mercoledì 20 maggio 2015

Morte dei Marmi di Fabio Genovesi

Un pamphlet su Forte dei Marmi e suoi abitanti.
Un inno alla propria terra e una feroce critica a chi l'ha venduta, anzi svenduta.
Una vera e propria dichiarazione d'amore. 
Una promessa di restare, perché esiste un solo luogo sulla terra al quale apparteniamo, e da quel luogo non si può fuggire, perché è semplicemente quel posto dove ti senti a posto.
Morte dei Marmi è un'opera sui generis. Non è né un romanzo né un saggio, piuttosto una profonda riflessione su cos'è Forte dei Marmi, o meglio su cosa sia diventata. Un paese di contrasti: affollato e glamour d'estate, solitario e scontroso d'inverno.
Per la stragrande maggioranza delle persone è una meta turistica d'élite: boutiques, ristoranti di lusso, ville faraoniche. Uno scorcio della società dell'apparire in cui viviamo, niente di più o di meno di uno specchietto per le allodole. Ma per chi ci vive, per chi resta quando i villeggianti tornano a casa è qualcos'altro: l'odore del salmastro trasportato dalla tramontana, le vette delle Apuane tinteggiate dal rosa dei tramonti invernali, gli arcobaleni che fanno cucù tra un temporale e l'altro.
Un paese con un'anima segreta, quasi selvaggia, che si lascia scoprire da pochi, da quelli che non si fanno abbagliare dai lustrini, da quelli che riescono a vedere oltre. Un paese reso straordinario, oltre che dalla natura, dai suoi abitanti: stoici, imperturbabili, indomabili, selvatici. Gente che un momento prima ti spara addosso e un attimo dopo ti spalanca le porte di casa sua. Gente strana, i versiliesi.
Nel libro di Fabio Genovesi c'è tutto: l'odio per i turisti unito alla consapevolezza che senza di loro la Versilia non sarebbe quello che è, le leggende sui Russi e sulla loro "generosità", la nostalgia per gli anni '60, il disprezzo per tutto ciò che pretende di essere esclusivo e finisce per scadere nel ridicolo. Muovendosi tra critiche e aneddoti divertenti, lo scrittore riesce a mischiare sapientemente ironia e malinconia, che come due gusti stranamente  assortiti di un gelato si fondono per regalare al lettore un sapore nuovo.
È impossibile non rimanere avvolti nelle maglie del racconto di Genovesi che ti cattura e ti porta a scoprire il "suo paese": anzi te lo regala, come fa una persona quando ti dona una piccola parte di sé.

Indicazioni terapeutiche: per tutti i versiliesi, per chi quando torna da un viaggio e scorge le Apuane si sente allargare il cuore, per chi ama la sua casa.

Effetti collaterali: Io vivo a Morte dei Marmi. anzi no a Forte dei Marmi. Perché un paese non è morto se ancora ci vive qualcuno.
E allora smettiamo di lamentarci che ci stanno portando via la casa, il lavoro, il futuro.Non lasciamoglielo fare. Facciamo come Genovesi che si tiene la sua casetta Vittoria Apuana, rifiutandosi di venderla a qualche miliardario. È vero che  soldi fanno comodo, ma se per averli rinunci a tutto ciò che ti rende felice, che senso ha?


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