venerdì 27 gennaio 2017

Auschwitz di Francesco Guccini


Francesco Guccini scrisse la canzone Auschwitz nel 1966, quando aveva 24 anni. Alla domanda sul perché continua a cantarla, in una recente intervista, ha risposto "perché i motivi per cui è stata scritta, purtroppo, non si sono esauriti."

Son morto che ero bambino 
son morto con altri cento 
passato per il camino 
ed ora sono nel vento. 

Ad Auschwitz c’era la neve 
e il fumo saliva lento 
nel freddo giorno d’inverno 
e adesso sono nel vento. 

Ad Auschwitz tante persone 
ma un solo grande silenzio 
è strano non ho imparato 
a sorridere qui nel vento. 

Io chiedo come può un uomo 
uccidere un suo fratello 
eppure siamo a milioni 
in polvere qui nel vento. 

Ma ancora tuona il cannone 
ancora non è contenta 
di sangue la belva umana 
e ancora ci porta il vento. 

Io chiedo quando sarà 
che l’uomo potrà imparare 
a vivere senza ammazzare 
e il vento mai si poserà.

Ancora tuona il cannone 
ancora non è contento 
saremo sempre a milioni 
in polvere qui nel vento.




Auschwitz è indubbiamente una delle canzoni più belle scritte dal cantautore modenese, una denuncia non solo dell'olocausto ma della ferinità dell'uomo, che quando si spoglia della sua umanità, perde la sua stessa essenza. Un grido di dolore affinché questa bestialità non si ripeta mai più, affinché ogni essere umano non perda la propria capacità di provare compassione, di aiutare il più debole, invece di distogliere lo sguardo.
Finché esisterà l'indifferenza, finché esisteranno popoli di serie A e di serie B, finché persone vivranno a spese di altre, Auschwitz continuerà ad esistere. 

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