venerdì 22 aprile 2016

Il cardellino di Donna Tartt

Cosa vi spinge a scegliere un libro piuttosto che un altro?
La copertina? il titolo? Le recensioni?
Nel mio caso, la voglia di leggere un nuovo romanzo è direttamente proporzionale alla sua lunghezza. Con le sue quasi 900 pagine, Il cardellino rappresentava quindi una sfida allettante.
Cosa posso dire?
Che le pagine scorrono veloci come nubi sospinte dal vento di tramontana?
Che la scrittura di Donna Tartt sembra dilatarsi all'infinito e, allo stesso tempo, è densa, piena, riempie ogni spazio del cuore e della mente?


Il cardellino è un romanzo sorprendente, un capolavoro a mio avviso, che merita il clamore che ha suscitato (non è un caso se se si è aggiudicato il Premio Pulitzer 2014). Un libro così pervaso dalla mancanza e dallo struggimento che è quasi doloroso staccarsene. 

Ma partiamo dall'inizio. Il protagonista del romanzo è Theo, un ragazzo tredicenne, che rimane orfano a causa dell'esplosione di una bomba durante una vista ad un museo di New York, dove abita.

Il cardellino, Fabritius (1654)

Quel giorno segna uno spartiacque nella sua vita: non solo perde sua madre, smarrendo per sempre ogni barlume di felicità, ma anche perché, in un impeto inspiegabile, trafuga dall'edificio un importante opera d'arte, Il cardellino, dipinto di Fabritius del Seicento.
Con il passare degli anni il quadro diventerà una vera a propria ossessione per Theo, una sorta di feticcio di tutto ciò che ha perso e non tornerà più.

Il quadro mi aveva fatto sentire meno mortale, meno ordinario. Era stato un sostegno, uan forma di rivalsa, di nutrimento e di resa dei conti. Era il pilastro che aveva tenuto in piedi la cattedrale.

Il romanzo di Donna Tartt è una sorta di Bildungsroman contemporaneo, grazie al quale seguiamo le vicissitudini di Theo nel suo percorso verso l'età adulta: il suo soggiorno temporaneo presso la ricca famiglia dell'amico Andy, l'incontro con Pippa, il trasferimento a Las Vegas con il padre, le peripezie con l'amico Boris, il ritorno a New York e la sua nuova vita come antiquario con il socio Hobie.
Una vita travagliata, segnata da un profondo senso di smarrimento e di mancanza. Come ha raccontato la stessa scrittrice durante un'intervista Il cardellino è un romanzo sulla sopravvivenza e anche sulla cattività e sulla liberazione. Parla di come ci si sente quando si è imprigionati dalla propria storia, dal proprio passato.

E sento di avere qualcosa di molto serio e urgente da dirti, mio inesistente lettore (…). Che la vita - qualunque cosa sia - è breve. Che il destino è crudele ma forse non casuale. Che la Natura (intesa come Morte) vince sempre, ma questo non significa che dobbiamo inchinarci e prostrarci al suo cospetto. Che forse, anche se non siamo sempre contenti di essere qui, è nostro compito immergerci comunque: entrarci, attraversare questa fogna, con gli occhi e il cuore ben aperti. E nel pieno del nostro morire, mentre ci eleviamo al di sopra dell'organico solo per tornare vergognosamente a sprofondarvi, è un onore e un privilegio amare ciò che la morte non tocca.

Una riflessione a parte la merita il rapporto tra il protagonista e Pippa, di cui Theo è eternamente innamorato da sempre: un amore etereo, in bilico tra i non detti e gli sguardi di intesa, pronto a volare via come un uccellino a cui viene aperta la gabbia.

Lei era il filo dorato che intesseva ogni cosa, una lente che ingigantiva la bellezza a tal punto che il mondo intero appariva trasfigurato attraverso di lei, e solo lei.

Una piccola nota di demerito per il finale, che sembra un po' tirato per le orecchie, quasi che la scrittrice si sia accorta di aver allungato troppo la storia e abbia sentito l'urgenza di trovare una chiusa un po' troppo sbrigativa. La svolta alla giallo-thriller non cancella, in ogni caso, la poesia delle pagine precedenti.
In conclusione, devo ammettere che è difficile riuscire a trasmettere in poche righe il fiume di emozioni, sensazioni che vi stordiranno. Se non vi farete spaventare dalla sua prolissità, vi assicuro che ogni parola ha il suo peso e non è mai di troppo, e deciderete di acquistare questo libro, ne sono sicura, non ne rimarrete delusi.

Indicazioni terapeutiche: per chi sente la mancanza, anche di quello che ha già.

Effetti collaterali: Cosa significa crescere senza amore? Ci si abitua a questa mancanza o si diventa così, difettati e difettosi, impossibili da riparare?
Difficile dare una risposta.
Theo Decker resta, a discapito dei suoi errori, delle sue dipendenze e delle sue mancanze, una sorta di eroe post-moderno, un sopravvissuto che non si arrende al dolore, ma ogni giorno si sveglia per combattere i propri mostri. Forse proprio per questo è impossibile non immedesimarsi e non fare il tifo per lui.



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