagne russe, trascinati in un vortice di emozioni che vi farà versare fiumi di lacrime e vi lascerà alla fine storditi, ma convinti che ne sia valsa la pena.

Indicazioni terapeutiche: per chi ama le storie d'amore impossibili, per chi vuole le vedere le cose da un diverso punto di vista, per chi non ha ancora trovato la sua strada ma non ha mai smesso di cercarla.

Effetti collaterali: quando ho letto il titolo "Io prima di te" ho subito pensato che facesse riferimento a Will, a come la sua vita fosse stata stravolta dall'arrivo di Louisa. Ma mi sbagliavo. Il personaggio che compie il percorso più complesso all'intero del romanzo non è Will, è Louise. Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze: Will sa quello che vuole e conosce i suoi limiti. Si può non essere d'accordo con le sue intenzioni ma bisogna prendere atto che solo lui, inchiodato alla sua sedia a rotelle, ha capito quello che nessuno aveva intuito prima, ossia le potenzialità e la forza di Louise. Solo lui l'ha incoraggiata a ricominciare a studiare, a viaggiare, a vedere posti nuovi, ad avere ambizioni. Ha modificato per sempre non solo il modo in cui Louise vedeva le cose, ma la sua stessa natura. Non importa cosa accadrà dopo, lei non sarà più la stessa. Esiste forse amore più grande di questo?


mercoledì 17 dicembre 2014

L'aiuto di Kathryn Stockett

Cosa hanno in comune una giovane borghese aspirante scrittrice e due domestiche afro-americane, una che ha passato la vita a crescere i figli degli altri e l'altra che per colpa del suo caratteraccio non riesce a tenersi un lavoro?
Apparentemente nulla. Ma dal sodalizio di queste tre donne nascerà un progetto che rischia di rivoluzionare non solo le loro vite, ma quelle di tutte le persone che conoscono.
Siamo a Jackson,  cittadina del Missisipi, profondo sud degli Stati Uniti,  anni '60. Eugenia  Phelan, detta "Skeeter", torna a casa, dopo aver frequentato l'università. Il suo sogno è quello di costruirsi una carriera tutta sua come scrittrice. Ma sua madre ha piani diversi: vuole per lei un buon matrimonio. L'unica persona che l'ha sempre appoggiata, la sua balia Constantine, sembra sparita nel nulla.
Eugenia dovrà scontrasi non solo con i pregiudizi che la vogliono una donna dimessa, una mera appendice dell'uomo, con il solo compito di essere una buona moglie e madre, ma anche con il profondo razzismo che impregna la comunità in cui è cresciuta. Decisa a non adeguarsi, inizierà a scrivere un libro, grazie all'aiuto di due governanti  afro-americane, Minni Jackson e Aibileen Clark, con il fine ultimo di denunciare tutti i soprusi e le discriminazioni che sono costrette a subire ogni giorno le donne di servizio nelle famiglie bianche per le quali lavorano.
Kathryn Stockett ha dipinto uno straordinario affresco della società americana ai tempi delle marce di Martin Luther King, nelle quali gridava al mondo 'I have a Dream', tempi in cui anche se la schiavitù non esisteva di più, i neri erano asserviti, sottopagati, maltrattati.
L'autrice riesce far immergere completamente nella storia, alternando momenti quasi comici ad altri di una tragicità estrema, regalandoci un libro che fa sorridere, commuovere, indignare e riflettere.

Indicazioni terapeutiche:  per chi lotta non solo per la propria dignità ma anche per quella altrui, per chi crede che abbiamo tutti gli stessi diritti, per chi professa  l'uguaglianza e la libertà di ogni uomo.

Effetti collaterali: È impossibile non rimanere sconvolti leggendo le angherie perpetrate dalle signore bianche della borghesia ai danni delle loro donne di servizio, che trascorrevano la loro vita a prendersi cura di famiglie non loro. L'indifferenza, il disprezzo, la non-curanza nei confronti di altri essere umani lascia basiti. Oggi più che mai libri come questo DEVONO essere letti perché alla porte del 2015, il razzismo non è stato ancora sconfitto, ma anzi la strada da percorrere è ancora lunga.



