martedì 27 gennaio 2015

Se questo è un uomo di Primo Levi

Oggi 27 gennaio è la Giornata delle Memoria, istituita per ricordare le vittime dell'Olocausto. Ricorre infatti l'anniversario della liberazione di Auschwitz, il campo di concentramento dove morirono in cinque anni di attività più di 1,5 milioni di persone.
Facciamo un salto indietro di 70 anni.
27 gennaio 1945. Sono più o meno le tre del pomeriggio quando l'esercito della Prima Armata del Fronte Ucraino varca il famigerato cancello di Auschwitz, ad accoglierlo una scritta,  Arbeit macht frei ( Il lavoro rende liberi).  Davanti a loro si materializza l'inferno: uomini ridotti a larve, mucchi di cadaveri bruciati come spazzatura, l'odore della morte che impregna l'aria.
L'orrore che il mondo aveva volutamente ignorato è lì, davanti ai loro occhi.


Quel giorno furono liberati 200.000 prigionieri, tra loro Primo Levi, chimico e partigiano antifascista, catturato nel 1943 dai nazifascisti e deportato, nel febbraio dell'anno successivo, ad Auschwitz in quanto ebreo. Tornato in Italia dedicherà il resto della sua vita a testimoniare l'orrore che ha provato sulla propria pelle.


Tra il mese di dicembre 1945 e quello di gennaio 1947, Primo Levi  scrive il romanzo-memoria Se questo è un uomo, in cui narra quanto da lui vissuto nel campo di concentramento di Auschwitz.
La sua è una testimonianza potente del folle piano preordinato dai nazisti: l'annientamento degli ebrei. La sola morte non era sufficiente: il fine ultimo era annichilire ogni traccia di umanità, spegnere ogni barlume di speranza.
Davanti a tanta atrocità, è quasi impossibile trovare le espressioni giuste per esprimersi. Invece che usare le mie parole, preferisco allora prendere in prestito quelle della poesia omonima dello scrittore:

Voi che vivete sicuri 
nelle vostre tiepide case, 
voi che trovate tornando a sera 
il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli. 

O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.


Indicazioni terapeutiche: per tutti, perché siamo il nostro passato, perché ricordare significa onorare la morte di milioni di vittime, perché senza memoria non c'è coscienza civica.

Effetti collaterali: come ricorda Primo Levi "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario". Non dite mai  "Io non ce la faccio", non auto-assolvetevi per troppa sensibilità.
A volte l'orrore va guardato in faccia, per quanto spaventoso possa essere. Voltarsi dall'altra parte equivale a diventare complici dei carnefici.


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