Il desiderio di essere come tutti non è un romanzo in senso stretto, né un libro di storia, né un saggio politico ma un po' di tutti questi generi messi insieme.
Francesco Piccolo mette in scena la storia della sinistra italiana che si specchia in quella di un uomo o, meglio, la storia di un uomo che si specchia in quella della sinistra.
Da Berlinguer, al rapimento di Moro, al discorso di Bertinotti che pose fine al governo Prodi, all'ascesa di Berlusconi. Avvenimenti di tutti i giorni che si mischiano con riflessioni politiche ma anche filosofiche. Il nostro essere esiste a prescinde della realtà esterna o ciò che ci circonda che ci influenza e determina ciò che siamo?
L'autore ripercorre la sua vita focalizzando l'attenzione sugli venti pubblici che hanno rappresentato dei punti di svolta: da bambino quando si è accorto di sentirsi "comunista", passando per gli interrogativi della giovinezza sul compresso storico e sul confronto con la sinistra moderata, fino ala età adulta che ha conciso con l'ascesa di Berlusconi, che ha dominato la scena politica negli ultimi 20 anni costringendo chiunque si riferisce di sinistra a fare i conti con sé stesso e con le proprie convinzioni.
Nonostante il libro ripercorra l'infanzia e la giovinezza dell'autore non vi traccia di nostalgia: c'è un amore per il presente, una consapevolezza che non si può rinunciare alla passione per la vita pubblica, la politica, una volontà di restare in Italia, a dispetto di tutti i suoi problemi e i suoi limiti. In altre parole, il desiderio di essere come tutti, la necessità cioè di concepire l'impuro come modo di stare al mondo e il saper coniugarlo con la purezza che alberga dentro di noi.
Francesco Piccolo mette in scena la storia della sinistra italiana che si specchia in quella di un uomo o, meglio, la storia di un uomo che si specchia in quella della sinistra.
Da Berlinguer, al rapimento di Moro, al discorso di Bertinotti che pose fine al governo Prodi, all'ascesa di Berlusconi. Avvenimenti di tutti i giorni che si mischiano con riflessioni politiche ma anche filosofiche. Il nostro essere esiste a prescinde della realtà esterna o ciò che ci circonda che ci influenza e determina ciò che siamo?
L'autore ripercorre la sua vita focalizzando l'attenzione sugli venti pubblici che hanno rappresentato dei punti di svolta: da bambino quando si è accorto di sentirsi "comunista", passando per gli interrogativi della giovinezza sul compresso storico e sul confronto con la sinistra moderata, fino ala età adulta che ha conciso con l'ascesa di Berlusconi, che ha dominato la scena politica negli ultimi 20 anni costringendo chiunque si riferisce di sinistra a fare i conti con sé stesso e con le proprie convinzioni.
Nonostante il libro ripercorra l'infanzia e la giovinezza dell'autore non vi traccia di nostalgia: c'è un amore per il presente, una consapevolezza che non si può rinunciare alla passione per la vita pubblica, la politica, una volontà di restare in Italia, a dispetto di tutti i suoi problemi e i suoi limiti. In altre parole, il desiderio di essere come tutti, la necessità cioè di concepire l'impuro come modo di stare al mondo e il saper coniugarlo con la purezza che alberga dentro di noi.
Indicazioni terapeutiche: per chi si definisce progressista, chi è cresciuto nel mito di Berlinguer, per si domanda oggi cosa significa essere di sinistra e se ha ancora senso parlare di categorie, per alcune superate, come destra e sinistra.
Effetti collaterali: il libro talvolta scende in digressioni storico-politiche che ne rallentano il ritmo. Sconsigliato a chi non si interessa di politica.
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