domenica 23 novembre 2014

Incontro "Verso una cultura di genere: interventi nella società e nella politica"

Silvia Valentini "Annihila Tion" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini
Ieri sabato 22 ho partecipato all'incontro "Verso una cultura di genere: interventi nella società e nella politica" che si è tenuto al Palazzo della Cultura di Cardoso, organizzato dagli assessorati alla Cultura e al Sociale del Comune di Stazzema.  Sono intervenuti Giusi Fasano, giornalista del Corriere della Sera, Wanda Pezzi, consigliera regionale per le Pari Opportunità,  la senatrice Manuela Granaiola e Michele Morabito, responsabile dell'Ufficio Cultura di Stazzema in qualità di moderatore.

Da destra: Wanda Pezzi, Manuela Granaiola, Giusi Fasano e Michele Morabito
L'argomento, sebbene molto attuale, era non di non facile sviscerazione: possiamo parlare oggi di cultura di genere? Ovvero viviamo in un mondo a misura di donna, oltre che di uomo?
La risposta unanime, purtroppo, è ancora no. Ancora no perché come ha testimoniato Giusi Fasano, autrice del libro "Io ci sono" che ricostruisce  la vicenda di Lucia Annibali, sfigurata dall'acido dal compagno rifiutato, una donna su tre è vittima di violenze. Ma il quadro è sicuramente più grave: in effetti non esiste una banca dati degli cosiddetti "femmincidi", senza contare tutti gli episodi che rimangono nel sommerso. Molte donne vivono maltrattate da compagni, mariti, conviventi: perché non denunciano? I motivi sono molti alcuni di natura economica, altri più profondi hanno a che fare con l'autostima, la dignità e il rispetto per sé stesse. Il fatto è che accettiamo l'amore che crediamo di meritare. E allora quando si sceglie, nonostante le sofferenze, di vivere un "non-amore", perché di questo si tratta, il problema non è più solo di quelle donne, ma è di tutti. Si tratta di un problema culturale.

Giusi Fasano

Cosa si può fare? E , soprattutto, cosa è stato fatto?
A livello istituzionale, un passo avanti è stato compiuto con la legge sul femminicidio dell'ottobre 2013, che ha inasprito le pene e le misure cautelari, introducendo l’arresto in flagranza obbligatorio per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking e le aggravanti quando i maltrattamenti avvengono in presenza di minori e contro le donne incinte.
Ma come ha sottolineato la senatrice Graniola c'è ancora molto da fare. Il lavoro più grande non riguarda tanto la repressione ma la prevenzione. Fare prevenzione significa lavorare sulla mentalità delle persone, lavorare cioè nella direzione di un cambiamento culturale. Cambiamento che passa anche per il mondo del lavoro, perché come ha ricordato Wanda Pezzi, le organizzazioni e le imprese sono ancora esclusivamente a misura d'uomo. Una donna che sceglie di fare carriera investendo su stessa si trova a fare i conti con una realtà che non tiene in nessuna considerazione il suo duplice ruolo di lavoratrice-colonna portante della famiglia. Come allo stesso modo non si è ancora imposto un modello di leadership femminile: chi raggiunge una posizione di potere lo fa emulando e simulando atteggiamenti e modelli di comportamento maschili. Ma sono le qualità prettamente femminili, come la predisposizione all'ascolto e alla conciliazione, che costituiscono da sempre una marcia in più delle donne.

Martina Paoli "Dolce Amaro" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini
La domanda che allora ci dobbiamo porre è: cosa si intende oggi quando si parla di coscienza di genere?
Per molte donne, negli ultmi anni, l'idea è stata quella di perseguire l’unità in quanto aventi un utero, come se bastasse stabilire un’appartenenza di genere, anche a discapito della considerazione dei meriti individuali, per riuscire a imporsi. Molte invece pensano sia sbagliato compattarsi solo sulla base dell'appartenenza invece che per le proprie opinioni personali.
Nell'incontro oggi è stato ripetuto più volte che le donne non sono soggetti deboli, che se non raggiungiamo le stesse posizioni di comando, nel lavoro come nella politica, è perché non crediamo abbastanza in noi stesse, che non abbiamo ancora realizzato quando siamo brave.

Diletta Bellani "La Gabbia" - "Rosso" Collettiva di pittura degli studenti dell'Accademia di Belle Arti a cura di Alessandra Verdini

La questione è, a mio avviso, che essere donna oggi è più difficile: abbiamo raggiunto l'indipendenza, lavoriamo, ci occupiamo delle famiglia, dei figli, della casa. Corriamo per tutta la giornata da una parte all'altra con il terrore di dimenticarci qualcosa. Multitasking, ci chiamano.  La verità è che non possiamo essere diverse, che non ci è permesso mollare. Allora credo che il primo vero passo sia fermarsi, realizzare che non dobbiamo essere perfette, che possiamo fallire. Che, come ha detto Giusi Fasano, vivremo davvero in società che tiene conto della cultura di genere quando potremmo permetterci di essere mediocri.


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