mercoledì 13 gennaio 2016

La ragazza del treno di Paula Hawkins

Rachel ogni mattina prendo il treno delle 8.04 per Londra. Dal finestrino vede le case sfilare, ma ce n'è una che è particolare. È la casa dove vivono Jess e Jason. Belli, innamorati, felici. Sono tutto quello che Rachel non ha, tutto quello che ha perduto.
Diventa facile invidiare la vita degli altri, spiare da dietro un vetro, quando non hai niente.
Rachel è sola: ha perso il lavoro, il suo ex marito l'ha lasciato per un'altra, non ha amici. Rassegnata e infelice sta sprofondando nell'alcolismo: stordirsi è l'unico modo con cui riesce ad affrontare le giornate vuote che l'aspettano. Non le importa degli sguardi pietosi della gente, dei mal di testa e della nausea, delle amnesie. L'alcol è la lente distorta attraverso cui vede il mondo, la "medicina" che la fa convivere con la persona che è diventata.
Sentirsi vuoto: lo capisco perfettamente. Comincio a credere che non esista una soluzione. L'ho imparato: i buchi della vita non si riempiono più. Devi crescere intorno a loro, come le radici che affondano nel cemento, devi rimodellarti intorno alle crepe.
Un giorno dal suo vagone assiste ad una scena inaspettata: vede Jess baciare un altro uomo. Il giorno dopo la donna, che in realtà si chiama Megan, scompare. Rachel sarà coinvolta nelle ricerche, una caccia all'uomo in cui le persone, anche quelle più vicine, non sono mai quello che sembrano. Cosa è successo la notte in cui Megan è scomparsa? Rachel ha assistito a qualcosa?
Se anche fosse la sua mente, annebbiata dall'alcol, non riesce a recuperare nessun ricordo utile. Spinta dalla voglia di scoprire la verità, la protagonista si accorgerà che la perfezione che immaginiamo nelle vite altrui non sempre esiste davvero. 

Quando un libro scala le classifiche merita sempre chiedersi il perché. La ragazza del treno è un romanzo costruito sapientemente che alterna punti di vista differenti e continui salti temporali ma che non stupisce. La storia è raccontata in prima persona da tre personaggi femminili: Rachel, Megan e Anna. La trama è coinvolgente anche se forse come giallo è un po' annacquato, con un finale forse troppo prevedibile (ma d'altronde lo scarso numero di personaggi coinvolti non lasciava ampia scelta). Ho apprezzato di più la parte introspettiva che quella prettamente thriller. Che dire non è un capolavoro del genere , ma il suo lavoro di intrattenimento lo fa.

Indicazioni terapeutiche:  per chi ha capito  che non serve a nulla invidiare la felicità degli altri, le fortune, i successi, i risultati,  dappertutto c'è del bene, dappertutto c'è del male.

Effetti collaterali: Cosa ti è successo? Quando sei diventata così debole?” Non lo so. Non so dove sia finita la mia forza, non ricordo di averla persa. Forse è stata consumata dalla vita, un po’ alla volta, in un lento logorio. 
A chi non è capitato di sentirsi come Rachel? Sconfitti, soli, infelici? Come se ogni sbaglio avesse risucchiato un po' alla volta la nostra capacità di agire, di cambiare le cose. La vera vittoria è non farsi scoraggiare dai momenti bui, ma trovare ogni mattina un motivo per alzarsi e sorridere, per lottare per ciò in cui crediamo.


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