martedì 21 aprile 2015

Raccontami di un giorno perfetto di Jennifer Niven


Secondo voi esiste un giorno prefetto? 
Un giorno perfetto, dall'inizio alla fine. Un giorno in cui non succede niente di tragico, o di triste o di ordinario.
Questa è la domanda che tormenta Theodore Finch.
Theodore Finch non è un adolescente come gli altri. Non c'è niente di ordinario in lui. È esagerato, sopra le righe, violento, confuso, ispirato, solo, romantico, ossessionato. Disturbo della personalità borderline, lo chiamano. 
Una mattina decide di salire sulla torre campanaria della sua scuola per buttarsi.  Per lasciarsi tutto alle spalle, per smettere di sentire, per non essere più solo.
Invece lassù incontra Violet, Violet Markey. Ex cheerleader, ex blogger, ex fidanzata del ragazzo più ambito della scuola. Violet era un sacco di cose prima che sua sorella Eleanor morisse in un incidente stradale. Ora è solo un guscio vuoto: non scrive più, non vive più. Si limita a sopravvivere, a restarsene rannicchiata in un angolo sperando che il dolore passi, che vivere diventi giorno dopo giorno meno faticoso.
Theodore e Violet. All'apparenza così diversi, ma sotto la pelle così simili. Lo stesso amore per le citazioni, per la letteratura, per la scrittura, la stessa sensibilità.
Il libro di Jennifer Niven parla di loro: del loro amore, della loro voglia di esplorare il mondo, di trovare l'incanto dove gli altri vedono l'ordinario, di separare le parole belle da quelle brutte, di dare un senso anche alle tragedie, di capire cosa sono destinati a diventare.
Ma questo romanzo parla anche di altro. Parla di disordini mentali, di solitudine, di suicidio. Di etichette. Di come purtroppo ancora oggi chi si trova a affrontare questi problemi sia soggetto a una forte stigmatizzazione. Di come non ci sia nessuna comprensione.per chi soffre di depressione o di un qualsiasi altro disturbo della mentalità. Di come si pianga qualcuno che è morto in un incidente ma non ci sia nessuna pietas per chi si toglie la vita.
Forse non è vero che non esiste nessuno che non può essere aiutato, forse esistono persone che sono e saranno sempre dei sopravvissuti, che camminano staccate da terra, ancorate al mondo dei sogni.
La verità è che chiedere aiuto è la cosa più difficile che ci sia. A nessuno piace sentirsi debole. Ma questo libro, tra le righe, ci dice proprio questo: se avete la sensazione che qualcosa non vada, non abbiate paura, chiedete aiuto. Fatelo. 





Indicazioni terapeutiche: per chi si sente diverso, per chi non ha ancora trovato il suo centro di gravità permanente, per chi non butta via il proprio tempo ma parte alla ricerca della montagna, sicuro che sia là ad aspettarlo.

Effetti collaterali: All the bright places. Questo è il titolo originale del libro. Viaggiare verso luoghi luminosi.
Trovare un posto, uno qualsiasi, dove non ci siano etichette né ghettizzazioni, dove essere quello che si è, dove tutti i colori si fondono in un abbacinante bianco, un luogo dove sentirsi tutti d'oro e fluttuanti, fino ad essere talmente sé stessi da perdersi in un buco nero e non tornare più indietro.


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