lunedì 25 maggio 2015

Chi si ama si sposa. Nozze gay sì o no?

Il matrimonio per molte donne è un sogno, per la maggior parte degli uomini un incubo. Per i molti che non possono contrarlo, è diventata una battaglia senza fine.
Sto parlando di tutte quelle coppie omosessuali a cui è ancora oggi negata la possibilità di riconoscere la propria unione davanti alla legge. E se è pur vero che  il matrimonio è una gabbia, chi sta dentro vuole uscirne, ma chi sta fuori vuole entrarvi.  
Qui non si tratta certo di wedding cake o allestimenti floreali ma del diritto di autodeterminarsi e di vedere riconosciuti le proprie libertà fondamentali. Perché il fatto che un individuo creda o meno nel matrimonio è irrilevante. Lo è invece che possa sposarsi, e sopratutto che  possa farlo, indipendentemente dal fatto che voglia convolare a nozze con una persona del suo stesso sesso.
Anche nella ultra-cattolica Irlanda ha vinto il fronte progressista: il 62,1 per cento dei votanti ha detto "sì" alle nozze gay. L'Irlanda diventa così il primo Stato ad aver approvato le unioni gay grazie a un referendum popolare (di fatto la costituzione irlandese può essere modificata solo attraverso la consultazione).
Resteranno nella storia le file agli aeroporti, documentate grazie a twitter attraverso l'apposito hashtag #hometovote, per il rientro in patria dei tanti lavoratori all'estero che tornavano a casa per partecipare al voto. Siamo di fronte a una metamorfosi epocale: in un solo giorno l'Irlanda si è trasformata da simbolo del bigottismo a faro per l'Europa. Un cambiamento che ha scosso le stesse fondamenta della Chiesa. L'arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin, all'indomani della vittoria della vittoria dei sì, ha commentato: "Quanto è accaduto non è soltanto l'esito di una campagna per il sì o per il no, ma attesta un fenomeno molto più profondo, una rivoluzione culturale."

File agli aeroporti: tutti in viaggio per votare sì

Sale così a 21 il numero dei Paesi che in tutto il mondo hanno legalizzato i matrimoni tra omosessuali (Danimarca, Olanda, Belgio, Spagna, Francia, Canada, Sudafrica, Norvegia, Svezia, Slovenia, Portogallo, Inghilterra, Galles, Islanda, Argentina, Uruguay, Nuova Zelanda, Finlandia, Messico, Brasile e Usa, in 38 Stati),
E In Italia?
La nostra Costituzione parla chiaro e recita all'articolo 3 "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
Ma si sa dalla costituzione scritta a quella materiale , il passo è più lungo di quanto possa sembrare.
Per alcuni è colpa del Vaticano, per altri dei conservatori. Molti si aggrappano ancora all'idea che il termine MATRIMONIO non possa essere usato per le coppie omosessuali. Come se questa parola alludesse ad una sorta di sacralità religiosa che non può essere "violata". Masturbazioni mentali. Ecco cosa sono. Che si scelga di usare questo termine o un altro non fa differenza. Pacs, unioni civili, matrimoni non sono ectoplasmi ma vincoli giuridici stabiliti dalla legge. E le leggi sono fatte dagli uomini.
Ciò che manca in Italia è la volontà di cambiare. Non so sto parlando solo della classe politica ma dei singoli. La vera domanda è: siamo pronti?
Purtroppo no. Ci sono ancora troppi che si sentono minacciati dalle comunità gay e transgender, troppi che si riempiono la bocca di parole come "depravati", troppi quelli chi sostengono che le unioni omosessuali mettano in pericolo la sopravvivenza della specie. Siamo un popolo di omofobi. Siamo disposti a tollerare i gay purché si nascondino, non ostentino, dissimulino. Siate chi vi pare ma a casa vostra. E per carità non vi azzardate a chiedere pari diritti e opportunità. Vergogna.
Eppure basterebbe poco. Lasciare la porta aperta e far entrare il futuro: una società nuova e più giusta, una società tra eguali. Una società senza discriminazioni.
Un giorno saremo pronti. Forse.

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