venerdì 27 novembre 2015

Anna di Niccolò Ammaniti

Lo ammetto.
Niccolò Ammaniti è uno dei miei scrittori preferiti. Perché scrive bene, perché scrive di ragazzi che diventano adulti, della paura più grande, quella di crescere.
Viste le recensioni online poco promettenti, credevo che sarei rimasta delusa.
Mi sbagliavo.
Anna è un romanzo esplosivo.
Ci sono tutti gli ingredienti: il viaggio, l'amore, la malattia, la paura, la morte. La protagonista assoluta è senza dubbio lei, Anna, cuore e motore della storia.
Sicilia, 2020. Un virus, la "Rossa",  ha sterminato gli adulti e lasciato in vita solo i bambini, che però si ammalano appena si affacciano alle soglie della adolescenza. Anna, una bambina di tredici anni e il fratello Astor, sono impegnati nella lotta per la sopravvivenza.
Un giorno suo fratello viene rapito, così Anna si ritrova costretta ad abbandonare la sua “casa” e la sua “terribile” routine per andare a salvarlo. Accanto a lei, nel ruolo di improbabili quanto coraggiosi aiutanti, Coccolone, il cane dalla sette vite, e Pietro, un minchionaccio, di cui la protagonista finirà per innamorarsi.

Pietro le era esploso nel petto e migliaia di frammenti aguzzi le scorrevano nelle vene straziandole la carne. Adesso capiva  cos'era l'amore, quella cosa di cui si parlava tanto nei libri di mamma. L'amore sai cos'è solo quando te lo levano. L'amore è mancanza.

Il rapimento è l’espediente narrativo che da in là alla narrazione. Da questo punto in avanti, il libro si trasforma in una sorta di romanzo di formazione, che ruota intorno al topos del viaggio. 
Il viaggio assume qui una duplice connotazione: è sia un percorso fisico che porterà Anna ad attraversare la Sicilia per cercare la salvezza, oltre lo stretto di Messina nel “Continente”, ma è soprattutto un viaggio interiore dall’infanzia alla età adulta. Un viaggio senza speranza, non solo perché non ci sono sopravvissuti (o forse sì?!), ma perché, mai come in questo caso, crescere significa morire. La pubertà, che nel mondo reale, segna l’inizio della vita adulta, il momento in cui ogni essere umano dispiega le ali e si prepara a spiccare i volo, nel mondo finzionale ideato da Ammaniti segna l’ora della Morte.
Per la protagonista la missione da compiere quindi non è tanto riuscire a scampare ai pericoli reali ma sopravvivere alla bambina che sta morendo in lei, e soprattutto mantenere viva la speranza.  
Speranza che ci sia una cura, lontano, in Calabria, speranza che il mondo non si sia ridotto a quello che è diventato. Una landa desolata, arsa dal fuoco, disseminata di immondizia, carcasse di auto, case abitate oramai solo da cadaveri. Un mondo dove vige la regola del più forte: è una sorta di ritorno allo stato di natura di Hobbes, dove ogni homo homini lupusMa nonostante tutto, nonostante il dolore, l'assenza, la perdita, bisogna provarci. Anche se va male.
È questa la lezione che Ammaniti ci regala attraverso Anna:  non c’è valore nella morte, né tanto meno una spiegazione. L’unica cosa che conta è andare avanti, anche quando l’insensatezza delle cose sovrasta la realtà. Bisogna andare avanti, senza guardarsi indietro, perché l’energia che ci pervade non possiamo controllarla.


Indicazioni terapeutiche: per chi ama i viaggi di avventure ambientati in scenari distopici.

Effetti collaterali: L'idea di poter scegliere è solo un'illusione. Siamo come criceti impazziti intrappolati in un labirinto senza uscita. La vita ci sbatte di qui e di là, ci regala qualcosa, ce lo rende indispensabile e poi si diverte a togliercelo.
La vita non ci appartiene, ci attraversa.
L'unica possibilità che abbiamo è vivere il qui e ora, senza farsi troppe domande. In fondo, siamo un po' tutti come Anna, afflitti dall'unica malattia da cui non vogliamo guarire.
La speranza.



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