giovedì 11 dicembre 2014

Vita dopo vita di Kate Atkinson

Ursula Todd, appena nata, è morta strozzata dal suo stesso cordone ombelicale. A quattro anni è annegata mentre giocava con la sorella. A cinque anni è caduta dal tetto. Ad otto anni è morta a causa di un'epidemia di influenza. A trent'anni è caduta sotto i bombardamenti dei tedeschi su Londra.
Ma ogni volta, per uno strano scherzo del destino, ha avuto una seconda possibilità, tornare indietro per beffare la morte. Fintanto la possibilità di cambiare il corso della storia trovandosi faccia  a faccia con Hitler.
Si tratta di un vero  e proprio genere letterario: Ucronia. Dal greco "nessun tempo" (da οὐ = "non" e χρόνος = "tempo"), per analogia con utopia che significa "nessun luogo", indica la narrazione di quel che sarebbe potuto succedere se un preciso avvenimento storico fosse andato diversamente.
Quelle che Ursula vive non sono però, in realtà, vite parallele ma tante possibili versioni di sé stessa, che si realizzano di volta in volta. Perché aldilà delle innumerevoli vite, Ursula è una donna ordinaria, con una vita a tratti quasi noiosa, impegnata nel disperato tentativo di salvare, oltre a sé stessa, le persone che incontrerà sul suo cammino.
Kate Atkinson ci consegna un romanzo particolarissimo, di difficile definizione, tra il romanzo storico (nota di merito per la fedele ricostruzione della Londra durante la seconda guerra mondiale) e quello di fantascienza.
Il lettore si trova invischiato in una continua manipolazione, a metà tra la tensione narrativa e la sospensione dell'incredulità. Bisogna leggerlo per capire.
Di sicuro è un opera unica nel suo genere, altrimenti non si spiegherebbe il successo strepitoso che ha avuto. Vita dopo vita è stato infatti eletto libro dell'anno dal New York Times e dal Guardian, vero e proprio caso letterario del 2013, del quale sono già stati venduti anche i diritti cinematografici.

Indicazioni terapeutiche: per gli amanti dei possibili futuri, per chi si chiede sempre come sarebbe stato se...

Effetti collaterali: cosa accadrebbe se avessimo la possibilità di vivere più volte la nostra vita? Alla fine impareremmo dai nostri sbagli raggiungendo la perfezione?
Personalmente credo che se potessi tornare indietro cambierei molte delle scelte che ho fatto, con la consapevolezza però, che non farei meno errori, ma soltanto errori diversi.

martedì 21 ottobre 2014

Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez

Oggi vi parlo di uno dei miei romanzi preferiti in assoluto. Anzi Cent’anni di solitudine non è, a parer mio, un romanzo ma IL ROMANZO.
Per i pochi che lo ignorano, Cent’anni di solitudine è il capolavoro di Gabriel Garcia Marquez, l’autore colombiano scomparso lo scorso 17 aprile, considerato uno dei più importanti scrittori del Novecento.
L'influenza che ha avuto sul mondo letterario è tale che questo libro è considerato oggi l’opera più importante in lingua spagnola dopo il Don Chisciotte. 
La storia narra l'intreccio centenario tra la famiglia Buendìa e il piccolo paese immaginario di Macondo (come vorrei esistesse davvero!).
C'è tutto: amore, guerra, tradimenti e riconciliazioni, magia e maledizioni. Non fatevi distrarre  però dagli elementi del favolismo magico, che si racconta che Marquez abbia inserito ispirandosi ai racconti di sua nonna, fondamentalmente il libro è una storia di solitudini. I personaggi sono chiusi in sé stessi, incapaci di andare aldilà dei propri limiti, prigionieri delle loro passioni e delle loro convinzioni.
Ma il libro ci pone di fronte anche ad un'altra domanda: è possibile sfuggire al proprio destino?
Per Marquez la risposta è no. Domina il fatalismo: ognuno sembra intrappolato nelle maglie di una rete impossibile da spezzare, condannato a reiterare gli sbagli della generazione precedente. Neanche l’amore è in grado di salvare i protagonisti, anzi la passione li conduce alla rovina.
Alcuni lettori sono confusi dal fatto che i nomi maschili si ripetono. Non è una scelta casuale. Il tempo assume una dimensione magica, come se passato e futuro coesistessero nel presente, come se, ancora una volta, fosse inevitabile non percorrere la strada che il fato aveva già tracciato.
L'epopea di questa famiglia vi trascinerà tra incontri, partenze, ritorni, amori e vendette e, credetemi, anche quando tutto sarà finito non ne avrete avuto ancora abbastanza.

Indicazioni terapeutiche: da leggere e rileggere (ogni volta che lo faccio ne apprezzo sfumature diverse!). Per tutti perché è un peccato non aver letto un capolavoro simile.
Piacerà sicuramente a chi è affascinato dalle saghe familiari e a chi cerca una storia senza tempo. 

