lunedì 26 gennaio 2015

All'alba di San'Anna di Giuseppe Vezzoni



Sabato 24 gennaio alle ore 16 presso la Croce Bianca di Querceta, Giuseppe Vezzoni ha presentato i suoi due libri usciti nel 2014, in occasione del 70° anniversario della stragi nazifasciste in Versilia: All’alba di Sant’Anna e Un prete indifeso in una storia  a metà (per la recensione di questo libro potete consultare un mio precedente post: http://bit.ly/1AhMgV6)
all'incontro hanno partecipato oltre all'autore:

  • Ezio Marcucci, in qualità di moderatore;
  • Prof. Paolo Verona, che ha presentato il libro Un prete indifeso in una storia  a metà, di cui ha curato la seconda riedizione.
  • Don Danilo D'Angiolo, che ha ricordato il ruolo fondamentale di tanti esponenti del clero che nell'atto massimo di carità hanno dato la vita per proteggere le popolazione civili.
  • la sottoscritta, Elisa Bandelloni, che introdotto l'altro libro All’alba di Sant’Anna.
Copertina del libro, Il Margine edizioni.

Quest'incontro si è svolto quasi in concomitanza con la Giornata delle Memoria, la  ricorrenza internazionale che il 27 gennaio di ogni anno commemora le vittime dell'Olocausto.  Lo scopo è mantenere viva la memoria storica, perché come ricorda Paolo Schimdt, presidente dell'Anpi Trentino, nella prefazione del li libro “Un popolo che dimentica le tragedie del proprio passato è destinato a ripeterle”.
All’alba di Sant’Anna, scritto da Giuseppe Vezzoni in collaborazione con Graziella Menato per la casa editrice Il Margine di Trento, ripercorre la breve vita di Don Fiore Menguzzo, sacerdote tesino, medaglia d’oro al merito civile, raccontando la tragica giornata del 12 agosto 1944, quando i soldati tedeschi della 16a SS Panzergrenadier Division del generale Max Simon accerchiarono il paesino di Sant'Anna di Stazzema come rappresaglia contro i partigiani.
Quel giorno anche il giovane parroco don Fiore Menguzzo (28 anni) fu ucciso lungo una mulattiera da una scarica di colpi di arma da fuoco. Subito dopo fu incendiata anche la canonica, dopo che era stato ucciso anche il padre Antonio, di anni 65, la sorella Teresa (36 anni), la cognata Claudina Sirocchi (28 anni), le nipotine Colombina Graziella Colombini ed Elena Menguzzo, rispettivamente di 13 anni e di un anno e sei mesi.


Quando Giuseppe Vezzoni mi ha chiesto di presentare il suo libro, oltre al fatto di essere naturalmente contenta per questo suo atto di fiducia, mi sono subito chiesta cosa potesse significare oggi per me un libro come All’alba di Sant’Anna. E quando dico per me, intendo dire, in senso più generale, per la mia generazione e quelle successive, nate a cinquant'anni dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale.
Le domande che mi frullavano per la testa erano più o meno queste: ha ancora senso parlare oggi della Resistenza, della guerra di liberazione, delle stragi nazifasciste? Ha senso parlare della tragica morte di Don Fiore Menguzzo e della sua famiglia?
La risposta che mi sono data è sì.
I racconti della guerra dei nostri nonni sono sempre più sfumati, storie di un mondo che non esiste più, come i sogni che svaniscono all'alba. Ma anche se per noi gli anni della dittatura fascista e della guerra sembrano lontanissimi, chi li ha vissuti non può dimenticare. E allora il compito di tutti noi è ricordare, ricordare perché certe episodi non accadano mai più.
La tragedia delle Mulina è stata a lungo dimenticata, sepolta tra le pieghe della storia. Proprio per questo il lavoro di Giuseppe Vezzoni, durato ben 23 anni, è ancora più degno di stima, perché non solo restituisce la dignità alle vittime ma perché ristabilisce la verità, la memoria storica.
Senza memoria non c'è coscienza.
Senza memoria non si dispone degli strumenti per interpretare la realtà che ci circonda.
Ricordare per non dimenticare quindi.
C'è chi a ricordare ci riesce meglio, come Giuseppe che ricostruisce, grazie alle testimonianze dirette e alla studio dei documenti, la vicenda della strage che la mattina del 12 agosto, ben prima del più tristemente famoso eccidio di Sant'Anna di Stazzema, colpì il piccolo paese delle Mulina.