Effetti collaterali: impazzirete nel distinguere i vari Aureliani e Jose Arcadio, vi struggerete dietro le loro storie d'amore, rassegnati al fatto che l'essere umano è inerme di fronte al destino.

lunedì 15 settembre 2014

Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti

Ti prendo e ti porto via è sicuramente uno dei miei libri preferiti. L'ambientazione nella cittadina inventata di Ischiano scalo, lo spessore con cui sono costruiti i personaggi, l'intreccio delle storie che alla fine convergono magicamente in un finale che mozza il fiato lo rendono un libro imperdibile.
Il protagonista è Pietro, bambino giudizioso cresciuto come l'erba di scarpata ferroviaria (cit Guccini), che affronta le difficoltà della vita armato solo del suo buon senso e della sua precoce maturità. Tutto questo purtroppo non basterà a metterlo al sicuro dai colpi che infligge la vita, non risparmiando i più deboli, anzi accanendosi proprio con loro. 
È una piccola realtà di provincia disincantata, dura, quasi crudele, quella che disegna Ammanniti, una sorta di giungla dove vige la regola del più forte. La storia di Pietro si intreccia alla storia degli altri personaggi, ciascuno impegnato nel disperato tentativo non tanto di essere felice ma di sopravvivere, anche, e soprattutto a volte, a discapito degli altri. Non ci sono eroi, solo persone con le loro debolezze e i loro limiti.
Alla fine ognuno avrà imparato qualcosa non senza essersi procurato profonde cicatrici. Al lettore decidere se ne sarà valsa la pena. 


Indicazioni terapeutiche: per gli speleologi dell'anima, che amano tuffarsi nei meandri del cuore dei personaggi. Per chi si chiede come mai le persone sono quello che sono e fanno ciò che fanno. Per chi crede nel riscatto finale.

Effetti collaterali: Sarete pervasi da un enorme senso di giustizia, da un'indignazione che vi trasformerà in novelli Don Chischiotte, pronti a sfidare ogni mulino a vento. Profonda nostalgia aspetta chi è cresciuto in provincia e si riconoscerà nelle atmosfere da piccola cittadina, dove tra ritmi lenti e chiacchere da bar a volte si consumano le peggiori tragedie.

venerdì 12 settembre 2014

Colpa delle Stelle di John Green



Colpa delle stelle narra la storia d'amore di due adolescenti, Hazel e Augustus, entrambi malati di cancro. Un'altro romanzo per young adult, direte voi. Ma è molto di più di questo. come si spiega altrimenti il fatto sia ormai diventato un bestseller da quasi due anni stabilmente tra i primi dieci romanzi più venduti in America (oltre 9 milioni di copie). 
Non parla di amore ma di quel tipo di amore che si prova una volta nella vita, prima di essere irrimediabilmente feriti, che ti fa credere che tutto sia possibile, che ti cambia nel profondo, modificando il modo in cui vedi e percepisci il mondo. 
Ma racconta anche del cancro. Cosa c'è di più brutto dell'essere malati di cancro? Essere dei diciassettenni malati di cancro. Perché quando un tumore ti colpisce così presto, non solo distrugge il tuo presente, ma ti strappa via anche il futuro, i sogni, la voglia di lottare. Proprio per questo la storia di Hazel e Augustus colpisce al cuore perché riesce a travalicare i confini della malattia, perché l'amore, quello vero, annulla le differenze, mettendo tutti sullo stesso piano, sani e malati, riuscendo a piantare un seme di speranza laddove non c'era nulla. 
Ma c'è molto di più: l'amore e la malattia diventano a loro volta un modo per parlare d'altro. Il titolo originale “The fault in ours stars” rimanda ad una domanda che Hazel si pone: siamo destinati a percorrere una strada che qualcuno ha già tracciato per noi o semplicemente le stelle se ne fregano ed è tutto nelle nostre mani? Siamo tutti destinati all'oblio o qualcosa di noi rimane anche quando non ci saremo più? Il fatto è che siamo tutti ossessionati dal pensiero di lasciare un segno nel mondo, anche se spesso questo significa ferire chi ci sta intorno. Ma la verità, che Hazel ha sempre saputo, è che la possibilità che abbiamo di ferire l'universo è pari a quella che abbiamo di aiutarlo, quasi inesistente.
E allora l'unico modo per lasciare qualcosa dietro di noi è amare ed essere riamati. L'amore come unica via verso l'immortalità.
E quando la vita ti regala un amore avversato dalle stelle, l'unica cosa che puoi fare e viverlo fino in fondo, consapevole della fortuna di aver vissuto “un per sempre dentro un numero finito”.

"Mentre leggeva, mi sono innamorata così come ci si addormenta: piano piano, e poi tutto in una volta.”

Indicazioni terapeutiche: raccomandato ai romantici, agli idealisti, ai malati d'amore.
Dal libro è stato tratto anche un film dal titolo omonimo. Se siete convinti di non aver versato abbastanza lacrime vi consiglio di vederlo. 

Effetti collaterali: occhi rossi, fiumi di lacrime, naso gocciolante e chi più ne ha più n e metta. Sconsigliato ai duri di cuore.