Monumento a Mulina di Stazzema in ricordo del sacrificio di Don Fiore Menguzzo

La storia di Don Fiore parte da lontano, più precisamente da Tesino, picciolo paese del Trentino orientale. Antonio Menguzzo, padre di Don Fiore, agi inizi del '900 intraprende il lavoro di arrotino girovago con direzione Toscana. In seguito per l'esigenza di trasformare quel lavoro stagionale in fisso, Antonio matura la decisione di trasferirsi con la famiglia.
Fiore Menguzzo nasce il 16 maggio 1916, viene ordinato sacerdote il 23 giugno 1940 e alla fine del 1941 fu inviato come curato della cappellania di san Rocco a Mulina di Stazzema. Era un parroco bello, buono e ben voluto, come si evince dalle numerose testimonianze. Il 21 aprile 1943 Don Fiore viene inviato come cappellano di guerra in Albania dove rimarrà fino all'armistizio. Venne catturato e deportato in un campo di prigionia tedesco (non si è mai scoperto quale) in seguito allo sbandamento generale che colpì l'esercito italiano dopo l'8 settembre 1943, che fece sì che i militari italiani fossero giudicati traditori del Patto tripartito e deportati. Don Fiore durante la prigionia si ammala gravemente e solo grazie alla madre che si adopera per farlo tornare, e all'intercessione del suo vescovo monsignor Gabriele Vettori, riusce a tornare in Italia nel maggio 1944.
Nel breve periodo tra maggio e agosto 1944, si suppone che Don Fiore mantiene uno stretto rapporto coi partigiani, dai quali riceve dispacci e consegna informazioni. Nasconde, inoltre, le armi lasciate dai disertori. Senza dimenticare il suo importante ruolo di guida spirituale che accoglie e aiuta le popolazioni sfollate. Come tanti religiosi scelse di stare dalla parte dei deboli, delle popolazioni inermi, degli sfollati. Proprio il suo prodigarsi per la popolazione e per la lotta di liberazione lo porterà alla morte quella tragica mattina del 12 agosto 1944.
Ma il libro di Giuseppe Vezzoni non si limita solo a testimoniare la storia del sacerdote Don Fiore Menguzzo e della sua famiglia ma apre una riflessione più ampia sul periodo tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, la Resistenza.
Il lavoro ancora più difficile è stato scrostare quella patina di ipocrisia che circonda la Resistenza. Tornando al concetto di memoria storica: rispettare la storia vuol dire raccontarla nella sua interezza, con le sue luci e le sue ombre. La fine della guerra ha visto la contrapposizione di due schieramenti: da un lato chi ha attribuito tutti meriti della Resistenza ai partigiani comunisti esaltando il loro eroismo e tacendo i lati oscuri, le vendette personali e certe azioni opportunistiche; dall'altra parte la Democrazia Cristiana che ha preferito gettare nell'oblio tante vittime, negando loro la giustizia che meritano.
Nel mezzo ci sta chi come Giuseppe ha cercato e cerca nei suoi libri di ristabilire quale sia la verità.


Le domande senza risposta sono tante: perché i partigiani si spostarono nel Lucese lasciando scoperti i paesi di di Farnocchia e Sant'Anna?
Don Menguzzo è stato tradito da qualcuno che sapeva della sua collaborazione con i partigiani?
E soprattutto perché l'opinione pubblica, le amministrazioni, la classe politica hanno voluto ignorare la vicenda della strage delle Mulina?
Una risposta non c'è.
Resta la figura di un parroco che, come tutta la popolazione civile, diede il suo contributo “non armato” alla lotta di Liberazione, senza il quale la stessa lotta armata partigiana non avrebbe probabilmente  avuto ragione di esistere.
Un esempio di sacrificio in nome di quel bene comune di cui oggi, in tempi di corruzione dilagante e di antipolitica, abbiamo tanto bisogno.
Vorrei concludere con le parole della prefazione di Sandro Schimd:
"Con questo libro Giuseppe Vezzoni non si è limitato alla ricostruzione della storia dimenticata di don Fiore Menguzzo, che, grazie al suo lavoro, ha avuto il riconoscimento della medaglia d'oro. Fa una cosa, se possibile, più importante: ridà a don Fiore la parola. Don Fiore parla della sua storia e di quella suoi familiari come di una lezione che va letta al presente, che deve, entrare nelle coscienze dei giovani per combattere, con le armi della democrazia, per una società più giusta e un mondo migliore."


3 commenti:

  1. Elisa o Elisaaa... di una bandelloncella... bene benone e benino ma diobono vorresti fare a te stessa un piccolo favore? Ricontrolla meglio quello che scrivi altrimenti la posologia lett. dovra' esser ridotta a... due frasi ogni ora da infliggere a chi ti legge. Per es. ME, un certo Dott. Davide Cerquetti. Molto sensibile a: grammatica, semantica, logica e stile letterario... per citare solo alcuni ambiti problematici.

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  2. Elisa o Elisaaa... di una bandelloncella... bene benone e benino ma diobono vorresti fare a te stessa un piccolo favore? Ricontrolla meglio quello che scrivi altrimenti la posologia lett. dovra' esser ridotta a... due frasi ogni ora da infliggere a chi ti legge. Per es. ME, un certo Dott. Davide Cerquetti. Molto sensibile a: grammatica, semantica, logica e stile letterario... per citare solo alcuni ambiti problematici.

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    1. Caro Signor Davide ignoro chi sia e quali siano le sue competenze e di sicuro non metto in dubbio che ognuno possa avere una propria opinione. Quello che non accetto è che lei dica che non sono capace di scrivere in un italiano grammaticalmente corretto, tra l'altro confondendo e mischiando concetti alquanto lontani tra loro come logica, semantica e stile letterario. Non ho intenzione di fare un a favore a me stessa, come dice lei, e smettere di scrivere. In ogni caso se leggere i miei post le costa un così grande sforzo la invito semplicemente ad evitare di farlo. Talvolta è sufficiente così poco.

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